La polvere che fa volare
Alda Merini: una vita in poesia
di Denise D'Angelo
È come quando qualcuno va dalla Merini e decide di lavarle i
vestiti perché è distratta.
E portano via la polvere che le piace tanto. Non so se esistano le
ali della farfalla, ma è la polvere che le fa volare. Ogni uomo ha le
piccole polveri del passato che deve sentirsi addosso, e che non deve
perdere. Sono il suo cammino. Anche in manicomio dicevano:
"Lavateli". No, io voglio sentirmi sporca,
sporcata anche dalla fama, d'altronde.
(Alda Merini, da
La pazza della porta accanto, Bompiani, Milano 1995)
Questa intervista ha costituito il filo conduttore del mio studio, volto a
verificare quanto la vita e il passato della
Merini avessero influenzato la sua poetica. Ho analizzato l'enorme "polvere"
presente sulle sue ali, a partire dai suoi ricordi d'infanzia, dai suoi amori, dal
manicomio. È sorprendente la naturalezza
con cui la poetessa riesce a parlare della terribile esperienza psichiatrica, e riesce
a trasformare la materia incandescente in polvere di stelle, in poesia pura.
Il suo ruolo di donna si trasforma durante il suo cammino, per diventare
di volta in volta figlia, moglie, madre, amante e soprattutto poeta. La Merini
è donna essenzialmente madre, in grado di partorire la sua poesia con dolore,
con sofferenza, odiandola a volte, a volte però amandola in modo mistico.
Questo processo creativo è vivo a partire già dai primi scritti di
Alda Merini, poco noti ai numerosi lettori d'oggi
perché editi nei primi anni Cinquanta e
spesso ormai introvabili.
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Di Alda Merini è appena uscito in libreria, per i tipi
della Einaudi, Superba è la notte, una raccolta di poesie
composte tra il 1996 e il 1999. Il volume è stato curato
da Ambrogio Borsani. |
Tutto il suo passato ritorna in ogni singola poesia, per cui non si può
prescindere da alcuna delle sue esperienze di vita. Ma la sua poesia salva i
ricordi, li riformula, li rivaluta, dandone un'immagine sacra e profana allo
stesso tempo. I versi salvano dai mille abbandoni quotidiani, dalle mille
solitudini dei Navigli, dalla morte di amori, amici, parenti. La poesia le regala
un rapporto unico con la madre, un'intesa speciale con le figlie, una
corrispondenza di amorosi sensi con Giorgio Manganelli e Michele Pierri.
La Merini nasce dal disordine, dal caos, e in esso trova fiori da
raccogliere, fiori poetici che esalano erotismo e misticismo,
tensioni e preghiera, irragionevolezza ed
equilibrio, delicata partecipazione alle vicende
spirituali della vita; nella sua polvere, nel magma della sua
mente riesce a scovare il fiore più casto
della sua poesia, e con esso sale verso ipotenuse di amore. La
poetessa, nata appunto in primavera, può lecitamente affermare che proprio
dalla polvere dell'inverno si traggono gli auspici del sole. Non a caso
l'ultima antologia delle opere della Merini si intitola
Fiore di poesia (Einaudi, Torino, 1998), a significare l'enorme
importanza del suo passato, delle sue sofferenze, delle sue
gioie, nello sviluppo di una più matura e
cosciente poetica.
Immersa nella palude dei sentimenti, Alda Merini viene
illuminata da ricorrenti deliri metaforici che
incidono mirabilmente sulla sua ispirazione poetica, ma strappano
inevitabilmente il suo tessuto razionale. I suoi libri sono una memoria personale e
collettiva dolorosa, ma sono anche elegie deliranti e sacrileghe, che trasformano
la realtà in poesia. Quest'ultima è la
sua preghiera laica e aspra sull'assenza di vita (o sulle vite rubate) e il tormento
delle figure e visioni sulle ceneri di un tempo senza futuro. È il suo vuoto d'amore
che insegue labirinti di grazia, sentimenti perduti di una poetessa che nel
silenzio dell'anima è fuggita dal mondo incapace di sostenere il suo amore
immenso. Un delirio amoroso, quindi, un innamoramento inconcluso, un
lunghissimo bacio all'eternità e un respiro di trascendenza. Sono parole
sparse come stelle e pensieri come gocce di rugiada che ogni mattino scrivono
sull'erba storie di cielo. E la Merini mi perdonerà se per parlare della sua vita
non potevo che usare le sue parole.
Denise D'Angelo mentre riceve il
Premio Internazionale Eugenio Montale, 5 giugno 1999. |
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Denise D'Angelo, bolzanina, si è
laureata a Trento nell'ottobre del 1998 in Lettere,
indirizzo classico. Nel giugno dello scorso anno
ha vinto il Premio Internazionale Eugenio Montale per la
sezione `tesi di laurea'. Facevano parte della giuria studiosi
illustri e personalità del mondo
letterario, come: Maria Luisa Spaziani (presidente), Giorgio
Bassani, Attilio Bertolucci, Marco Forti, Mario Luzi, Giovanni
Macchia, Geno Pampaloni, Goffredo Petrassi, Vanni Scheiwiller, Franco Loi, Sergio Zavoli. Il lavoro sulla Merini, il cui titolo è lo stesso dell'articolo qui pubblicato, ha avuto come relatrice Ada Neiger. |
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