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  speciale 3+2  
Lettere e Filosofia

Nuove professioni per gli umanisti
di Gian Maria Varanini

Il sistema scolastico risultante dalle riforme impostate negli ultimi tre anni dai ministri Berlinguer e Zecchino prevede come è noto - dopo il ciclo dell'obbligo e il ciclo secondario, che secondo la legge recentemente approvata avranno una durata complessiva di 12 anni - i corsi di laurea triennali seguiti da un'eventuale laurea specializzata biennale (cui seguirà ancora un terzo momento della formazione universitaria, cioè il dottorato di ricerca). Le classi di laurea triennale prevedono 180 crediti: per ciascuna delle 41 classi, è nota - ferma restando la possibilità per le singole sedi di gestire autonomamente 60 crediti - la suddivisione di 120 crediti in ambiti scientifico-disciplinari di base, caratterizzanti, integrativi. Delle lauree specialistiche, che saranno conseguite dopo altri due anni di studio, è appena stato reso noto l'elenco definitivo.
Al settore umanistico, in senso lato, fanno capo sei-sette corsi di laurea triennale: discipline letterarie, scienze filosofiche, scienze storiche, discipline della mediazione linguistica, lingue e culture moderne, scienze dell'educazione e della formazione, scienze dei beni culturali, cui sono da aggiungere altri corsi che integrano la formazione umanistica con altre prospettive culturali: scienze geografiche (con forte apertura verso le scienze della terra e del territorio, nonché verso l'ambito matematico/informatico), scienze della comunicazione (che sottolinea le connessioni con l'ambito sociologico).
In breve spazio, è impossibile dare un quadro preciso di questi corsi di studio. In generale, si può partire dalla banale considerazione che rispetto ad altri campi (ingegneria, medicina, giurisprudenza, scienze matematiche, fisiche, chimiche...) il settore delle humanities è epistemologicamente molto più complesso ed intrecciato. L'obiettivo di fornire nel triennio al tempo stesso una formazione di base e una formazione, o almeno un orientamento, professionalizzante - obiettivo che è forse ragionevolmente perseguibile almeno in alcuni dei campi sopra citati - appare francamente molto ardito. Non potendo, o non volendo, creare sbarramenti all'accesso, nei corsi di laurea umanistici occorrerà perseguire una formazione di base, a cominciare da un consolidamento delle capacità espressive nella lingua italiana, in almeno una lingua straniera e da una alfabetizzazione informatica, per continuare poi con indispensabili competenze o "aperture" verso la dimensione storica, filosofica, letteraria, artistica. Ciò che caratterizza l'iter formativo nella humanities è proprio la duttilità, la capacità criticamente consapevole di coordinare e collegare.
Molto difficilmente questa formazione di base potrà convivere agevolmente con una formazione specialistica impartita nello stesso, ristretto periodo. Operando in regime di autonomia, la professionalizzazione andrà invece ricercata raccordandosi in maniera molto più intensa col territorio e proponendo in accordo con enti pubblici o privati stages, tirocini, corsi di formazione elastici e agili nelle strutture, in modo da mettere in grado i laureati triennali e anche quelli quinquennali di affinare e di rendere concreta, in una parola di mettere a frutto, la formazione di base conseguita: ad esempio nel settore dei beni culturali, delle comunicazioni e dei media, dell'informatica applicata ai beni culturali. Una parte di queste attività potrà eventualmente essere già valutata nel curriculum dello studente.
Tutto ciò appare tanto più importante, in quanto lo sbocco professionale costituito dall'insegnamento diventerà via via meno importante per il laureato in discipline umanistiche, pur restando - evidentemente - significativo. Al riguardo, va ribadito che solo valutazioni astratte, fatte da chi non conosce la situazione delle facoltà umanistiche italiane, possono far avanzare l'improponibile ipotesi dell'accesso ai corsi di specializzazione abilitanti per l'insegnamento da parte dei laureati provvisti della sola laurea triennale, una laurea che (come recita lo stesso testo ministeriale) fornisce conoscenze "solide ma elementari" delle varie discipline.
Una fase di intensa trasformazione attende dunque le facoltà umanistiche, sia per quello che riguarda la riorganizzazione interna della didattica, sia per quello che riguarda la ridefinizione dei profili professionali.