unitn. n°73 Università degli Studi di Trento

ricerca


Dieci anni di studi sul nonprofit
Un bilancio delle attività di formazione e ricerca di Issan
intervista di Marinella Daidone a Carlo Borzaga

Marinella Daidone L'Istituto Studi Sviluppo Aziende Nonprofit (Issan), centro di ricerca sulle organizzazioni nonprofit e sulle imprese sociali con sede presso l'Università di Trento, ha di recente compiuto i dieci anni di attività. Ne abbiamo parlato con il professor Carlo Borzaga, presidente di Issan e preside della Facoltà di Economia.





Professor Borzaga, può fare un bilancio di questi primi dieci anni di attività di Issan?
Il bilancio è decisamente molto positivo. Issan è partito come una realtà molto piccola e sperimentale con 6 soci fondatori ed è arrivato ormai ad avere oltre 50 soci con una base di quote associative dell'ordine di 100 mila euro all'anno.
In questi anni abbiamo sviluppato un'intensa attività di ricerca a livello europeo in collaborazione con Emes, una rete di università e di centri di ricerca sull'impresa sociale; abbiamo fatto ricerca sulla cooperazione di inserimento lavorativo e su vari aspetti del mondo del nonprofit e pubblicato numerosi lavori sia con le Edizioni 31 di Trento sia con altri editori. L'istituto è ormai conosciuto a livello nazionale e internazionale.
A partire dal 2005 abbiamo preso in carico la rivista Impresa Sociale, fondata 14 anni fa dal consorzio della cooperazione sociale CGM, che d'ora in poi verrà pubblicata da Issan e questo in concomitanza con l'approvazione in Parlamento della legge sull'impresa sociale.
Un altro aspetto importante dell'attività di Issan è il forte contributo che siamo riusciti a dare alla promozione di giovani ricercatori attraverso l'erogazione di borse di studio e di assegni di ricerca che l'anno passato hanno raggiunto l'ammontare di 97 mila euro. Questo ci ha permesso di creare a Trento un nucleo di giovani che, nell'ambito di dottorati o di attività post doc, si occupano in maniera scientifica di tematiche relative al nonprofit e alla cooperazione, tematiche che fino a pochi anni fa erano considerate scientificamente poco rilevanti.

Quali sono i principali progetti di ricerca a cui state lavorando?
Stiamo lavorando a un grosso progetto nell'ambito dell'iniziativa comunitaria Equal, finanziato con oltre 2 milioni di euro, ideato da Issan e presentato insieme ad altri partner, fra cui la Federazione Trentina delle Cooperative, che riguarda lo studio e la sperimentazione di forme di impresa sociale di comunità. Il progetto, che prevede oltre all'attività di ricerca anche la realizzazioni di 6 o 7 esperienze a livello trentino, è in linea con la nuova legge che obbliga le imprese sociali a garantire la diffusa partecipazione di tutti gli stakeholder.
Stiamo inoltre lavorando a una ricerca, finanziata dal Miur e realizzata insieme al Dipartimento di Economia e ad altre università italiane, sui rapporti di lavoro nelle cooperative sociali, nell'ipotesi che in queste realtà si stia passando dal "contratto" di lavoro al "rapporto" di lavoro.
Stiamo concludendo un progetto finanziato nell'ambito del VI Programma Quadro sulla cooperazione di inserimento lavorativo e abbiamo in cantiere anche una serie di progetti minori.

Carlo BorzagaL'Issan si occupa anche di formazione, ce ne può parlare?
Sì, ce ne occupiamo in due direzioni. La prima è rappresentata dal master in Gestione di organizzazioni nonprofit e cooperative sociali, giunto ormai alla nona edizione. Si tratta di un master universitario di primo livello, con 15-20 allievi per anno, che Issan gestisce per conto della Facoltà di Economia. Grazie anche a questa attività si è costituita a Trento una faculty di docenti che si occupano stabilmente di nonprofit da punti di vista disciplinari diversi e che garantiscono quindi un'offerta formativa di ottimo livello. Gli studenti del master, provenienti da tutte le regioni italiane, svolgono periodi di stage in Italia o all’estero, prevalentemente fuori del Trentino, utilizzando anche la nostra rete di soci sempre interessati a questo tipo di figure professionali. Il 90% è occupato in organizzazioni nonprofit o in cooperative sociali e loro consorzi.
Un secondo filone di attività formativa riguarda coloro che lavorano all'interno di organizzazioni nonprofit per i quali Issan organizza corsi di formazione, seminari o corsi brevi articolati in moduli residenziali. Pur riguardando gli stessi contenuti e utilizzando gli stessi docenti del master, si tratta di un tipo di formazione più breve e concentrata, anche perché è rivolta a persone che già operano nel settore.

Un recente convegno promosso da Issan ha affrontato il tema della società cooperativa europea. In che modo questa può contribuire all'internazionalizzazione del modello cooperativo?
Credo che la norma europea potrà dare un contributo allo sviluppo della cooperazione, considerato che il modello cooperativo è presente in tutti i paesi del mondo con circa 500 milioni di persone associate. Tuttavia tale modello di impresa ha sempre incontrato difficoltà a oltrepassare i confini nazionali: trattandosi di società di persone e non di capitali, spesso regolamentate in modo diverso, creare imprese che operino su territori più ampi del singolo paese non è facile. La normativa europea consente ora di creare cooperative a livello europeo e potrà aiutare le cooperative di medie e grandi dimensioni a muoversi in contesti più ampi.
Ad esempio, se le Casse Rurali Trentine cominceranno ad occuparsi di interventi nei paesi dell'Est, dovranno probabilmente costituire una società cooperativa con dimensione sopranazionale. La Comunità europea ha approvato la norma, ma su questo tema si è riflettuto ancora molto poco. Il convegno organizzato da Issan ha portato un contributo all'analisi dei diversi aspetti di questa normativa e avrà come risultato quello di produrre in tempi brevi una pubblicazione certamente utile agli addetti ai lavori.

Sul fronte italiano, quali prospettive ci sono per la cooperazione?
La cooperazione in Italia ha avuto un periodo di difficoltà negli anni Sessanta-Ottanta, ma poi ha registrato una ripresa significativa, anche perché ha spostato l'attività verso settori diversi da quelli tradizionali come l'agricoltura, il credito e la cooperazione di abitazione e si è mossa su fronti nuovi in particolare nell'ambito dei servizi alla persona. Pensiamo ad esempio alle cooperative sociali che si occupano di servizi sociali e di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati che, in 15 anni, hanno registrato un vero e proprio boom: nate negli anni Ottanta e istituzionalizzate da una legge nel 1991, sono oggi oltre 7500 ed impiegano circa 300 mila lavoratori.
C'è stato anche un forte recupero di altre forme di cooperazione tra cui quella di consumo: è noto a tutti che la Coop è il più grande gruppo di distribuzione a livello nazionale.
Le prospettive per il futuro credo siano piuttosto interessanti. Spazi nuovi per la cooperazione si stanno aprendo, sia nella gestione di singole attività che di reti, di pari passo con la progressiva terziarizzazione del sistema economico nazionale.
C'è stato, ad esempio, un lungo dibattito in provincia di Trento su come organizzare i nuovi servizi territoriali al turismo e alla fine la maggior parte ha scelto la forma cooperativa, perché essa consente di creare anche unità produttive dove è difficile individuare con precisione sia gli interessi che i contributi individuali, ma dove tutti hanno interesse che una certa attività venga svolta. La forma cooperativa è in questi casi più interessante dell'impresa di capitali perché permette una più ampia e paritaria partecipazione dei portatori di interesse alla gestione e facilita comportamenti di mutuo aiuto tra soggetti che hanno in comune l'interesse che una certa attività venga realizzata.

In alto a destra: Carlo Borzaga; sopra: la classe del master 2003/04 con al centro Giuliano Baldessari della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Carlo Borzaga e sulla sinistra Claudio Barbacovi in rappresentanza della PAT.