LA POLITICA IN ITALIA E NEGLI STATI UNITI

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Conversazione con Joseph La Palombara sui problemi e le dinamiche che i due paesi devono affrontare per salvaguardare la democrazia.
di Marco Brunazzo

Lo scorso 8 febbraio la Scuola di studi internazionali ha ospitato Joseph La Palombara, che ha presentato il suo ultimo libro “Stati Uniti? Italia e USA a confronto” (Rubbettino, 2009), scritto con Luigi Tivelli. La Palombara, oltre ad essere conosciuto come uno dei massimi studiosi della politica italiana, è Arnold Wolfers Professor Emeritus of Political Science and Management presso l’Università di Yale,

Professor La Palombara, se non sbaglio lei non è a Trento per la prima volta.

In effetti si tratta della seconda volta. La prima volta venni qui all’inizio degli anni Settanta e trovai una città molto diversa. La Facoltà di Sociologia era occupata. Ricordo che feci la mia lezione in una birreria con moltissimi studenti accorsi a cercare di capire gli Stati Uniti. Probabilmente molti di loro pensavano fossi un agente della CIA venuto a vedere cosa stava succedendo in Italia.

Veniamo al suo ultimo libro. Perché lo ha scritto?

Le ragioni sono curiose. Si tratta, in buona sostanza, di uno “scherzo” che mi ha fatto Luigi Tivelli, che ha proposto il libro all’editore Rubbettino senza che ne sapessi nulla. In esso abbiamo raccolto le nostre riflessioni sulla politica italiana e americana, cercando di fare un libro scorrevole soffermandoci sulle criticità, ma anche sulle potenzialità dell’Italia e degli USA, sulle lezioni che un paese può imparare dall’altro. Si tratta di un libro in cui non c’è una sola citazione di altri lavori. Lo abbiamo scritto pensando al cittadino interessato a capire i problemi che i due paesi devono affrontare per mantenere coerente e intatto il loro sistema democratico.

Quali sono questi problemi?

In generale direi che vi è una crisi della democrazia schumpeteriana, ossia della democrazia rappresentativa. Nel libro ci concentriamo su alcuni problemi comuni entrambi i paesi e su altri specifici di ciascuno di essi. Il potere esagerato degli esecutivi rappresenta un problema in entrambi. Negli USA si parla spesso di una “presidenza imperiale”: che cosa questa espressione volesse dire, lo si è visto con Nixon e anche dopo gli attentati dell’11 settembre. In Italia, la crescita dei poteri dell’esecutivo si vede principalmente nell’aumento (a mio avviso molto problematico) della legislazione per decreto. Per quanto riguarda gli aspetti specifici, negli USA è oramai un problema drammatico la mancanza di assicurazione sanitaria per 50 milioni di cittadini, la situazione disastrosa delle scuole ed il potere delle lobby. Per quanto riguarda l’Italia, il mio co-autore direbbe che il problema fondamentale riguarda l’esistenza di partiti senza una posizione definita e univoca su tematiche importanti.

Gli USA hanno dimostrato, e continuano a dimostrare, una grande capacità di innovazione. La vittoria del presidente Barack Obama, per esempio, ha permesso di superare in modo molto netto gli anni della presidenza di George W. Bush. È questa una lezione per l’Italia?

Negli USA è importante come si schierano coloro che non si identificano né con i repubblicani né con i conservatori. Sono loro che spingono i politici a riformare il sistema, a rivedere il passato, a mettere mano alle manchevolezze della politica. In più, devo dire che siamo stati fortunatissimi ad avere ondate di immigrati, che hanno reso più dinamici gli USA. Il sogno americano, che può conoscere momenti di crisi, resta una delle dimensioni più importanti della vita americana. Ecco: io credo abbiano ragione coloro che guardano agli USA con atteggiamento critico ma anche con una certa ammirazione.

Secondo lei Obama sta rispondendo alle aspettative degli elettori americani?

Prima di tutto occorre dire che non mancano le voci critiche verso le scelte di Obama, anche dentro alla sinistra democratica. Ma è presto per giudicare l’operato del presidente. La riforma della sanità è un banco di prova fondamentale. In caso di mancata approvazione, alle elezioni congressuali di novembre, potremmo vedere una forte riduzione della maggioranza democratica nei due rami del Parlamento. Io però credo che il presidente Obama dovrebbe mettere mano anche a una riforma radicale del sistema finanziario e bancario. Al momento le lobby lo hanno impedito, ma occorre rimuovere le origini della crisi economica dell’autunno scorso. La mancanza di tale riforma dovrebbe preoccupare anche l’Italia.