Progetto
Università Montagna
Nuove
opportunitĂ per potenziare gli studi, la didattica e la ricerca collegati al territorio
montano in un progetto nato in sinergia tra gli atenei di Chambéry, Innsbruck,
Torino e Trento.
di Giorgio Daidola
La stampa locale ha
dato giustamente ampio risalto all'accordo fra la nostra Università e quella
di Torino per sviluppare e coordinare insieme le iniziative, sia di ricerca che
di formazione, che hanno come comun denominatore la "montagna". Uno dei principali
obiettivi delle università è infatti quello di sviluppare studi
e conoscenze collegate al territorio in cui operano. Nel caso di Trento e di Torino
questo collegamento è particolarmente forte, sia per le peculiarità
dell'ambiente montano o pedemontano in cui sono ubicate, sia per le capacità
specifiche e per i progetti in atto che già fanno capo a ricercatori e
docenti delle due Università. Di qui l'interesse che il Progetto ha suscitato
a livello locale sin dal suo nascere.
Se si aggiunge la necessità di "specializzazione" ad alto livello qualitativo
che dovrebbe essere propria delle università di piccole dimensioni ubicate
in zone decentrate, l'importanza che il Progetto può avere per il nostro
Ateneo risulta ancor più evidente.
Anche gli sbocchi professionali, pur ancora da dimostrare attraverso opportune
ricerche di mercato, non sembrano mancare, considerata la necessità di
formare classi dirigenti in grado di gestire, seguendo ottiche innovative e coordinate,
variabili importanti come l'ambiente naturale alpino, la storia, la cultura, l'economia
dello sport e del turismo in montagna, nonché il gran numero di aziende
grandi e piccole (agricole, di impianti a fune, alberghiere, sportive, commerciali,
ecc...) che operano fra queste montagne e che presentano caratteristiche peculiari
tali da giustificare un approccio gestionale basato su studi applicativi autonomi.
Dopo diversi incontri fra i Rettori delle due Università ad iniziare dal
dicembre 1997, un nuovo passo importante è avvenuto nello scorso mese di
maggio con la firma di un documento, che oltre alle Università di Trento
e di Torino coinvolge anche quelle transalpine di Chambery e di Innsbruck, con
il quale si propone la creazione, utilizzando tutte le sinergie esistenti, di
una rete internazionale di attività comuni, sia nel campo della formazione
che della ricerca, basata sulle problematiche specifiche dei paesi di montagna.
Questa volontà di sviluppo delle iniziative riguardanti la montagna, già
molto diffusa nelle università transalpine, ha trovato senz'altro uno stimolo
importante in Italia nella creazione, voluta dal Parlamento a larga maggioranza
(Legge n. 266, art. 5, approvata il 7 agosto 1997), dell'Istituto Nazionale per
la Ricerca Scientifica e Tecnologica sulla Montagna. L'Istituto, che sta vivendo
attualmente la delicata fase di effettiva attuazione, ha l'obiettivo di diventare
il centro strategico di coordinamento, di promozione e diffusione delle diverse
attività di ricerca sulla montagna. In quest'ottica, l'Istituto potrà
promuovere programmi di ricerca di interesse nazionale, partecipare all'elaborazione
dei programmi internazionali, provvedere al trasferimento a favore delle imprese
dei risultati delle ricerche, assumere iniziative di formazione e aggiornamento
di ricercatori, collaborare con le amministrazioni pubbliche, con i servizi tecnici
nazionali e locali alla tutela dell'ambiente montano ed alla protezione civile.
Un programma ampio ed ambizioso che rappresenta senz'altro una sfida da accogliere,
in un paese come l'Italia in cui la superficie montana è pari al 54,26
% del territorio nazionale. Un programma che richiede e sollecita la collaborazione
delle migliori conoscenze collegate alla ricerca scientifica, tecnica e tecnologica
nel campo della montagna, presenti nelle università e negli altri centri
di ricerca.
L'importanza del ruolo che il nuovo Istituto è destinato a svolgere non
è sfuggita anche ad altre Università italiane: ne consegue la necessità
di accettare la sfida in tempi brevi, superando vecchie abitudini tendenti a miopi
isolamenti, particolarmente pericolosi per le università di ridotte dimensioni
come la nostra.
Purtroppo, come spesso accade quando ci si trova, come in questo caso, di fronte
ad iniziative obiettivamente importanti, che godono fra l'altro dell'appoggio
delle autorità locali (indipendentemente dal colore politico), un eccessivo
ottimismo può cozzare contro difficoltà di vario tipo, che possono
allungare i tempi di attuazione o addirittura mutilare il progetto nelle sue linee
ideali e fondamentali.
È chiaro infatti che il Progetto Università Montagna non può
non porsi in concorrenza con altre iniziative di sviluppo della nostra Università,
nonché con il potenziamento delle iniziative esistenti. Ciò in quanto
le risorse sono per definizione limitate ed il Progetto Università Montagna
richiede un piano di sviluppo autonomo e "trasversale" rispetto alle Facoltà
ed ai Dipartimenti esistenti o programmati. Confonderlo con i programmi di una
particolare Facoltà, ad esempio con l'attivazione di alcuni corsi all'interno
di un corso di laurea, oppure con un particolare programma di Dottorato o di ricerca
che abbiano per oggetto la montagna, significa snaturarlo nei contenuti e neutralizzarne
anche in buona fede il potenziale futuro. Queste iniziative già esistono
nelle nostre università, esse rappresentano un punto di partenza e di forza
per il progetto ma non vanno confuse con esso.
Una volta chiarito il ruolo del Progetto Università Montagna nell'ambito
dei piani di sviluppo dell'Università ed individuata così una volontà
di coordinamento delle numerose iniziative esistenti, un ulteriore problema si
presenta sin d'ora di non facile soluzione: esso nasce dal constatare che l'Europa
dell'Euro è ancor distante dal raggiungimento di un'uniformità delle
strutture organizzative e degli iter didattici a livello universitario. Sotto
questo punto di vista, l'inserimento nel Progetto delle due Università
transalpine, senz'altro importante in un ottica di lungo termine, rende più
complicato l'iter da seguire per giungere a programmi formativi comuni.
Per superare questi problemi si è proposto di attuare in un primo tempo
solo attività formative post-universitarie, tipo master o dottorati di
ricerca. Tali iniziative richiedono infatti tempi di attuazione e risorse decisamente
inferiori a quelli dell'avviamento di corsi di diploma o di laurea e non risultano
concorrenziali nei confronti di altri grandi progetti di sviluppo di Ateneo. Si
tratta però di una soluzione di cui si é già fatto sin troppo
abuso nelle nostre università e sarebbe come voler costruire ancora una
volta una casa partendo dal tetto anziché dalle fondamenta.
In quest'ottica sembra prioritaria la progettazione di corsi di diploma, da sviluppare
successivamente in corsi di laurea. Sotto questo punto di vista i nostri partner
di Torino e di Chambery sembrano avere le idee chiare e hanno proposto a Trento
di sviluppare un diploma biennale, articolato su 4 semestralità, per la
gestione delle attività turistiche alpine, con particolare riferimento
alle attività sport-turistiche e turistico-culturali alpine. Tali iniziativa
dovrebbe fruire, in una fase di avviamento, della competenza delle Facoltà
esistenti per quanto riguarda i corsi fondamentali del primo semestre, mentre
si dovrà procedere ad una attenta attivazione di corsi specifici per i
due semestri successivi, evitando sprechi di risorse fra le diverse Università
(ad esempio lo stesso docente potrà tenere il corso in due Università
in semestri diversi, oppure ogni Università avrà il compito di attrarre
le migliori risorse internazionali per determinati corsi specifici indirizzati
ad una particolare specializzazione). Dovrà trattarsi in ogni caso di corsi
ad alto livello, tesi alla formazione da un lato di una maturità culturale,
storica, ecologica, sociale ed economica e dall'altro di capacità tecniche
specifiche. La quarta semestralità comporterà lo svolgimento di
stages presso istituti di cultura alpina, enti pubblici o aziende.
La crisi che si avverte in parecchi comparti nel settore montagna, non solo in
quello della gestione del turismo e delle attività sportive alpine, ma
anche in quello della gestione dell'ambiente e delle attività produttive
diverse dal turismo e dallo sport, rende impellente la proposta di nuovi iter
formativi ai giovani che costituiranno la futura classe dirigente di questo importante
settore. Se si cogliere questa sfida occorre dare al più presto un segnale
chiaro e ben visibile dell'effettiva volontà di avviare il Progetto in
questa direzione, pur con tutta la gradualità che sarà necessaria.
Concludo con una nota di ottimismo: è davvero grande l'interesse che il
Progetto ha suscitato negli enti e nei centri di ricerca trentini collegati alla
montagna. Il CAI, la SAT, il Filmfestival Montagna-Esplorazione, il Centro di
Ecologia alpina, il Museo Tridentino di scienze naturali, l'ITC-IRST, hanno maturato
una grande esperienza in importanti settori che interessano la montagna. La loro
competenza costituisce un'importante risorsa per il Progetto e un'opportunità
per l'Università di svolgere propriamente quel ruolo di coordinamento e
potenziamento degli studi, delle ricerche e delle attività didattiche collegati
al territorio che ad essa compete.
[ Il testo del protocollo d'intesa in Italiano
e in Francese ]