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  come cambia l'università  

Partiamo dalle regole
di Lorenzo Fedel, rappresentante degli studenti in CdA e Senato accademico

Credo che, di fronte al grossissimo nodo dell'autonomia didattica che le università italiane si trovano di fronte, la prima e fondamentale richiesta degli studenti non possa che essere una: chiarezza. Perché, se da un lato a nessuno possono sfuggire le grandi potenzialità positive della riforma in cantiere, d'altra parte gli studenti sono anche i primi ad avere chiaro il sentore dei rischi che la cosa può comportare, visto che quei rischi incombono prima di tutto proprio su di loro.
Se autonomia dei singoli atenei per la definizione dei percorsi formativi può significare maggiore qualità dello studio, valorizzazione piena delle risorse particolari di ogni sede, sinergia con il territorio, va detto che quella stessa autonomia, usata male, può creare disastri. Il rischio maggiore, evidentemente, è che nascano percorsi di studio fatti totalmente "su misura" dei docenti più prestigiosi, senza considerare che restano comunque delle esigenze minime di una formazione comune. (Tanto per fare un esempio: la nostra Facoltà di Giurisprudenza ha una forte propensione per gli studi comparatistici, e ad essi si dedica buona parte dei suoi docenti, ma non può certo pensare che l'autonomia didattica le permetta di insegnare solo il diritto comparato). Chiarezza, dunque, come esigenza primaria. Il che significa, prima di tutto, trasparenza nelle scelte: che cosa mettere nei piani di studio dovrà essere deciso alla luce del sole, e alla decisione dovranno partecipare anche i primi interessati, e cioè gli studenti. Ma chiarezza significa, anche, chiarezza di regole: ovvero, come da tempo chiedono i rappresentanti degli studenti, approvazione dei tanti regolamenti previsti e mancanti, primi fra tutti quello generale e quello didattico di ateneo.