unitn. n°71 Università degli Studi di Trento

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La cultura della legalità
Andrea Di Nicola intervista di Andrea Di Nicola a Roberto Centaro, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia

Presidente, la mafia sembra aver modificato le sue abitudini; è meno visibile. Cos'è cambiato?
La strategia di immersione adottata da Cosa Nostra è frutto di una reazione all'impegno dello Stato e della mobilitazione civile successivi alle stragi del '92. La tattica dell'invisibilità adottata da Cosa Nostra è seguita anche dalla 'Ndrangheta, mentre non si riscontra nella Camorra che, come mostrano le cronache recenti, è parcellizzata sul territorio con clan instabili, disaggregati e in conflitto.


Quali sono le nuove tendenze della criminalità organizzata secondo le risultanze della Commissione?
La tattica mafiosa "antica" si basava sul fornire posti di lavoro. Oggi la macchina mafiosa, per aumentare i guadagni, punta ad inserirsi nell'economia. Si assiste ad una tendenza all'imprenditorialità e alla transnazionalità. I gruppi criminali investono in aziende e immobili fuori dall'Italia, in particolare in paesi ad economia depressa che, privi di legislazione antimafia, garantiscono impunità. La mafia vi si infiltra, investendo in attività produttive, non usando la violenza, non creando allarme sociale. Ciò fa sì che questi Stati non combattano questa ingerenza criminale nell'economia sana. Ma il rischio che corrono è grande: concorrenza distorta, instabilità economica, corruzione.

Roberto Centaro, Davide Bassi, Ernesto Ugo Savona, Roberto ToniattiChe fare allora a livello di attività di contrasto?
È fondamentale colpire le organizzazioni mafiose sul versante economico-finanziario. La nuova sfida per affrontare la connotazione imprenditoriale e transnazionale è l'aggressione ai capitali mafiosi, mobili ed immobili, attraverso un'armonizzazione delle legislazioni, almeno dei paesi membri dell'Unione. Ogni distonia normativa è un rifugio per i criminali. È quindi essenziale una riforma europea della confisca dei beni mafiosi, magari esportando la nostra legislazione, che ha dato ottimi frutti.

Con quale spirito la Commissione stipula oggi questo protocollo con l'Università di Trento?
Lo spirito, così come avvenuto per le altre 17 università con cui si è stipulato il protocollo, è quello di introdurre nella didattica universitaria il tema della legislazione antimafia. Lo studio multidisciplinare della mafia fornirà ai ragazzi, che si stanno avvicinando a professioni che hanno a che fare con la giurisprudenza e l'attività politica, una conoscenza adeguata del problema. Un'analisi integrata di questa materia aiuterà a formare dei cittadini sensibili ed attenti.

E la ricerca? Che ruolo può avere nella lotta alla criminalità organizzata?
L'aspettativa della Commissione e del Parlamento è quella di un contributo della ricerca universitaria alla creazione di leggi che siano più efficaci, abbiano un supporto teoretico e siano il frutto di un confronto tra teorici e pratici. La politica deve poter contare su questo aiuto, evitando quel modo emozionale e torrentizio di legiferare che spesso le è proprio. Mi aspetto molto, considerata nell'Università di Trento la presenza di organismi come Transcrime, che hanno una proiezione non solo a livello europeo, ma anche transnazionale. È fondamentale non solo l'apporto contributivo per eventuali riforme, ma anche l'apporto conoscitivo che consenta di verificare l'impatto ambientale, criminogeno, di tante leggi, come Transcrime ha già in parte sperimentato.

Sopra, da sinistra: Roberto Centaro, Davide Bassi, Ernesto Ugo Savona, Roberto Toniatti.

Università e lotta alla mafia