DISAGIO PSICHICO E INSERIMENTO AL LAVORO

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Una ricerca delle università di Trento e Sherbrooke presentata a Rovereto in occasione di “Educa 2011”
di Patrizia Villotti e Franco Fraccaroli

Da anni “Educa”, incontro nazionale sull’educazione che si svolge a Rovereto, offre alla cittadinanza l’opportunità di riflettere su che cosa vuol dire educare, spaziando da tematiche inerenti il mondo scolastico, fino a toccare temi trasversali quali la disabilità ed il mondo del lavoro. Tematica di interesse clinico oltreché sociale: avere un lavoro è difatti importante per la salute mentale delle persone, rende partecipi alla società, aumenta l’autostima, offre l’opportunità di relazionarsi con gli altri e struttura lo scandire della vita quotidiana. Il lavoro è inoltre uno dei modi più efficaci per contrastare l’esclusione sociale di persone che soffrono di malattia mentale dalla loro comunità di appartenenza e per aiutarli nel loro processo di guarigione. All’interno di questa tematica l’Università di Trento ha presentato, durante una delle tre giornate che hanno dato forma all’edizione annuale di “Educa”, i principali risultati di una ricerca condotta sul tema dell’integrazione lavorativa di persone con disagio psichico. L’evento ha visto la partecipazione di Franco Fraccaroli e di Paola Venuti, docenti dell’Università di Trento, Michele Colasanto, Banner Educa 2011docente presso l’Università Cattolica di Milano e presidente dell’Agenzia del Lavoro della Provincia autonoma di Trento, e diversi rappresentanti di realtà cooperative regionali e interregionali che hanno preso parte ad una vivace tavola rotonda gestita da Michele Odorizzi, presidente della Federazione della Cooperazione Trentina.

Lo studio, portato avanti dal Dipartimento di Scienze della Cognizione e della Formazione in collaborazione con l’Università di Sherbrooke in Canada e supportato localmente dal Comune di Rovereto e dalla Federazione della Cooperazione Trentina, ha avuto durata triennale ed ha visto coinvolte più di 300 persone affette da disturbo psichiatrico. L’indagine è stata pensata da un team transdisciplinare ed internazionale con lo scopo generale di conoscere i fattori che possono favorire o inibire l’integrazione lavorativa di una popolazione certo svantaggiata, ma non per questo incapace o inadatta al lavoro, e che può trovare all’interno della cooperazione sociale un luogo privilegiato di accesso al mondo del lavoro. Il mondo del lavoro competitivo per questa popolazione di persone è ancora oggi infatti estremamente difficile, a causa di forti pregiudizi e discriminazioni. Tali difficoltà si traducono in altissime percentuali di disoccupazione, numeri che eccedono grandemente quelli della popolazione generale e di persone affette da disabilità fisiche.

La ricerca condotta ha invece evidenziato un quadro complessivamente positivo della realtà della cooperazione sociale nell’aiutare queste persone ad inserirsi al lavoro e a mantenerlo nel tempo, successo dovuto anche alla messa a disposizione di numerosi accomodamenti organizzativi e risorse di supporto sociale. Nello stesso tempo, si è registrato un consistente impegno verso il lavoro, una elevata intenzione a mantenere la propria occupazione e una cultura del lavoro positiva da parte dei lavoratori intervistati. In particolare, i partecipanti alla ricerca hanno riportato di vedere nello svolgimento dei propri compiti lavorativi una fonte di gratificazione ed orgoglio. La ricerca ha inoltre evidenziato come sia l’intreccio complesso di fattori organizzativi (come è organizzato il lavoro, quali sono le forme di supporto previste, quali i compiti svolti) e individuali (livello di disagio psichiatrico, supporto famigliare) ad influenzare i progetti futuri di permanenza nel luogo di lavoro, e quanto sia quindi importante tenere in considerazione nello sviluppare strategie di integrazione lavorativa non solo variabili di tipo individuale, ma anche sociali ed organizzative.

In conclusione, la ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze della Cognizione e Formazione dell’Università di Trento ha fornito stimoli di discussione ed elementi di spunto per meglio comprendere come le persone svantaggiate in generale e le persone con disturbo psichiatrico in particolare vivono l’esperienza lavorativa. Tali conoscenze sono necessarie per individuare strategie ed interventi volti a facilitarne l’accesso al lavoro e il mantenimento lavorativo, una sfida che al giorno d’oggi è sempre più pressante ed imponente, visti gli elevati tassi di disoccupazione ed i relativi costi in capo alla società. Una maggiore sensibilizzazione circa le esigenze professionali dei lavoratori con disturbi psichiatrici può sicuramente favorire lo sviluppo di alternative e possibilità diversificate che consentano la crescita degli individui nel rispetto delle singole specificità e nello stesso tempo può facilitare l’individuazione anticipata di possibili situazioni critiche prevenendo discriminazioni e stigmatizzazioni.
I risultati della ricerca condotta sono stati presentati all’interno di alcuni convegni nazionali ed internazionali e sono più ampiamente consultabili all’interno di riviste scientifiche di rilievo internazionale, come lo “Psychiatric Rehabilitation Journal” e il “Canadian Journal of Psychiatry”.