LA PASTORIZZAZIONE DEGLI ALIMENTI CON ANIDRIDE CARBONICA

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Un gruppo di ricercatori dell’ateneo vince il premio Lauro Ferrarini per uno studio nel campo dell’ingegneria alimentare
di Sara Spilimbergo e Giovanna Ferrentino

Il premio Lauro Ferrarini, alla sua prima edizione, è stato assegnato a un gruppo di ricercatori trentini, del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e Tecnologie Industriali (DIMTI) e della Facoltà di Ingegneria, grazie ad uno studio di fattibilità del processo di pastorizzazione del prosciutto cotto attraverso l’uso di anidride carbonica allo stato supercritico. Il gruppo vincitore è costituito dall’ingegner Giovanna Ferrentino, assegnista post-doc, e dalla dottoressa Sara Balzan, borsista, che hanno seguito rispettivamente la parte impiantistica della sperimentazione e le analisi microbiologiche, dall’ ingegner Andrea Dorigato, assegnista post-doc coordinato dal professor Alessandro Pegoretti, che ha curato le analisi di consistenza e dall’ingegner Sara Spilimbergo, ricercatrice confermata che ha coordinato l’intero studio.

La giura esaminatrice ha definito il progetto “[…] un lavoro che affronta con tecnologia innovativa ed originale, almeno per il settore del prosciutto cotto, una tematica di primaria importanza ed attualità per i produttori, quale quella della conservazione del prodotto in termini sia di tempo, sia di mantenimento delle caratteristiche organolettiche”. 

Lo studio specifico fa parte di un progetto di più ampio respiro, che da oltre dieci anni, l’ingegner Sara Spilimbergo sta conducendo nell’ambito dell’ingegneria alimentare: la ricerca di un processo alternativo a quello termico per la pastorizzazione di substrati alimentari, sia liquidi che solidi. È noto infatti che il tradizionale processo termico, attualmente utilizzato per l’abbattimento di cariche microbiche presenti nei cibi, e quindi per l’aumento della loro shelf-life, pur garantendo la sicurezza igienica, compromette le caratteristiche sensoriali, qualitative e nutrizionali dei prodotti stessi.

Per questo motivo da qualche decennio si stanno mettendo a punto nuove tecniche innovative, che non utilizzano il calore come forza motrice del processo, ma, ad esempio, l’uso di campi elettrici pulsati, ultrasuoni, microonde, pressione idrostatica. Tra queste, l’uso di fluidi allo stato supercritico sembra costituire una delle opportunità più promettenti per uno sviluppo futuro su scala industriale. 
Il primo lavoro sistematico dell’impiego dell’anidride carbonica in campo microbiologico come agente battericida risale al 1987 quando un ricercatore giapponese dimostrò che il trattamento con CO2 allo stato supercritico (pressione e temperatura sopra il valore critico, rispettivamente di 73 bar e 31°C) era efficace nell’abbattimento di diversi ceppi di batteri e lieviti in soluzione acquosa. 
Da allora, molti autori hanno confermato l’efficienza del processo applicato a diversi prodotti liquidi (succhi di frutta, birra, latte ecc.) in quanto, oltre a garantire un elevato tenore di sicurezza, non penalizza i più importanti fattori chimico/fisici che determinano la qualità complessiva dei prodotti stessi.
 
Presso il laboratorio di Ceramurgia del DIMTI, l’ingegner Sara Spilimbergo si occupa da anni dello studio di questa tecnologia, mettendone alla luce non solo le potenzialità applicative ma anche i meccanismi biologici e chimici che stanno alla base del processo stesso, ed è diventata il punto di riferimento in questo settore di ricerca a livello internazionale. 
 
Recentemente è stato messo a punto un impianto, così detto multi-batch, che permette di svolgere la sperimentazione in maniera veloce e sicura: consiste in dieci reattori termostatati di un volume di 15cc ciascuno, resistente alle alte pressioni. Prima e dopo la prova sperimentale il prodotto viene analizzato microbiologicamente, attraverso conta su piastra per determinare il grado di abbattimento in funzione delle condizioni operative di tempo, temperatura e pressione. Il lavoro condotto in questi anni ha prodotto risultati scientificamente degni di nota, pubblicati in diverse riviste internazionali referenziate e ha permesso, tra l’altro, all’ingegner Spilimbergo di essere designata, nel 2007, come vincitrice della prima edizione di un altro premio alla ricerca in campo alimentare, “Premio alla ricerca Montana”. Dal 2010, grazie ad un finanziamento dalla Comunità europea, il gruppo di ricerca sta sviluppando un progetto, che si focalizza sulla pastorizzazione di substrati solidi, in particolare ai cibi così detti ready to eat. 
 
Gli affettati, tra cui il prosciutto cotto, fanno parte di questa categoria di alimenti, che, a partire dagli anni '90, hanno conquistato in breve tempo un ampio settore di mercato soprattutto grazie al miglioramento del tenore di vita, all’aumento del reddito, alla crescita dell'occupazione femminile e alla necessità sempre maggiore dei lavoratori di acquistare alimenti pratici e veloci da consumare. 
I prodotti a base di carne ed in particolare il prosciutto cotto, confezionati dopo essere stati affettati, possono subire contaminazioni microbiologiche a livelli che raggiungono le 10-103 ufc/g (unità formanti colonie per grammo di alimento). Nel caso specifico del prosciutto cotto, questa contaminazione è notevole a causa dell’alta attività dell’acqua (0.92 - 0.95) e del pH neutro (6.0 - 6.5) che costituiscono elementi favorevoli alla proliferazione di particolari specie microbiche quali Lactobacillus, Leuconostoc e, in generale, bacilli psicrotrofi gram negativi ed enterobatteri tipici della sua flora naturale. La crescita di queste popolazioni batteriche produce una degradazione (variazione di colore, odore e sapore) del prodotto il quale non risulta più adatto alla vendita e al consumo.
Lo studio proposto ha dimostrato chiaramente come il processo con anidride carbonica supercritica, sia efficace come tecnica di pastorizzazione a bassa temperatura del prosciutto cotto. Alcuni aspetti devono ancora essere approfonditi nel dettaglio, tuttavia i promettenti risultati dimostrano come la tecnologia presenti concrete potenzialità per essere sfruttata e prevedere in un futuro prossimo lo sviluppo su scala industriale.