IL TEATRO MUSA DELLA PITTURA

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Al Mart la mostra "Dalla scena al dipinto”. Un seminario di approfondimento e visite guidate per dipendenti universitari
di Sandra Pietrini

Come ha affermato un grande storico del teatro, Ludovico Zorzi, “senza l’iconografia la storia dello spettacolo sarebbe una disciplina senza oggetto”. Poiché il teatro è un’arte effimera, che si distrugge nel momento in cui si realizza, gli storici del teatro non hanno mai a disposizione l’oggetto dei loro studi, come potrebbe essere un quadro per gli studiosi di pittura, ma un evento irrimediabilmente scomparso. Le fonti figurative che si riferiscono alla rappresentazione sono dunque tanto più preziose, sia che si tratti di documenti direttamente riferibili allo spettacolo, come i bozzetti di scena, sia che si tratti di raffigurazioni solo indirettamente  connesse all’evento.

Di quest’ultima categoria fanno parte anche i dipinti a soggetto teatrale. Se la pittura ha tratto ispirazione dal teatro fin dall’epoca antica, a partire dalla seconda metà del Settecento l’interesse degli artisti per il mondo della scena aumenta, per raggiunge il culmine nel secolo successivo, dando origine a una vasta produzione di opere ispirate alla drammaturgia o alle rappresentazioni sceniche. Durante l’Ottocento il teatro è un’arte di massa, ovvero la più diffusa forma di intrattenimento per tutte le classi sociali. La teatralità stessa diviene una qualità dell’immaginario pittorico, tanto che gli artisti figurativi si ispirano alle modalità sceniche per dare una rappresentazione dello spazio o per esprimere gli affetti mediante pose espressive. E così la pittura si fa teatro e azione drammatica, in un raffinato gioco di linguaggi e trasmigrazione di segni.

Il complesso rapporto fra teatro e pittura è infatti improntato a una fitta rete di scambi reciproci. Come si può vedere nei dipinti di Jacques-Louis David e della sua scuola, la pittura di fine Settecento sposa gli ideali di grandiosa monumentalità della storia romana, ispirandosi alle rappresentazioni delle tragedie di Corneille e a Racine sul palcoscenico della Comédie Française. Diventano sempre più frequenti anche i ritratti di attori, colti in momenti culminanti delle loro interpretazioni. D’altra parte, anche i divi dell’epoca, come François-Joseph Talma, frequentano gli studi dei pittori, traendo ispirazione dalle opere figurative per le loro pose plastiche.

Con gli artisti romantici la pittura fa propria la mozione degli affetti tipica del teatro, cercando di stupire e commuovere attraverso la rappresentazione dei sentimenti. L’Ottocento vede anche la riscoperta di Shakespeare, che diventa il cavallo di battaglia dei romantici e dà origine a una serie di dipinti ispirati alle sue tragedie. L’immaginario pittorico è fra l’altro molto più esteso rispetto agli adattamenti scenici delle opere shakespeariane. Se già Füssli vi aveva esercitato il proprio genio visionario, in epoca romantica gli artisti raffigureranno talvolta momenti estromessi dalla rappresentazione o addirittura non contenuti nel dramma. Nel dipinto “I figli di Edoardo” (1831) di Paul Delaroche, ispirato al “Riccardo III”, vengono per esempio mostrati i due bambini imprigionati, un episodio che non fa parte della tragedia di Shakespeare. Dal dipinto trarrà poi spunto il drammaturgo Casimir Delavigne, che nel 1835 scriverà una pièce dal titolo “Les enfants d’Edouard”: un chiaro esempio del circuito virtuoso di mutazioni reciproche fra teatro e pittura.

Se Shakespeare ha stimolato la fantasia di molti pittori dell’Ottocento, da Delacroix al preraffaellita Dante Gabriele Rossetti, anche il melodramma ha spesso ispirato gli artisti figurativi, a partire da Francesco Hayez, che realizza “I due Foscari” negli stessi anni in cui sulle scene trionfa l’opera omonima di Verdi. Ma i pittori fanno rivivere la magia teatrale da diversi punti di vista. Se Edgar Degas predilige le raffigurazioni dietro le quinte, con ballerine colte in momenti di riposo o durante le prove, fra smorfie di stanchezza e prosaiche toilette, la satira bonaria di Henri Daumier si appunta sullo scarto fra le attrattive della rappresentazione e le risibili miserie dell’ambiente teatrale, fatto di cartapesta e attori vanesi. Intorno alla fine del secolo, l’interazione fra teatro e arti figurative assume risvolti pratici, poiché si ritrova nella collaborazione fra alcuni pittori, come Edouard Vuillard, e i registi simbolisti. Nascono così dipinti e scene dematerializzate, rarefatte e sospese, in cui la dimensione onirica ed evocativa prevale sull’intento realistico. Il dialogo fra le due arti assume dunque le forme più eterogenee, in un fecondo gioco di influenze reciproche che confermano la vitalità e la ricchezza dei rispettivi linguaggi artistici.