unitn. n°71 Università degli Studi di Trento

terza pagina


Weber e l'Occidente
Il processo di globalizzazione alla luce del pensiero weberiano
intervista di Marinella Daidone a Pierangelo Schiera

Marinella Daidone Nei giorni 3 e 4 marzo si è tenuto a Trento il convegno internazionale Solo in Occidente…l'idea weberiana della modernità alla luce della globalizzazione. Ne abbiamo parlato con uno dei responsabili scientifici, il professor Pierangelo Schiera.




Solo in Occidente… è il titolo che è stato dato al convegno. Ci può spiegare il significato e il perché di questa scelta?
Il titolo è stato tratto da una citazione dell'ultimo scritto di Weber, il più significativo a mio parere, ossia le osservazioni preliminari ai saggi di Sociologia delle religioni, dove si legge: "Soltanto in Occidente esiste una scienza con lo stadio di sviluppo che noi oggi riconosciamo come valido" (traduzione di Ferrarotti per la Utet). Il motivo dell'Occidente viene poi ripreso più volte in queste pagine di grande profondità. Ciò che interessa Weber è la definizione categoriale di Occidente; con tutta la sua opera egli è riuscito a spiegare un secolo fa che cos'era l'Occidente.

Pierangelo SchieraIl pensiero di Weber è ancora così attuale da poter essere utilizzato per interpretare il processo di globalizzazione?
La globalizzazione, un concetto totalmente privo di significato che viene usato per lo più in senso giornalistico, è sempre esistita da quando l'uomo è uscito dalle caverne e ha imparato a conoscere il mondo e a conquistarlo.
Io direi che "globalizzazione" non è niente altro che la traduzione in termini volgari dell'espressione di Weber "Entzauberung", che potremmo tradurre in italiano con il termine "demagificazione". L'uomo progressivamente conquista spazi di dominio e di conoscenza, prima con le attività manuali e poi con la ragione, attraverso le tappe di un processo di demagificazione, cioè di conquista del mondo. Tale processo, tendenzialmente infinito, potrebbe teoricamente arrivare alla globalizzazione, ma a quel punto l'uomo sarebbe Dio e questo va contro la logica del nostro essere uomini.
L'Occidente è solo una tappa di questo percorso di demagificazione, di cui già cent'anni fa Weber ha spiegato gli elementi costitutivi. Sta a noi oggi capire che forse questa tappa è conclusa; ciò che ci resta da fare, dopo l'insegnamento di Weber, è cercare di uscire dall'Occidente con dignità.

Anche in alcuni scritti di Marx si può trovare il concetto di globalizzazione. A questo proposito che rapporto c'è tra il pensiero di Marx e quello di Weber?
Intendendo la globalizzazione come demagificazione, cioè come un processo che coinvolge l'uomo e la sua capacità di conoscenza, possiamo dire che tutti i grandi pensatori, da Socrate e Platone in poi, hanno usato il concetto di globalizzazione e anche Marx lo ha fatto. Marx è stato un grandissimo pensatore politico le cui acquisizioni di conoscenza hanno prodotto dei risultati straordinari sul piano empirico.
Il rapporto tra lui e Weber è quello che c'è fra il maestro e l'allievo: Weber non ha potuto non conoscere il pensiero di Marx e non tenerne conto. Egli ha cercato piuttosto di vedere le conquiste teoriche e storiografiche che Marx aveva compiuto da un punto di vista diverso, ha demagificato Marx, lo ha globalizzato. Per questo è stato definito il Marx della borghesia, una definizione riduttiva perché certo Weber era profondamente borghese, ma anche Marx lo era.
Weber ha cercato di andare oltre l'essere borghese, indicando una via di riflessione e di conoscenza: quando ha detto che l'Occidente è finito e che è in una gabbia d'acciaio, ci ha dato un messaggio che noi non siamo riusciti a mettere in pratica, abbiamo soltanto dimostrato che aveva ragione. Ma non siamo usciti dall'Occidente con dignità, anzi nell'ultimo secolo noi occidentali abbiamo fatto le cose più immonde e mi riferisco al fascismo, al nazismo e al comunismo, perché non bisogna dimenticare che anche la Russia è Occidente.

Al convegno hanno partecipato studiosi di fama internazionale. Ne può citare qualcuno?
I due studiosi più importanti sono sicuramente Paolo Prodi e Karl-Siegbert Rehberg.
Paolo Prodi, il maggiore storico italiano che è stato anche rettore dell'Università di Trento, possiede la straordinaria capacità di dare un senso forte e diretto alle cose che studia e che dice, sia pure con una dominante valenza cristiana che fa costitutivamente parte del suo pensiero.
Rehberg, un grande sociologo di Dresda che insegna anche presso la Facoltà di Sociologia del nostro ateneo, ha messo a fuoco aspetti molto interessanti riguardo al capitalismo e ad una sua ulteriore globalizzazione o demagificazione rispetto all'analisi di Weber. Egli ha parlato di un capitalismo volgare, quasi "da strada", per mostrare come adesso, a cent'anni di distanza, non si potrebbe più sostenere che il capitalismo abbia quello spirito che Weber gli aveva attribuito.

Nella foto sopra: Pierangelo Schiera.