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Il Novecento è già storia?
Il concerto dell'Orchestra Haydn, diretta dal M° Diego Dini Ciacci, organizzato
dall'Opera Universitaria e dall'ateneo, ha aperto l'anno accademico 1999-2000


di Alberto Nones

È solo un film di Michael Winner, ma ad un certo punto un violoncellista agente della CIA se ne esce con una frase mica male: "L'Austria è l'unica signora che per accogliere gli ospiti si mette i vestiti vecchi", alludendo all'imperare nei concerti di autori come Mozart e Strauss, a discapito di Schoenberg, o Webern, o Berg.
L'Università di Trento, per l'apertura dell'anno accademico, ha indossato invece un abito all'ultimo grido, tutto novecentesco. A ben vedere, in realtà, il Novecento è già storia, e il suo suonare a molti orecchi ancora ostico è un segno della desuetudine della sua musica dalla nostra dieta quotidiana. Forse qualche studente ascoltava per la prima volta, al concerto dello scorso 4 novembre, la musica colta del nostro tempo, quell'universo parallelo al popolare che ha seguito passo dopo passo gli eventi, gli umori, le tragedie e i prodigi del secolo. Sarebbe un peccato continuare ad ignorare un simile serbatoio di cultura e di emozioni. Non andiamocene, come in Sartre, "vuoti e calmi, sotto un cielo inutilizzato"!
Nella musica del Novecento si trova di tutto: dal persistere e incunearsi e tornare come una marea del mondo romantico, per esempio in De Falla, che dipinge la Spagna folcloristica in chiave moderna; alla dimensione giocosa e colorata di un Copland; alle grottesche e fissamente oscillanti atmosfere di Berio, che nelle sue Folk-Songs, così specificamente diverse una dall'altra (direi etnicamente caratterizzate) e al contempo così armoniosamente intrecciate, ci dà un esempio del fascino della multiculturalità che sta dietro l'angolo (o è già tra noi, o c'è sempre stata e oggi fa solo più paura, perché amplificata).
Veniamo ora all'idea più nobile che l'Università di Trento e l'Opera Universitaria potessero avere in ambito musicale: commissionare al compositore trentino Nicola Strafellini un nuovo lavoro, che parlasse del Tempo, del venire del Tempo, dello scoccare dell'ora, dell'angosciata attesa che è sempre (e forse da sempre) nell'aria.
Alberto Nones, diplomato in pianoforte con 10 e lode presso il Conservatorio Bonporti di Trento, vincitore di concorsi pianistici nazionali, europei e internazionali, svolge attività concertistica e didattica ed è studente di Filosofia all'Università di Bologna.
Le commissioni musicali sono oggi piuttosto rare e per di più, quelle poche, sono spesso vacue, destinate a un pubblico intellettuale elitario, chiuso in un guscio; ma quando a muoversi è l'Università, bene, in quel momento a muoversi è la gioventù. Viviamo in una società utilitaristica, dove il metro di misura è sempre il vantaggio; consideriamo indispensabile la ricerca nel campo della medicina, della scienza, senza dubbio a ragione. Può sembrare quindi effettivamente ardito paragonare `O Kairòs di Strafellini ad un… vaccino, ad un… nuovo inceneritore; commissionandolo, l'Università ha donato qualcosa di ugualmente grande al pubblico di quel giovedì sera, così come al pubblico di infiniti giovedì futuri: una nuova opera d'arte.
Strafellini ci propone un tuffo nella dimensione-tempo, nell'emozione-tempo; una rinascita dell'uomo, quindi, assieme al tempo: dai primi istanti di vita, titubanti, fino al perentorio avvicinarsi della fine, o meglio del sentimento della fine. Chi ha visitato il duomo di Saint-Trophime ad Arles, capolavoro del romanico provenzale, ricorderà il magistrale bassorilievo che rappresenta il Giudizio Universale: il corteo di dannati spinto verso le fiamme dell'inferno e la processione degli eletti verso il Cristo, senza che un urlo di disperazione, né di giubilo, esca dalla pietra. Tutto si svolge con compostezza, con sobria bellezza medioevale, perché il Tempo è giunto. "S'aprono gli orizzonti/ il tempo è qui!", e ciò che sembrava una fine si svela come nuovo inizio. Così in Strafellini. Attraverso il suono, mezzo di comunicazione immensamente potente.
Musica, arte così inutile ed essenziale ad un tempo! Figura sempre più marginale nel panorama culturale, dove le sale registrano il "tutto esaurito" per uno spettacolo teatrale (giustamente) e stentano a riempirsi a metà per un concerto (incresciosamente), la musica, mousiké, l'arte delle muse, che del `O Kairòs è la regina, deve riconquistarsi oggi i favori degli uomini. Così come a partire dal VI-V sec. a. C., nel mondo greco, essa cessò d'essere appannaggio di esperti professionisti ed entrò a far parte del sistema educativo (la famosa paideìa), è il momento che essa ritorni nella scuola a tutti i suoi gradi di istruzione. E dalla porta principale. Perché la musica affina lo spirito.