Riva del Garda (particolare)

STATISTICA E ANALISI DELLE RETI

in
La riflessione metodologica di Tom Snijders, docente alle Università di Oxford e di Groningen
di Mario Diani
Approfondimento: 

Dal 29 giugno al 4 luglio a Riva del Garda si è svolta la conferenza Sunbelt, promossa dall’International Network for Social Network Analysis (INSNA) e ospitata quest’anno dall’Università di Trento. La keynote lecture è stata tenuta da Tom Snijders, professore di statistica e metodologia all’Università di Oxford e all’Università di Groningen. Il titolo dell’intervento è stato “Treasures and tensions - the alliance between social network analysis and statistics?” Di questo, e più in generale degli sviluppi recenti dell’analisi delle reti, abbiamo parlato con il professor Snijders.

Sebbene utilizzi ampiamente metodi quantitativi e modelli matematici, l’analisi delle reti sociali non ha avuto una relazione semplice e lineare con la statistica. Data la tua posizione di professore di statistica con un grande interesse per le reti sociali, ti trovi nella posizione ottimale per tentare di unire questi due campi. Come arrivare a questo risultato era al centro del tuo intervento a Riva del Garda. Puoi ricordarci, prima di tutto, le ragioni principali per cui analisi delle reti e statistica non sono automaticamente integrabili?

Il metodo statistico si concentra sulla distribuzione di determinate proprietà in un numero di casi, mentre l’analisi delle reti si focalizza sulle relazioni tra gli elementi costitutivi di una data popolazione. Inoltre, la statistica inizia prelevando campioni da una popolazione e quindi testando la possibilità di estendere i risultati generati dai campioni alla popolazione. Opera sulla supposizione dell’indipendenza tra le unità dei campioni, in quanto i valori assunti da un caso su una qualsiasi variabile non possono condizionare in alcun modo i valori di altri casi sulla stessa variabile. Diversamente, l’analisi delle reti sociali non è interessata a studiare generiche popolazioni, bensì sottogruppi specifici al loro interno (per esempio, chi adotta determinati stili di vita, persone che soffrono di una certa condizione medica, o che sostengono una certa causa politica); ha solitamente un interesse limitato nell’estendere i risultati di questi gruppi specifici all’intera popolazione e, infine, riconosce esplicitamente che questi casi non sono indipendenti. Per esempio, il coinvolgimento di un attore in legami con certi attori condiziona in modo significativo la possibilità di legami con altri attori facenti parte della stessa popolazione. Queste sono le fonti principali delle “tensioni” a cui mi sono riferito durante il mio intervento.

Cos’è stato fatto per superare queste tensioni e realizzare un’unione più fruttuosa tra statistica e analisi delle reti?

Dagli anni ’80 sono stati fatti molti progressi. È difficile riassumere in poche parole tutte gli importanti contributi, vorrei comunque segnalare lo sviluppo di modelli che spiegano le configurazioni di reti specifiche tenendo in conto principalmente, sebbene non esclusivamente, le proprietà delle stessi reti in fasi precedenti (i cosiddetti “effetti endogeni”). Esempi di questa linea di lavoro sono i grafi di Markov, sviluppati da Frank e Strauss negli anni ’80, i modelli p* sviluppati negli anni ’90 da Wasserman, Pattison e altri, e più recentemente la famiglia più ampia dei cosiddetti Exponential Random Graph Models. Il mio lavoro si è sviluppato, perlopiù, all’interno di questa linea di ricerca, prestando particolare attenzione all’elaborazione di tecniche e modelli per l’analisi longitudinale dei network.

Quali sono a tuo avviso le prossime sfide per l’analisi delle reti sociali? In particolare, il modo di pensare in rete come influenzerà il nostro utilizzo dei dati delle scienze sociali?

Dobbiamo innanzitutto capire che abbiamo bisogno di un cambiamento nel modo in cui intendiamo la spiegazione. E’ certamente possibile focalizzarsi solamente sui miglioramenti nella quantità di varianza spiegata che si possono avere dall’introduzione delle variabili recedi rete nei modelli standard delle scienze sociali. Ma questo non sarebbe sufficiente. Ci dobbiamo davvero chiedere, invece, come gli attori scelgano le loro reti, per esempio, come finiscano per essere collegati a determinati ambienti sociali piuttosto che ad altri. Solo al passo successivo dobbiamo chiederci in che senso queste particolari configurazioni di rete possono interessare le prospettive degli attori ed il loro comportamento. Certamente i legami sociali sono determinati dalla classe, dal genere, dalle origini etniche e territoriali, ma ci sono margini di autonomia anche per gli attori. In questo senso, come la teoria del capitale sociale ha lungamente suggerito, le reti possono essere fruttuosamente viste sia come variabili dipendenti che indipendenti. Le nostre relazioni hanno effetto su di noi, pertanto, proviamo attivamente a “migliorare” le nostre reti concentrandoci sulla costruzione di certi legami a discapito degli altri.

Come pensi procederà l’integrazione dell’analisi delle reti sociali con la statistica?

Posso predire fiduciosamente che ci sarà un interesse crescente nello sviluppo degli studi delle reti multilivello, che ci permettono di tenere in conto l’impatto variabile di differenti scenari sociali nelle dinamiche delle reti. Mi aspetto anche che venga data una maggiore attenzione ai modelli dedicati allo studio di reti di ampie dimensioni. Allo stesso modo, sono ben consapevole dei rischi associati al crescente utilizzo delle tecniche statistiche, in particolare al loro uso meccanico. Temo che le persone potrebbero lavorare in modo acritico con i modelli statistici, dimenticando concetti e approcci tradizionalmente associati all’analisi delle reti. Ciò di cui abbiamo bisogno, comunque, è una combinazione delle due, per mantenere l’interesse su problemi essenziali ma dando maggiore attenzione di quanto non sia stato fatto in passato al grado in cui certi modelli rappresentano i dati empirici. Un’altra area di sviluppo che ritengo cruciale ha a che fare con lo sviluppo di software appropriati ai modelli di analisi di rete. Io stesso mi sono impegnato molto in questa direzione, con lo sviluppo del pacchetto “Siena” per l’analisi longitudinale delle reti, e intendo continuare a farlo nei prossimi anni.

 

* Traduzione di Sara Curzel, stagista presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell'Università di Trento.

[Nella sezione "Approfondimenti" è disponibile la versione in lingua originale inglese]