Bruno Kessler
Un'intuizione chiamata sociologia
La lungimiranza di un politico dalle idee innovative: nasce a Trento la prima facoltà italiana di sociologia, nucleo originario della futura università
Intervista di Francesca Menna a Enzo Rutigliano
È da poco trascorso il decimo anniversario della
morte di Bruno Kessler, avvenuta a Trento il 19
marzo 1991. Sostenitore dell'autonomia, uomo di grandi
intuizioni, portatore di idee innovative, tra cui quella
- ardita per quei tempi - di fondare la Facoltà
di Sociologia. Anche a lui si deve dunque oggi
l'esistenza dell'Università degli Studi di Trento.
Lo ricordiamo in una intervista a Enzo Rutigliano, ai tempi di Kessler studente di
sociologia a Trento, oggi docente di storia del
pensiero sociologico presso lo stesso ateneo.
Professor Rutigliano, quali sono
i concetti che più associa a Bruno Kessler?
Lungimiranza e determinazione. Sono arrivato a Trento nel
novembre del 1968, in un periodo piuttosto
turbolento. Kessler era stato tra i fondatori dell'Istituto
Superiore di Scienze Sociali, un atto assolutamente
lungimirante che egli aveva fortemente voluto. È
stato incredibile che una facoltà di sociologia sia
stata concepita e attuata in una cittadina di
provincia come era Trento allora, seppure con l'intento
di formare quadri intermedi o dirigenti della Provincia Autonoma come allora appunto si
diceva. Un atto lungimirante, dicevo, che comunque
non fu l'unico, visto che Trento fu la prima città
italiana ad avere un piano regolatore e anche
questo lo si deve a Kessler.
Com'era il rapporto tra Kessler e voi studenti?
Kessler amava venire qualche sera sul tardi nei locali frequentati dagli studenti e pagava da
bere a tutti. Questo dice già molto sul rapporto
che c'era tra lui e noi. All'inizio, negli anni che
vanno dal '62 al '66, ci fu l'idillio tra Kessler e gli
studenti: li sentiva come proprie creature, così come
ha sempre sentito l'università. Già nel '66 però
iniziarono le occupazioni: una delle prime fu la
lotta affinché lo specifico sociologico
dell'Istituto Superiore di Scienze Sociali non si dissolvesse
e non si diluisse in una generica facoltà di
scienze politiche, come i professori di scienze politiche
a livello nazionale avrebbero voluto. In quella occasione Kessler appoggiò gli studenti, e
quindi l'occupazione, e la sua posizione fu decisiva
per il futuro della Facoltà di Sociologia.
Naturalmente alla fine degli anni '60 noi
studenti rappresentavamo una generazione che si
era ribellata ai padri e non potevamo quindi
accettare l'atteggiamento paternalistico di Kessler.
Per questo ci fu sempre un rapporto conflittuale,
anche se particolare, simile a quello tra genitori
e figli, dove rimane comunque, almeno da parte dei genitori, l'amore per ciò che si è creato.
Tra il '69 e il '70, visto che la facoltà era
diventata luogo di aggregazione politica, non solo
degli studenti ma anche degli operai trentini (che
non scioperavano da cinquant'anni!), il ruolo
della facoltà, del movimento studentesco ma anche
dei docenti, era diventato ormai palese nella
operazione di rottura di una società piuttosto
ferma, addirittura stantia, e preoccupava il potere
locale. La parte meno innovativa della DC rimproverava tutto questo a Kessler e credo che fu
anche per la fondazione della Facoltà di Sociologia,
che gli venne imputata come un errore, che il suo peso all'interno della DC locale cominciò a
scemare. La facoltà rischiò di essere chiusa
(l'Università di Trento non era ancora statale e
quindi era possibile chiuderla, come peraltro era
successo, per una occupazione simile, alla
Facoltà di Lingue della Bocconi).
Ci fu una lotta durissima che vide contrapposte la destra della DC locale e Kessler e
quest'ultimo difese strenuamente la facoltà. Naturalmente
questo comportò dei sacrifici perché bisognava
pur dare qualcosa alla destra DC e il numero
chiuso e il blocco delle immatricolazioni per un anno
fu il prezzo che la facoltà dovette pagare per
non essere chiusa.
Che ruolo ha avuto l'intuizione di Kessler per la modernizzazione
della città?
Non so se l'intuizione di Kessler andasse davvero nella direzione che poi presero le cose.
Tuttavia, la Facoltà di Sociologia per la città di
Trento è stata decisiva, non soltanto perché il
movimento studentesco direttamente coinvolse il
mondo del lavoro, ma anche perché i numerosi
studenti provenienti da altre città italiane portavano
a Trento la loro cultura diversa, l'estrazione
diversa, e questo fu un "lievito" per la città poiché
mise in moto dei meccanismi che poi andarono
avanti per conto proprio e che certamente
contribuirono alla modernizzazione della città. Io credo
che Kessler volesse appunto qualcosa di simile, anche se non così come avvenne. In fondo era
un democristiano, una persona moderata per
quanto lungimirante.
Com'era l'università a quell'epoca
e qual era il rapporto con la città?
L'università a quell'epoca era la Facoltà di
Sociologia, non c'era altro. Era una sorta di comunità di studio dove le aule universitarie, la
mensa, i bar attorno, gli appartamenti la sera, il
collegio universitario erano un'unica cosa. Era
tutto un fervore di idee, di discussioni, di
dibattiti; non c'era differenza tra il privato, il
pubblico, tra la politica, lo studio. Io ho sempre
creduto che le università medievali dovessero essere
simili a quello che stava accadendo da noi in quel momento. Corpo docente e studenti si
sentivano molto più vicini tra loro che non al resto
della città la quale, in un primo momento,
rifiutò come un corpo estraneo la Facoltà di
Sociologia. Ci fu addirittura un assedio della facoltà
da parte della popolazione in cui la polizia
difese gli studenti che erano dentro l'ateneo.
Trento era allora uno dei centri più famosi in
Europa; i tedeschi della SDS, Giorgio Bachaus,
Peter Schneider e altri, venivano qui perché c'erano
studenti iperselezionati. D'altronde per venire a
Trento bisognava sapere che cos'era la sociologia e
nelle superiori non la si studiava, bisognava sapere
che a Trento c'era una Facoltà di Sociologia,
bisognava sfidare il fatto che non essendo statale dava
un diploma che non valeva nulla, bisognava spostarsi talvolta da molto lontano.
La comunità di studio di allora è a mio
avviso irripetibile, e questo non soltanto per merito
delle persone che c'erano o per la loro
volontà, ma perché allora in tutto il mondo era un
po' così: alla fine degli anni '60 i movimenti
collettivi muovono il mondo, conferiscono alle
vecchie istituzioni nuovo vigore, nuova linfa; creano,
per loro natura, centralità e Trento, come università
e come città, pur essendo alla periferia estrema
dell'Italia, diventò quindi centrale. I giornalisti
del Corriere della Sera, della Stampa venivano da
noi per capire come stavano le cose.
E oggi?
Oggi, rispetto ad allora, l'Università di
Trento ha tante facoltà; non ci conosciamo tutti, i
poli sono distanti, quindi direi che non si può
più parlare di una comunità medievale di
studenti, di studiosi e di scienza. È un ateneo di
media grandezza, con un corpo docente a mio avviso superiore alla media, con una buona qualità
dei servizi. L'anno scorso siamo arrivati secondi
tra le università italiane quindi direi che è
un'ottima università, con dei progetti molto
ambiziosi, tra cui l'internazionalizzazione che
condivido pienamente, ma è una cosa
radicalmente diversa, ovviamente, da ciò che era una volta.
Che cosa ricorda in particolare
della scomparsa di Bruno Kessler?
Ricordo che ci fu una cerimonia in Piazza Duomo a cui partecipò tantissima gente. Io ci
andai e rimasi meravigliato di trovare molti miei
compagni di università. La mia partecipazione
era stata frutto di un moto spontaneo e quel
giorno capii che anche per loro era stato così.
Questo dice molto su come la lontananza dagli eventi
li asciughi, elimini ciò che è indotto dal
momento, in quel caso dalla conflittualità generale,
e come poi emergano invece le cose essenziali. E la cosa essenziale, che ho compreso quel
giorno, è che noi tutti eravamo andati al
funerale perché avevamo capito a posteriori che
Bruno Kessler era stato centrale per la nostra vita.
Bruno Kessler, nato a Cogolo in Val di Pejo (Trento) nel
1924, consegue la laurea in giurisprudenza a Padova. Ricordiamo alcune tra le funzioni da lui ricoperte:
presidente della Provincia Autonoma di Trento dal 1960 al
1973, presidente della Giunta Regionale dal 1974 al 1976,
deputato al Parlamento per il Trentino Alto Adige dal 1976 al 1983, eletto in Senato nel 1983, fondatore e
presidente dell'Istituto Trentino di Cultura dal 1962, fondatore e
presidente del consiglio di amministrazione del Libero Istituto
Superiore di Scienze Sociali di Trento dal 1966
al 1972, presidente del consiglio di amministrazione dell'Università di Trento
dal 1972 al 1984. |
Nelle foto, in alto: Bruno Kessler durante la prima tesi di laurea in Sociologia nel 1969
In basso: il professor Enzo Rutigliano
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