RELIGIONI E SOCIETÀ MODERNA: IL CASO LUBICH

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Una riflessione sui movimenti religiosi a partire dal convegno promosso dall’ateneo su Chiara Lubich fondatrice dei Focolari
di Salvatore Abbruzzese
Approfondimento: 

I movimenti religiosi sono rivelatori efficaci di una cultura che attraversa e caratterizza le società nelle quali si affermano. Attraverso questi, e nella cornice più generale della relazione con la divinità, la sociologia vi ha sempre visto il manifestarsi di forme di legame sociale che consentono di ricucire una solidarietà sociale costantemente compromessa. Un tale aspetto, proprio in ragione della sua evidenza, ha finito spesso con il costituire l’unica cornice di comprensione della sfera religiosa, come se al di là di una tale funzione di solidarietà, poco o nulla di socialmente rilevante potesse essere colto.
Ciò che spesso si tralascia e resta invisibile, non solo al senso comune ma anche a gran parte degli studiosi, è la capacità da parte della dimensione religiosa e quindi di questi stessi movimenti che ne rappresentano la messa in opera sul piano sociale, di funzionare da laboratori di innovazione, attuando modelli di relazione e di azione che finiscono per avere ripercussioni non marginali nelle società e nelle culture in cui si affermano.
Il movimento monastico, nelle sue variazioni e nelle innumerevoli forme dell’utopia praticata attraverso le quali si è imposto, costituisce l’esempio maggiormente visibile di quanto questi processi possano essere ampi e possano contaminare tanto i modelli di convivenza e di relazione, quanto i processi politici e quelli economici.

La dimensione innovativa dei movimenti religiosi diventa tanto più importante quanto più, con l’affermarsi del mondo moderno, l’esigenza di riedificazione della vita interiore tende ad interessare anche i laici. E’ a partire dalla Riforma, che la razionalizzazione dell’esistenza del monaco, fondata su di un controllo metodico dei tempi quotidiani e delle forme di relazione, tende ad uscire dai conventi per avviare processi inattesi nella società e nell’economia dell’Occidente.
Sarebbe un errore limitarsi al solo universo protestante e alla sola analisi dello spirito d’intrapresa. In realtà il desiderio di una “personalità etica unitaria” - così pregevolmente analizzato da Weber - va ben al di là delle espressioni della spiritualità calvinista, per rivelarsi interno anche alla tradizione cattolica.
L’edificazione di una razionalizzazione della vita quotidiana, volta ad una presenza efficace nel mondo con funzioni di testimonianza e di evangelizzazione, non costituisce solo il principio operativo che animerà le prime congregazioni religiose, ma sarà anche alla base dell’edificazione di una spiritualità laica non priva di forti ricadute operative, come mostrano le confraternite e i terz’ordini.

È a partire dalla tradizione del terz’ordine francescano che va inquadrato il motore spirituale che alimenta l’azione travolgente di Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari, attualmente diffuso in 182 paesi con oltre due milioni di aderenti.
La spiritualità francescana originaria di Chiara trova negli avvenimenti della seconda guerra mondiale la provocazione concreta, a partire dalla quale inizia a declinarsi nella costituzione di un movimento specifico. La guerra, colta come esperienza personale e diretta di confronto con la violenza sistematica e radicale dell’azione bellica, alimenta la ricerca di un principio radicalmente alternativo, in grado di legittimare una cultura diversa.
L’esigenza di fraternità radicale edificata, a partire dalla lettura quotidiana delle scritture e dall’esercizio sistematico delle opere di carità, alimenta all’inizio un primo nucleo comunitario. Ma questa è anche alla base di una lettura alternativa della realtà che diviene proposta di vita. Al principio evangelico del vivere quotidianamente la dimensione della condivisione e della preghiera si aggiunge, nel corso degli anni, la centralità del principio dell’unità, che finisce per costituire l’elemento cardine del movimento, quello che gli consente di fare del dialogo con l’altro il proprio criterio discriminante.

Non può passare inosservato il carico innovativo di un tale criterio. Alla fine della seconda guerra mondiale ed all’alba della costituenda società dei consumi di massa, Chiara Lubich porta l’utopia della vita in relazione con l’altro ad essere criterio decisivo dell’esistenza sociale. Nulla di più controcorrente all’indomani di un tramonto radicale e senza resti di qualsiasi legame comunitario e alla vigilia del trionfo di una soggettività consumista, intrinsecamente rivolta alla costante acquisizione di beni.
L’altro, per Chiara Lubich, è portatore di una dimensione di vita e di una pienezza dell’esistere che arricchisce chiunque lo sappia incontrare e rispettare. Una tale antropologia è fondata su di un presupposto divino: la discendenza da un unico Padre e la preghiera del Dio incarnato, affinché tutti diventino “uno”.
Il riferimento evangelico consente ad una tale prospettiva di lavorare ai fianchi della società moderna, contestandone l’individualismo dominante e producendo costantemente frammenti di dialogo con l’altro, credente o meno, in quanto figlio dello stesso Padre.
In un’epoca come quella contemporanea, nella quale il dialogo e il confronto sono costantemente insidiati da una cultura del conflitto e dalla consapevolezza delle differenze, la prospettiva disarmante dell’amore universale promossa dal Movimento dei Focolari, costituisce una provocazione e una risorsa.