La sociologia oggi, secondo Neil Smelser
Cresce la complessità, rimane il sistema di valori
intervista di Enzo Rutigliano a Neil Smelser
I lettori
ricorderanno che nello scorso
numero di UNITN abbiamo posto le stesse domande a un altro sociologo
tra i più noti,
Raymond Boudon, ma di orientamento affatto diverso da quello di Neil
Smelser.
Alle stesse domande risposte assai diverse, valutazioni
diverse della situazione, dello stato dell’arte della sociologia, dei valori etc. Ricchezza della
sociologia?
In che relazione è la caduta delle ideologie
con la caduta dei valori? Vi è una relazione di causa ed effetto tra i due
eventi?
Trovo difficile rispondere a questa domanda, perché
non accetto la premessa che ci sia stata una caduta delle ideologie e dei valori nella
società contemporanea. Sono dell’opinione che i sistemi di valori
delle società contemporanee sono fondamentalmente intatti, anche se sono minacciati da una varietà
di fonti maggiore rispetto al passato – i movimenti sociali, la diversità culturale, i giovani
ecc. Tuttavia, la critica nei confronti dei governi e delle società contemporanee
si rivela spesso una critica alla loro incapacità di tener fede ai valori tradizionali, cosa che
implica un’accettazione di quei valori insieme al disincanto rispetto al modo in cui gli
accordi umani istituzionali li stanno implementando o mantenendo.
Riguardo alle ideologie, anche qui non vedo una “caduta”
quanto piuttosto una moltiplicazione delle stesse come vita sociale-strutturale, di gruppo e culturale
delle società. La tendenza principale nella vita contemporanea è l’aumento della complessità, non
la “caduta” dei valori o delle ideologie.
La crisi della sociologia – intesa come lettura e
insieme strutturazione della società (Orientierungslehre) – come era alle sue
origini – è una crisi di orientamento (Orientierungskrise)? La disseminazione dei paradigmi sociologici, alternativi
l’uno all’altro, e l’affermarsi delle microsociologie al posto delle grandi teorie che si
occupano del mutamento sociale, della stratificazione sociale, le grandi teorie dell’azione,
etc., hanno contribuito alla crisi attuale della sociologia in quanto incapace di dare una spiegazione
che rassicuri del funzionamento della società?
|
Il sociologo Neil Smelser |
Non sono sicuro che la sociologia sia “in crisi”. Essa ha un
posizionamento migliore nelle università e nelle altre istituzioni rispetto al
passato, non c’è una diminuzione nel numero di sociologi e le associazioni professionali che rappresentano la sociologia sono
vivaci come sempre. È vero che nella sua storia il settore ha continuamente
sviluppato molti approcci diversi, sia a livello micro che a livello macro, molto spesso senza abbandonare quelli vecchi.
Questa potrebbe sembrare disorganizzazione, ma io la considero come una ricchezza crescente del settore. La “crisi” è generata da
una minoranza di studiosi che credono che il nostro settore non abbia il significato politico che dovrebbe avere (nella loro mente)
oppure da quegli studiosi che credono ancora che la sociologia debba essere una scienza onnicomprensiva e unificata.
La proliferazione delle sociologie specialistiche
(sociologia della famiglia, di genere, economica, politica, dell’ambiente etc.) ha
contribuito allo svuotamento della sociologia in quanto tale, capace di dare una spiegazione unitaria dei fenomeni
sociali? Le tante sociologie specialistiche non hanno, paradossalmente, dissolto invece che
espandere l’influenza del punto di vista sociologico contribuendo alla crisi della disciplina?
La mia risposta a questa domanda è simile alla precedente. La
proliferazione delle sociologie specialistiche rende più difficile per i
sociologi comunicare gli uni con gli altri e questo contribuisce anche all’abilità della sociologia di produrre spiegazioni più elaborate
per grandi fenomeni. Se c’è una “crisi” - cosa che non riesco a credere - allora è una crisi della teoria, una riluttanza dei
sociologi a fare proprio il grande pensiero integrato che porterà continuità e ordine al grande incremento delle conoscenze specialistiche.
Questo è il grande bisogno del settore - il pensiero teoretico, integrato - ma, ripeto, è un bisogno non una crisi.
Neil Smelser ha conseguito il Ph.D in
sociologia all’Università di Harvard nel 1958. È professore emerito del
Dipartimento di
Sociologia della University of California, Berkeley, direttore del
Center of Advanced Study in the Behavioral Sciences di Palo Alto, e ha fatto parte della commissione che ha realizzato
il rapporto “Terrorism: Perspectives from the Behavioral and Social
Sciences”. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni nel campo della teoria sociologica, del
mutamento sociale, dei movimenti sociali, della sociologia dell’educazione e della sociologia economica. È co-editore
(insieme a Paul B. Baltes) dell’International Encyclopedia of the Social and Behavioral Sciences
(Elsevier, 2001, 26 volumi).
|
Intervista
in lingua originale inglese
|