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Davide Bassi è il nuovo rettore
Dal primo novembre è subentrato a Massimo Egidi

 

Cambio al vertice dell’Università di Trento. Dopo otto anni di intenso e proficuo impegno alla direzione dell’ateneo, Massimo Egidi ha lasciato la carica di rettore. Dal primo novembre la responsabilità di guidare un migliaio di dipendenti e più di quindicimila studenti è passata a Davide Bassi, già presidente del Nucleo di Valutazione e preside della Facoltà di Scienze. Un passaggio importante che Unitn ha deciso di documentare con una doppia intervista al precedente e all’attuale rettore. Ecco quanto Massimo Egidi e Davide Bassi hanno dichiarato.

 

Bassi: puntare sulla qualità
intervista di Paolo Bari a Davide Bassi

Che università trova?
In buona salute e capace di dare soddisfazioni a tutti. Trento è un’università piccola che si è data obiettivi di qualità in gran parte raggiunti e destinati a durare nel tempo. Questo vantaggio competitivo va adesso mantenuto. Il concetto di qualità non è infatti assoluto, ma riferito ad un contesto dinamico. E inoltre vi sono sempre errori da correggere e altri aspetti da migliorare.

Quale sarà il suo “stile” nel guidare l’ateneo trentino?
Sono a Trento da trent’anni, tutti ormai conoscono i miei pregi e i miei difetti. Visto che sono stato eletto, è evidente che i primi hanno prevalso sui secondi. Cercherò di confermarli durante tutti i quattro anni dell’incarico. Le difficoltà vi sono ma possono essere affrontate e risolte. Sono ottimista.

Quali saranno i suoi primi interventi?
Intendo confermare in pieno il programma alla base della mia candidatura. Fra le priorità vi sarà pertanto la volontà di porre rimedio ad alcuni problemi che hanno, in gran parte, un’origine esterna all’ateneo: il completamento della riforma degli ordinamenti didattici, le carenze di risorse umane, le strutture (in primis la nuova sede di Lettere).

Che successo vorrebbe conseguire?
Contribuire a consolidare l’università, non tanto in termini di quantità ma di qualità. Riuscire a migliorare il posizionamento internazionale di Trento. Il confronto va fatto con i migliori atenei del Nord Europa perché dobbiamo ridurre il divario rispetto a chi fa meglio di noi. Una sfida enorme per un ateneo piccolo e giovane come il nostro.

Che delusione non vorrebbe subire?
Quella di cadere nella palude delle università che vivacchiano, che distribuiscono titoli poco appetibili, che non gratificano il personale che vi lavora.

Come impronterà il suo rapporto con studenti, docenti e personale?
Un’università di qualità comporta le migliori risposte a studenti e a tutto il personale che lavora nell’ateneo. In quest’ultimo caso bisognerà fare il possibile per superare le attuali limitazioni legate alla carenza di fondi ministeriali. Per quanto riguarda gli studenti, è indispensabile aumentare la mobilità internazionale e ottimizzare i processi formativi. Le mie precedenti esperienze nel settore della valutazione mi consentono di avere un quadro abbastanza ben definito dei problemi aperti. Cercherò, con l’aiuto di tutti, di trovare soluzioni adeguate.

Quali e quanti incontri ha avuto da quando è stato eletto rettore?
Molti, sia interni sia esterni all’università. Ho avuto modo di conoscere meglio numerose persone che stanno fornendo un notevole contributo allo sviluppo del nostro ateneo. Sul piano esterno ho verificato la grande consapevolezza dell’importante ruolo che l’università sta svolgendo. Vi è una lunga lista di opportunità di collaborazione. Numerosi sono stati i contatti con sedi vicine. E poi il presidente Cipolletta rappresenta una garanzia.

Quali ripercussioni avrà questo impegno sul piano personale?
Visto che mia moglie mi ha sopportato per più di trent’anni, conto sulla sua benevolenza anche per i prossimi quattro. In fin dei conti la situazione non subirà grandi cambiamenti perché nemmeno prima avevo molto tempo libero.

La carica di rettore è incompatibile con quella di studioso?
Per fortuna il laboratorio funziona bene e proseguirà altrettanto bene anche senza di me. Alla fine del mio mandato riprenderò il mio lavoro di studioso. In un certo modo la carica di rettore consente di esercitare il ruolo di ricercatore in un’altra maniera, partecipando cioè alla definizione delle linee di sviluppo della ricerca dell’intero ateneo.

Qual è il consiglio più gradito che ha ricevuto?
Mi hanno raccomandato di non rimanere chiuso in via Belenzani per non perdere il contatto con la realtà esterna. Ho risposto: “Se lo faccio, avvertitemi”. È un consiglio molto prezioso perché si riferisce alla necessità di possedere il giusto equilibrio sia per assumere informazioni sia per prendere decisioni.







Egidi: garantire l’autonomia
 intervista di Paolo Bari a Massimo Egidi

Che università lascia?
Un’università con una accresciuta autonomia, caratteristica che costituisce una garanzia per il futuro. Abbiamo saputo costruire una buona rete di contatti non soltanto a livello locale e, grazie alla stima e alla fiducia reciproca con i nostri partner, abbiamo sviluppato una buona capacità di accedere a risorse economiche esterne, fondamentali per proseguire bene il lavoro avviato e mantenere gli standard di qualità raggiunti. È un periodo delicato per tutti gli atenei italiani che ormai devono non soltanto competere tra loro ma anche misurarsi con le più prestigiose sedi accademiche internazionali. Sono comunque ottimista, l’Università di Trento è ben preparata per affrontare questa sfida.

Qual è stato il suo maggiore successo?
Innanzitutto l’internazionalizzazione: negli ultimi anni l’università ha avuto una buona crescita di rapporti internazionali con atenei prestigiosi in tutto il mondo ed è riuscita a raggiungere non soltanto una buona credibilità all’estero, ma anche un’ottima capacità di accesso alle risorse dell’Unione Europea. Un ulteriore risultato è a mio avviso l’accresciuto rapporto con il territorio e la fattiva collaborazione reciproca che negli anni si è instaurata e che fa sì che oggi l’università sia considerata una risorsa preziosa per il territorio. Vorrei citare inoltre la qualità che questo ateneo ha raggiunto sia nella didattica sia nella ricerca, un aspetto che certamente ha avuto un ruolo nel posizionamento di Trento ai vertici di molte classifiche degli atenei italiani. Tutto questo mi ha convinto che le linee di sviluppo disegnate all’inizio del mio mandato siano state davvero quelle giuste.

E la sua più grande delusione?
La vicenda delle modifiche statutarie, un cambiamento che peraltro ho proposto sulla base dei suggerimenti dati sei anni fa dalla Conferenza dei Rettori Europei (CRE) in occasione di un programma di valutazione dell’ateneo. Purtroppo a fronte di una parte di consiglieri che hanno appoggiato i suggerimenti della CRE, che andavano nella direzione della semplificazione e dell’accrescimento delle responsabilità in un contesto di trasparenza amministrativa, un’altra parte ha puntato sull’aumento della rappresentanza e della collegialità; due visioni opposte, a fronte delle quali è stato necessario giocoforza arrivare a compromessi.

Qual è stato il suo rapporto con studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo?
Con gli studenti ho avuto un buon rapporto perché ci siamo sempre capiti bene. Per quanto riguarda il personale, devo riconoscere che ha risposto alle proposte di cambiamento e di innovazione organizzativa con attenzione, spesso anche con grande entusiasmo. Ho avuto e ho tuttora un’ottima opinione del loro lavoro e del loro impegno. Il rapporto con i docenti è stato invece più disomogeneo: non tutti hanno compreso che per garantire autonomia e buona qualità alla nostra università è necessario assumersi responsabilità all’interno di un progetto ampiamente condiviso.

Ci racconti un incontro simpatico o curioso.
Ne ho avuti molti, ma l’incontro che ricordo con maggiore piacere è quello con Enzo Perlot. Non posso dimenticare la sua forte determinazione nella fase costitutiva dell’Ateneo Italo-Tedesco. Avrei numerosi episodi da raccontare. Non scorderò per esempio un suo invito a Berlino nella prestigiosa residenza del generale Paulus, il generale che fu battuto nella battaglia di Stalingrado dalle truppe sovietiche: era in corso una riunione con alcuni parlamentari italiani che discutevano della Nato; in quella occasione dimostrò una non comune capacità di sdrammatizzare tensioni e contrasti, di mettere sul ridere situazioni imbarazzanti. Per la nostra università è stato un grande presidente.

Quali ripercussioni ha avuto questo impegno sul piano personale?
Sebbene estremamente faticoso, l’impegno di rettore non ha modificato i miei rapporti personali e familiari. È stato determinante l’aiuto e il sostegno quotidiano di mia moglie.

La carica di rettore è incompatibile con quella di studioso?
No. Direi anzi che le cose migliori le ho fatte proprio in questo periodo. Con meno tempo a disposizione, si devono selezionare le attività di ricerca, con il risultato che si fa poco e meglio. Da rettore inoltre ho potuto analizzare “sul campo” molti aspetti del comportamento amministrativo e organizzativo, che sono oggetto delle mie ricerche.

Che rapporti ha avuto con il ministro Moratti?
Sempre ottimi rapporti istituzionali nell’ambito degli incarichi “diplomatici” che il presidente della Crui mi ha affidato negli ultimi due anni. Nel ministro Moratti ho trovato un interlocutore attento anche nei momenti “difficili”, quando era essenziale garantire il dialogo con la Conferenza dei Rettori.

E in futuro?
Su richiesta del presidente della Crui, manterrò alcuni incarichi all’interno della Conferenza dei Rettori. Potrò inoltre dedicarmi di nuovo a tempo pieno alla ricerca, magari dopo aver usufruito di un anno sabbatico (che finora non ho mai chiesto). Non vedo in ogni caso un futuro in politica.

Che consiglio darebbe al suo successore?
Mantenere l’autonomia dell’università come valore principale. Un impegno non facile.

Nella foto in alto, da sinistra: Davide Bassi e Massimo Egidi;
sotto: la sede del Rettorato, in via Belenzani 12 a Trento.