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  ricerca  

La scienza dell’acqua: da Galileo, all’idrologia, alla fisica quantitativa
Ricercatori di Ingegneria collaborano con Ignacio Rodriguez-Iturbe insignito dello Stockholm Water Prize
di Riccardo Rigon

Ignacio Rodriguez-Iturbe, professore alla Princeton University, con il quale alcuni ricercatori del Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale della nostra Università hanno avuto l’onore di collaborare negli ultimi dieci anni, ha appena ricevuto a Stoccolma lo Stockholm Water Prize, che è l’equivalente del premio Nobel per le scienze dell’acqua. Un idrologo studia i flussi idrici tra superficie terrestre ed atmosfera e gli effetti che questi hanno sul clima, sull’evoluzione della superficie terrestre e sulle attività umane. L’idrologia della tradizione (con contributi derivanti dall’ingegneria idraulica, dell’ambiente, dalle scienze forestali ed agronomiche, dalla geografia e dalla geologia) era una collezione di conoscenze, metodi e strumenti talvolta non perfettamente coerenti, ma a dispetto di questo, importantissimi nella gestione del territorio e nella difesa dagli eventi catastrofici. Rodriguez-Iturbe ne ha sviluppato le basi concettuali e tecniche contribuendo a farne una scienza fisica quantitativa.
L’impegno scientifico di Rodriguez-Iturbe è stato rivolto principalmente alla caratterizzazione della variabilità delle precipitazioni, delle piene fluviali (la variabilità spaziale dei fenomeni idrologici è tale che ad un anno siccitoso può seguire un anno piovoso senza apparente nesso: “il tempo” cambia e si ripete con cicli fluttuanti che si sovrappongono a tendenze di lunga scala mascherandone l’andamento) e recentissimamente del ruolo dell’interazione delle piante con il clima.
Uno dei nuovi paradigmi sui quali Rodriguez-Iturbe ha fondato la sua recente ricerca è quello della geometria frattale. Galileo sosteneva che “L’universo ... non si può intendere se prima non si impara a conoscer la lingua, e conoscere i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, et altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intendere umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto ovvero poteva essere compresa attraverso l’uso della geometria.”
Questa idea si è rivelata assai feconda ma le forme geometriche usate fino a pochi decenni fa erano rimaste limitate a quelle che già Galileo conosceva.
Benoit Mandelbrot [The Fractal geometry of nature, 1983], si accorse tuttavia che altre categorie di forme geometriche potevano essere usate per descrivere la natura. Definì tali forme “frattali”. Il nome deriva dal latino “fractus” che significa frastagliato. I reticoli idrografici, le aste fluviali naturali, le coste, i bordi delle nuvole, la distribuzione spazio-temporale delle precipitazioni, la distribuzione dei suoli e dell’umidità, il comportamento naturale del clima sono dei frattali (ma anche, qualcuno sostiene, l’evoluzione delle specie, l’andamento dell’economia, le dimensioni degli esseri viventi e di molti altri sistemi “complessi” presentano caratteristiche frattali). Naturalmente il solo fatto di essere frastagliati non è sufficiente a definire un frattale. Queste irregolarità devono essere visibili a scale diverse: osservate sulle mappe a grande scala geografica questi oggetti sono irregolari; usando mappe più risolte, le irregolarità continuano a comparire ed anzi ne appaiono di nuove e così via. Una conseguenza è che diminuendo la scala delle mappe, la lunghezza delle coste e l’estensione dei fiumi ci appaiono sempre maggiori; l’irregolarità delle precipitazioni mensili non è distinguibile da quella delle precipitazioni giornaliere, le zone umide contengono delle zone asciutte, le quali a loro volta contengono al loro interno delle zone ancora umide.
Il lavoro principale degli anni novanta di Rodriguez-Iturbe è stato quello prima di descrivere nelle forme matematiche appropriate queste irregolarità della distribuzione dei flussi idrologici e poi di cercare una ragione dinamica di queste forme di cui ha scritto in numerosi articoli scientifici e in particolare nel libro Fractal river networks: chance and self-organization (Reti fluviali frattali: caso e auto-organizzazione) [Cambridge University Press, 1997] scritto con Andrea Rinaldo, tra i fondatori del Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale dell’Università di Trento.
Che cos’è che produce forme frattali che ci appaiono così frequentemente in natura? Come lavora la natura? L’idea perseguita da Rodriguez-Iturbe e dai ricercatori dell’Università di Trento (in un gruppo che comprendeva anche ricercatori del MIT di Boston) era quello che l’ubiquità della geometria frattale dovesse essere spiegata da un principio tanto semplice quanto generale. Le nostre ricerche hanno trovato questo principio nella minimizzazione dell’energia dissipata complessiva: i sistemi fluviali auto-organizzano la loro forma in modo da dissipare il minimo possibile di energia. La ricerca è apparentemente molto teorica ma ha, in realtà, numerose applicazioni utili alla protezione e alla gestione del territorio.
Alla Facoltà di Ingegneria di Trento, il gruppo di ricercatori del CUDAM (Centro Universitario per la Difesa idrogeologica dell’Ambiente Montano), tra cui anche il dottor Rigon, traducono le nuove conoscenze matematiche e modellistiche in strumenti che dovrebbero fornire nel prossimo futuro previsioni affidabili del rischio idrogeologico in tempo reale, per prevedere le piene e le frane e in generale le modificazioni fisiche del territorio montano, al fine di mitigarne gli effetti negativi, e per sviluppare nuovi metodi per pianificare la protezione del territorio e gestirlo in modo sostenibile. Tra i progetti applicativi in corso di sviluppo vi sono ad esempio un modello per la previsione in tempo reale delle piene del fiume Adige (per conto della Provincia Autonoma di Trento), la stesura delle linee guida per la salvaguardia dei conoidi dei bacini alpini (per conto dell’autorità di bacino del Po), di modelli per il risanamento di laghi alpini eutrofici.
I progetti del CUDAM comportano necessariamente la collaborazione con i vari enti, che si occupano di acquisire i dati e lavorano ogni giorno nel territorio, e la costruzione di adeguate basi di dati territoriali gestiti in modo coerente, unificato e di facile accesso e il reperimento di risorse umane e finanziarie adeguate.

A destra: il torrente Rabies (Parco dello Stelvio).
Sotto a sinistra: Riccardo Rigon e Ignacio Rodriguez-Iturbe;