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La scultura barocca in Trentino
In due volumi un nuovo contributo alla storia dell’arte
intervista di Marinella Daidone ad Andrea Bacchi

 

È uscita di recente l’opera Scultura in Trentino. Il Seicento e il Settecento, due splendidi volumi editi congiuntamente dall’Università e dalla Provincia Autonoma di Trento. Ne abbiamo parlato con uno dei curatori, Andrea Bacchi, docente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo.

Professor Bacchi, come è nato ed in che modo è stato sviluppato il progetto di quest’opera?
Quest’opera è il frutto di una ricerca, iniziata circa tre anni fa, svolta congiuntamente dall’Università e dalla Provincia Autonoma di Trento e coordinata da me e dalla dottoressa Luciana Giacomelli del Servizio Beni Culturali. È stato approfondito lo studio della produzione scultorea in Trentino nel corso del Sei e Settecento attraverso una serie di saggi affidati a vari studiosi che ne hanno trattato i diversi aspetti: dagli altari alla statuaria, sia in marmo che in legno che in stucco, studiati sia sotto il profilo strettamente storico artistico che più specificatamente tecnico attraverso l’analisi dei diversi tipi di litotipi usati nonché delle metodologie utilizzate nella esecuzione di commessi e tarsie. Si è indagato anche sulla storia sociale delle famiglie di scultori che si identificava con la storia stessa del paese in quanto riuniva in una stessa bottega diverse professionalità e dove spesso l’architetto era anche imprenditore e proprietario delle cave. Si può dire, infatti, che l’origine della tradizione degli scultori in Trentino nasca proprio dalle notevolissime numerose cave, nei pressi del Monte Baldo che, già a partire dal Cinquecento, fornivano marmi di vari tipi non solo a Trento ma anche al di fuori dei confini del principato vescovile. Già Giulio Romano per Palazzo Te impiegava a Mantova marmi che provenivano dal Trentino e nel Settecento il veronese Maffei ricordava che nel Baldo si trovavano marmi di oltre duecento tipi. Si tratta quindi di un libro che esplora tutti questi aspetti, non solo la produzione di sculture ma anche il contesto storico e tecnico-operativo in cui queste opere vennero realizzate. A questo lavoro hanno collaborato docenti dell’Università di Trento e di altri atenei, tra cui Venezia, funzionari della Provincia, da anni impegnati in ricerche specifiche su questi argomenti, e persone che lavorano in Soprintendenze anche al di fuori del Trentino. Hanno partecipato, con ottimi risultati, anche neolaureati della nostra università e studenti che, oltre a compiere ricerche d’archivio, hanno scritto molti testi per il dizionario biografico. L’opera infatti si articola in due volumi: il primo raccoglie una serie di saggi, mentre il secondo è un dizionario biografico di oltre cento scultori censiti, attivi in Trentino fra il Sei e Settecento.

Che tipo di contributo offre quest’opera alla conoscenza della storia dell’arte del Trentino?
Forse un po’ immodestamente si può dire che l’opera offre un contributo non solo alla conoscenza della storia dell’arte del Trentino, ma più in generale alla storia della scultura in Italia. Prima della sua uscita, infatti, la scultura in Trentino del Sei e Settecento era in larga parte ancora sconosciuta al di fuori del contesto regionale, mentre questo lavoro ha inteso far conoscere una serie di scultori di notevole livello e con caratteri stilistici non assimilabili né a quelli austriaci, né a quelli veneti, né a quelli lombardi, ma con una specificità culturale propria che non aveva ancora trovato una sua collocazione e valorizzazione all’interno della pur vasta bibliografia nazionale. È stato possibile concretizzare la proposta di questo progetto grazie alla Soprintendenza ai Beni Culturali del Trentino che negli ultimi anni aveva realizzato una catalogazione capillare di tutte le opere d’arte sacra in Trentino; a partire da questa schedatura abbiamo poi potuto svolgere un ampio lavoro di approfondimento critico. Attraverso questi volumi è stato, quindi, riscoperto ed illustrato un capitolo non secondario dell’arte italiana.

Quali sono i tratti salienti della scultura barocca in Trentino emersi durante questo lavoro?
I tratti salienti sono proprio quelli legati alla specificità della scultura in Trentino. Ho già accennato al fatto che abbiamo scultori che sono anche architetti ed imprenditori.
Un altro tratto rilevante è la ricchezza di scultura in marmo: per chi viene da fuori l’idea della scultura in Trentino è associata al legno, come per la gran parte delle zone di area alpina, noi invece abbiamo scoperto che la maggior parte della produzione era in marmo ed era estremamente ricca.
Inoltre sono state messe a fuoco alcune personalità di architetti e scultori molto importanti e studiati oltre provincia: si pensi a Mattia Carneri, della prima metà del Seicento uno dei protagonisti più importanti della stagione seicentesca a Venezia, a Jacopo Antonio Pozzo, operoso fra Sei e Settecento o ancora a Paul Strudel scultore attivo a Venezia, Vienna e Trento. Non possiamo inoltre dimenticare la produzione architettonica e scultorea di due delle più importanti botteghe di artisti castionesi come Cristoforo Benedetti o i fratelli Sartori attivi in Austria, Lombardia e in Veneto diffusori di una propria e autonoma specificità culturale alla quale aderirono ben presto scultori importanti come Francesco Oradini, Domenico Molin e Giambattista Fattori.

 

In alto a destra: “Angelo”, di Mattia Carneri, della copertina del primo volume di Scultura in Trentino;
sotto: “Putti” di Mattia Carneri;
a sinistra: il professor Andrea Bacchi.