PUNTO, LINEA, SUPERFICIE: SPERIMENTARE LO SPAZIO

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A Rovereto un workshop internazionale organizzato dal Centro Mente Cervello dell’Università di Trento
Intervista di Michela Malfatti a Liliana Albertazzi

Dal 19 al 22 febbraio 2012 si è tenuto a Rovereto il workshop “Science of Experiential and Qualitative Spaces”, promosso dal centro Mente Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento, il cui punto focale è stata la discussione sullo sviluppo di una scienza dei fenomeni qualitativi nella percezione e nella mente. Ne abbiamo parlato con Liliana Albertazzi, principal investigator al CIMeC e professore associato presso la Facoltà di Scienze Cognitive dell’ateneo. La professoressa Albertazzi, insieme a Fulvio Domini (IIT, e Brown University), è stata l’organizzatrice dell’evento.

Liliana AlbertazziProfessoressa Albertazzi, perché il CIMeC ha promosso una serie di workshops dedicati all’analisi degli spazi esperienziali e qualitativi? In che cosa consistono questi spazi?
Il CIMeC ha risposto all’esigenza da parte di diversi settori di ricerca di far luce su aspetti della percezione legati a fenomeni qualitativi. Al di fuori degli studi di percezione, sono settori di grande valenza applicativa come computer graphics, virtual reality, biotechnologies, embeddedrobotics e design. Si tratta di aspetti che usualmente rimangono al margine delle ricerche psicofisiche e neurofisiologiche, che hanno carattere eminentemente quantitativo.

Quali sono le difficoltà che si incontrano nello sviluppare una scienza dei fenomeni qualitativi?
Non c’è ancora un modo diretto per affrontare i fenomeni qualitativi. Da individuare sono i metodi di analisi e di misurazione, così come gli algoritmi di modellizzazione. Manca anche una geometria dello spazio in cui appaiono i fenomeni. Questo spazio non è strettamente euclideo, come dimostrano le molte forme delle cosiddette illusioni percettive, e la natura dei suoi stessi elementi primitivi (non euclidei). Non si pensa mai, per esempio, che i punti e le linee, per essere visti, debbano avere necessariamente colore e dimensione e che le superfici appaiano come un involucro dell’oggetto che ricoprono e da cui non sono percettivamente separabili.

Non ci sono mai state in precedenza analisi di questo tipo?
Analisi come queste rientrano in una fisica percettiva dello spazio esperito o in una fisica antropocentrica. C’è stato qualche tentativo in questo senso: per esempio, in matematica la “Darstellende Geometrie” di Hjelmsev, in studi di intelligenza artificiale la naïve physics, ma non hanno avuto seguito, principalmente a causa delle assunzioni di partenza. Costruire una geometria dello spazio visivo esperienziale vuol dire cominciare a dibattere sulla natura dei suoi elementi primitivi, come è stato fatto al workshop. 

Il titolo ricorda un famoso scritto di Kandinsky “Punto, linea, superficie” Si tratta di un caso?
Il riferimento è intenzionale, per la stretta relazione tra spazio visivo e spazio pittorico. Negli ultimi anni gli scienziati della visione si sono spesso occupati dello spazio pittorico, che ha molte caratteristiche in comune con il visual field. Queste analisi hanno contributo a evidenziare alcune caratteristiche qualitative dello spazio visivo, come profondità, distanza e curvatura di una superficie. È stato dimostrato scientificamente che non tutti vediamo allo stesso modo e che, per esempio, nel vedere, non esistono piani euclidei. La ricerca, sviluppata in particolare da Jan Koenderink, è anche nel focus di Christopher Tyler, tra i massimi scienziati della visione e ambedue relatori al workshop. La discussione sulla stretta relazione tra i due tipi di spazi ha avuto un momento colloquiale nell’incontro al Mart con il pittore berlinese Louis Busman , che ha raccontato il suo modo di vedere e di dipingere ciò che vede.

Come possono essere ricollegati questi studi alle ricerche in ambito neurofisiologico?
Queste analisi sono importanti anche per gli studi di neuroscienze, in particolare per le ricerche in ambito di sensory substitution, come è stato messo in evidenza da Shinsuke Shimojo, che ha mostrato situazioni straordinarie. Per esempio, individui divenuti prematuramente ciechi, dotati di sistemi di sostituzione sensoriale di ultima generazione basati su stimoli auditivi, riferiscono l’esperienza di vedere e riconoscere oggetti semplici, che vengono loro presentati. Sono già in fase di progettazione al CIMeC due progetti con Shinsuke Shimojo.