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   universo ricerca   
Laser al silicio, una rivoluzione trentina e catanese
Paolo Bari intervista Lorenzo Pavesi

Il laser al silicio: una scoperta rivoluzionaria destinata ad aprire la strada a importanti sviluppi nel campo dell'informatica e delle telecomunicazioni. La realizzazione è opera dell'appassionato lavoro di ricerca compiuto da Lorenzo Pavesi, docente presso la Facoltà di Scienze dell'Università di Trento, assieme a Francesco Priolo dell'Università di Catania nell'ambito di un progetto dell'INFM (Istituto Nazionale di Fisica della Materia). La notizia è rimbalzata su tutta la stampa internazionale (compresa la prestigiosa rivista Nature) e ha suscitato notevole interesse da parte del mondo scientifico e di quello industriale.
Nel suo studio di Povo, Pavesi ci illustra le caratteristiche della scoperta, i contatti con le aziende, il rapporto con l'università, le connessioni fra ricerca e didattica, la collaborazione con Priolo.


Professor Pavesi, può innanzi tutto spiegare in cosa consiste la vostra realizzazione?

Siamo riusciti a produrre un amplificatore ottico al silicio. Questo significa che si potrà integrare sulla stessa piastrina di silicio sia il laser sia i circuiti microelettronici che finora erano separati.

"fetta" di silicio
colpita da laser
Quali sono le conseguenze?

Si ridurranno i costi di produzione perché il silicio è un materiale presente in grande quantità; aumenteranno la funzionalità e le prestazioni dei circuiti; si potranno costruire apparecchiature più piccole. Per fare un esempio, il video di un computer portatile conterrà anche i circuiti microelettronici, con notevole risparmio di spazio e con minor peso.

Come siete giunti a questa scoperta?


Da dieci anni ricercatori di tutto il mondo stavano studiando il problema. Si era tuttavia convinti che le proprietà fisiche del silicio impedissero di individuare la soluzione. La nostra intuizione è stata invece quella di ridurre il silicio a dimensioni nanometriche in modo da modificare proprio queste proprietà e, di conseguenza, da consentire l'utilizzo del silicio nella realizzazione dei laser.

Questa scoperta è la dimostrazione che la ricerca può produrre ottimi risultati anche in piccoli centri; come è possibile?


La ricerca si fonda prioritariamente sulle persone. I risultati si ottengono se si valorizza il capitale umano, anche attraverso un' attenta politica di incentivi. L'Università di Trento si è dimostrata sensibile a questo problema e sta studiando come realizzarla. Qui vi è in ogni caso l'opportunità di investire su progetti di qualità, l'ateneo ha una dimensione umana che favorisce l'interazione con i colleghi, si possono attivare sinergie con altri enti di ricerca. A Trento vi è forse lo svantaggio di un'università periferica, ma si tratta di difficoltà superabili.

Immagino che lei abbia ricevuto offerte da altri atenei o da centri di ricerca; come e perché ha resistito?


Certo, ho ricevuto proposte di lavoro per trasferirmi altrove, ma ho preferito rimanere qui. L'ambiente professionale è buono, e poi si tratta di scelte personali: non dobbiamo trascurare la qualità della vita, a Trento migliore che altrove.

Francesco Priolo
Quando è nata la collaborazione con Catania?

Circa dieci anni fa, quando a Trento si è deciso di sviluppare le ricerche sul silicio. Attraverso l'INFM ci siamo messi in contatto con Catania, l'altro polo di eccellenza in Italia. L'INFM è un Istituto volto a favorire e sostenere attività di ricerca trasversali sul territorio nazionale. Questa specifica ricerca - "Progetto Ramses" dell'INFM - si è iniziata due anni fa: a Catania Priolo ha prodotto il materiale mentre a Trento, grazie alle nostre competenze optoelettroniche, si sono effettuate le misurazioni.

Quali sviluppi avrà la scoperta?


L'interesse delle industrie è elevato, ma la tecnologia è costosa e complessa. Siamo per ora alla fase dei contatti: non abbiamo fretta, ma non possiamo nemmeno attendere troppo tempo. Il mio obiettivo è quello di ottenere finanziamenti per poter sviluppare qui nell'università o almeno in provincia le applicazioni della scoperta. Non sarà facile perché le multinazionali vorrebbero esattamente il contrario. In Trentino il trasferimento tecnologico potrebbe avere un futuro grazie alla collaborazione con l'Itc-Irst.

Che rapporti vi sono fra didattica e ricerca in questo caso specifico?


Questa attività di ricerca potrà essere utilizzata nei corsi di laurea in ingegneria delle telecomunicazioni, in fisica applicata e in informatica. È importante formare gli studenti in un settore che garantirà un sicuro sbocco occupazionale; sarebbe auspicabile che nascesse una vera e propria scuola.