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  memoria  
Cento anni fa moriva Friedrich Nietzsche, l'uomo postumo
di Enzo Rutigliano

Il 25 agosto del 1900, cento anni fa, Friedrich Nietzsche moriva.
L'uomo che più di tutti aveva contribuito a traghettare un mondo al tramonto verso la civiltà contemporanea, aveva percorso questo tragitto - da un secolo all'altro - in stato di incoscienza. Da alcuni anni infatti, il filosofo della transvalutazione di tutti i valori, colui che a colpi di maglio aveva infranto ogni certezza metafisica dell'Occidente, non riconosceva più nessuno, completamente in balia della sorella Elisabeth che ne andava preparando la consegna all'antisemitismo e poi ai nazisti, a quel mondo dell'orrore che Nietzsche aveva previsto e paventato come destino nell'Europa del Novecento.
Ci sono voluti ben settant'anni dalla morte perché egli venisse riconsegnato alla filosofia del rischiaramento da cui era partito, e che aveva portato alle sue conseguenze estreme. E ciò grazie a due italiani sopra tutti: Giorgio Colli e Mazzino Montinari che hanno decifrato e restaurato la sua opera falsificata dalla sorella e dai gangster di Hitler. Ma, anche, dalla pavidità e dal conformismo del pensiero della sinistra ufficiale che, senza lottare, aveva lasciato Nietzsche nelle mani della destra1.
Ma, se il contributo di Nietzsche è patrimonio ormai acquisito dalla filosofia morale e dalla filosofia della conoscenza, l'influenza del pensatore non si limita a questo, ma investe tutto il pensiero dell'Occidente e, segnatamente, almeno due discipline "moderne": la sociologia e la psicoanalisi.
Vediamo di dire qualcosa al riguardo, seppure nel breve spazio di un articolo commemorativo come questo.
È noto come negli ultimi anni della sua vita, il grande sociologo Max Weber, a Monaco, avesse confidato ad uno studente: "L'onestà di un intellettuale (…) dei nostri giorni si può misurare dal modo in cui egli si colloca nei confronti di Nietzsche e di Marx. (…) Il mondo nel quale noi spiritualmente viviamo è un mondo profondamente segnato da Marx e da Nietzsche." 2
Non possiamo qui dar conto delle argomentazioni circa l'influenza di Nietzsche sulla sociologia. Basta però citare l'influenza della Nascita della tragedia del nostro autore con i suoi "tipi ideali" di apollineo e dionisiaco sulla fondazione della sociologia "formale" basata su categorie dualistiche idealtipiche: "Vita e Forme" in Simmel, "Comunità e Società" in Tönnies, "i tipi ideali" in Weber. Ma, soprattutto, lo sfondo teorico generale di critica delle filosofie della storia presupposto della sociologia formale tedesca.
In quanto alla psicoanalisi, l'accostamento dell'opera di Nietzsche a quella di Freud è stato riconosciuto sin dagli albori del movimento psicoanalitico. Gli stessi topoi utilizzati da Freud erano presenti nell'opera del filosofo. Uno per tutti: il concetto di inconscio. La parola Es, che lo esprime, è stata inventata da Nietzsche per indicare il primato del mondo pulsionale. Nietzsche e Freud usano la stessa parola per designare le pulsioni: Trieb.
E, l'uso di definizioni nietzschiane nella terminologia freudiana non è casuale o isolato prestito. In una lettera a Fliess del 1° febbraio 1900, Freud dice: "Ho preso in mano Nietzsche dove troverò, spero, parole per moltissime cose che restano mute in me…".
Sopra: Friedrich Nietzsche;
sotto: pagina manoscritta
di "Cosi parlò Zarathustra"
(tratto dal libro: Nietzsche nei ricordi
e nelle testimonianze dei contemporanei
a cura di Claudio Pozzoli
edito da Biblioteca Universale Rizzoli)
D'altro canto, l'attrazione di Freud per Nietzsche datava da lungo tempo; in una lettera ad Arnold Zweig dell'11 maggio 1934, alla fine della sua vita Freud confessa: "Durante la mia giovinezza egli rappresentava per me una nobiltà fuori dalla mia portata. (...) Anche più tardi il mio atteggiamento nei suoi confronti è rimasto pressappoco il medesimo".
La significatività del sogno e il primato delle passioni sulla ragione nel governare le nostre scelte e la nostra vita è la conquista di entrambi: una conquista terribile ma da cui non si può prescindere. E, questo, proprio se si vuole conservare un controllo sulle pulsioni senza consegnarsi ad esse.
A questo proposito, un passo illuminante dello Zarathustra dice: "Il tuo Sé si burla del tuo Io e delle sue orgogliose pretese (…). Il Sé dice all'Io: Soffri adesso! Allora l'Io soffre. (…) Il Sé dice all'Io: Rallegrati adesso! Allora l'Io si rallegra."
Dunque il Sé sta dietro alla coscienza e la domina: "Domina ed è anche padrone dell'Io". Questo riconoscimento del primato dell'Es è indispensabile per Nietzsche e per Freud per poterne limitare i danni, per poter signoreggiare le proprie pulsioni. Come si vede dal poco che abbiamo evidenziato, "Nietzsche è l'individuo che da solo ha sollevato il livello complessivo dei nostri pensieri sulla vita, ed è riuscito a questo con un distacco prepotente dagli uomini e le cose che lo circondavano"3.
In questo, Nietzsche e Freud sono "inattuali" perché la loro percezione del loro tempo è così precoce e precisa da non poter essere condivisa dai loro contemporanei e, ancora, da molti dei nostri, i quali, di fronte al "terribile" che lo svelamento rivela, se ne ritraggono e corrono a rifugiarsi nell'ideologia, nelle fedi, nelle "certezze" della metafisica dove finiscono per addormentarsi.


1 Si veda, a questo proposito, il Capitolo sesto del libro di G. Campioni, Leggere Nietzsche, Pisa, ETS, 1992
2 E. Baumgarten, Max Weber. Werk und Person, Tübingen, 1964
3 G. Colli, Dopo Nietzsche, Milano, Adelphi, 1969, p.199

Montinari incontra Nietzsche