IL CINEMA DELLA MEMORIA

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Alla Facoltà di Giurisprudenza un ciclo di film per riflettere con studiosi ed esperti sulla nostra storia recente
di Maurizio Cau ed Elisabetta Pederzini

Il progetto Diritto e cinema è nato dal pensiero che qualunque sistema giuridico non è per così dire ‘autosufficiente’, ma è indissolubilmente legato a valori, principi e orientamenti ideali imperanti nella società di cui è espressione. Se il discorso giuridico non è in grado di reggersi autonomamente, se “il problema del diritto è problema di ogni uomo e si pone quotidianamente a ciascuno di noi” vale forse la pena, come indicava già a metà del secolo scorso Tullio Ascarelli, insigne giurista e grande ‘visionario’, simbolizzarne i termini ricorrendo ‘prima che ai dotti, ai saggi e, ancor prima che agli studiosi, ai poeti’. Nel corso dei decenni il cinema è divenuto uno dei territori privilegiati della riflessione che l’arte proietta sul mondo e quindi ci è parso naturale utilizzarlo come strumento di esplorazione di processi che, su altre basi e con diversi strumenti, lo stesso giurista è chiamato ad analizzare.

Nata nel 2005 come rassegna serale per pochi cinéphiles, divenuta nel 2008 parte integrante dell’offerta didattica della Facoltà di Giurisprudenza, l’iniziativa si è sviluppata intorno all’idea secondo cui anche il film, come modalità rappresentativa della realtà, può offrire un contributo alla conoscenza delle più intime strutture del fenomeno giuridico rivelando, come in uno specchio, la percezione sociale diffusa del diritto, il modo nel quale il diritto è “sentito”, vissuto o addirittura subito dalla collettività.

L’edizione di quest’anno è nata dal fruttuoso sodalizio con Memoria e Diritto, un progetto nato con l’obiettivo di porre l’attenzione su alcuni dei passaggi maggiormente critici della storia del nostro Paese, al fine di riflettere sui principi intorno a cui la vita costituzionale italiana si è andata strutturando. Da questa collaborazione ha preso forma Memoria Diritto Cinema. Frammenti di un discorso italiano, che ha inteso indagare alcuni dei nervi lasciati scoperti dalla storia italiana del secondo Novecento e che continuano a interrogare la sensibilità del giurista. 

Grazie al coinvolgimento di studiosi, operatori del diritto e intellettuali di varia formazione e provenienza disciplinare (filosofi, architetti, giornalisti, storici) chiamati a dialogare con pagine più o meno note del cinema italiano contemporaneo, si è dunque cercato di dare forma a un viaggio tra le pieghe più tragiche e vischiose della storia nazionale. Nel corso degli incontri l’attenzione si è posata, in particolare, sull’eco plumbeo degli anni della violenza politica e del complesso rapporto tra verità storica e verità giudiziaria che la stagione del terrorismo ci ha restituito, sul rapporto di lungo corso tra l’universo criminale mafioso e il sistema politico italiano, sulle ferite che l’abusivismo edilizio e una gestione spesso dissennata del territorio hanno inferto al paesaggio - naturale, civile e sociale - italiano, sulla complessa e tormentata definizione di una (spesso inadeguata) politica di governo delle migrazioni che hanno segnato e attraversato, negli ultimi decenni, il Paese, e, ancora, sul confine talvolta assai labile tra il mantenimento dell’ordine pubblico e la sospensione delle garanzie dei diritti.

Si è guardato al cinema per recuperare, almeno in parte, la memoria di vicende e problemi che nel caso italiano non sono riusciti a divenire parte integrante di quella memoria sociale e collettiva intorno a cui si cementano le comunità politiche. 

Il crescente interesse nei riguardi dell’iniziativa sembra confermare che l’azione di “pulizia dello sguardo” che il buon cinema riesce a favorire costituisce un’ottima occasione di riflessione per coloro che il diritto maneggiano, e che, come ricordava pochi anni fa Francesco Galgano, dovrebbero talvolta “disimparare quella formale nozione del diritto alla quale essi, o molti di essi, sono stati educati”.