La Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento

DOPO LA LAUREA A SOCIOLOGIA

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I risultati di un’indagine del gruppo di ricerca permanente per il monitoraggio delle attività formative e degli sbocchi lavorativi dei laureati della facoltà trentina
di Carlo Barone

Esaminare i percorsi formativi e occupazionali dei propri laureati. La Facoltà di Sociologia ha creato un gruppo di ricerca permanente che si occupa di monitorare in maniera continuativa le attività formative e gli sbocchi lavorativi dei laureati triennali o specialistici. Il patrimonio informativo così acquisito potrà essere utilizzato per una definizione dell’offerta formativa che risponda non solo a istanze di formazione culturale ed umanistica, ma anche all’esigenza di offrire competenze operative e professionalizzanti. Tale esigenza è avvertita come sempre più pressante da più parti, inclusi gli stessi studenti che, dopo avere investito fatica, tempo e denaro per raggiungere la laurea, sperano che questa sia spendibile nel mercato del lavoro.

Si tratta di un’iniziativa ambiziosa, ma al contempo praticabile in modo rigoroso e a costi contenuti, grazie alla disponibilità di competenze interne consolidate. Infatti, nella Facoltà di Sociologia opera ormai da parecchi anni un laboratorio di ricerca Cati (Computer-assisted telephone interview) specializzato nella conduzione di interviste telefoniche. Inoltre, l’analisi dei percorsi scolastici e lavorativi mediante indagini campionarie costituisce una delle aree più radicate del programma di ricerca della facoltà. La prima rilevazione è stata condotta nel novembre 2008 ed ha coinvolto tutti gli studenti che hanno conseguito una laurea triennale o specialistica presso la Facoltà di Sociologia nel periodo compreso tra maggio 2006 e maggio 2008. In totale sono stati raggiunti 479 individui e il tasso di rifiuti si è rivelato di dimensioni particolarmente esigue (1,3%). Le interviste vertevano sulle attività di studio e di formazione professionale svolte dopo il conseguimento della laurea, nonché sui percorsi di inserimento lavorativo, iniziati prima o dopo il termine degli studi. Agli intervistati veniva chiesto anche di esprimere, sulla base della propria esperienza, un’opinione circa la spendibilità occupazionale della propria laurea e la coerenza tra studi effettuati e lavoro svolto.

Ebbene, cosa fanno i laureati di Sociologia a Trento dopo la laurea? La prima risposta è semplice: molti, dopo la laurea triennale, continuano a studiare. Esattamente come fanno i loro colleghi delle altre facoltà e degli altri atenei nel nostro Paese. Infatti, in linea col dato italiano, circa sette laureati triennalisti su dieci proseguono la propria formazione, quasi sempre per conseguire la laurea magistrale. Una nota particolarmente positiva per la facoltà e per il nostro ateneo è che la quasi totalità dei triennalisti che proseguono gli studi scelgono di restare a Trento e di frequentare un corso della stessa Facoltà di Sociologia. Un primo segnale di gradimento dell’esperienza formativa che hanno appena terminato, risultato peraltro non scontato, se pensiamo alla concorrenza che potrebbe venire, ma non viene, dagli atenei di Padova, Urbino o Milano.

Sul totale dei 412 intervistati, il 94% è impegnato in attività di studio o lavoro, mentre solo un residuo 6% è alla ricerca di un impiego. Anche questo dato è in linea con la media nazionale e l’ultima rilevazione Almalaurea sugli sbocchi occupazionali dei laureati conferma che la situazione della Facoltà di Sociologia a Trento è anzi migliore rispetto ad altre realtà nell’ambito della stessa disciplina.

Ma a quali lavori accedono i laureati trentini? Circa nove decimi degli studenti occupati raggiungono almeno occupazioni impiegatizie qualificate. Come dire che il rischio di declassamento nel lavoro manuale (o non manuale dequalificato) è risibile. Notevole è poi la varietà degli sbocchi professionali. I laureati in Sociologia entrano in cooperative che si occupano di progetti di solidarietà e reintegrazione sociale, trovano impiego come educatori professionali, si dedicano alla ricerca sociale e alla programmazione d’interventi pubblici, accedono a mansioni impiegatizie qualificate nella pubblica amministrazione, ogni tanto insegnano, si occupano di promozione culturale e di educazione ambientale.

Otto intervistati su dieci dichiarano che la laurea in Sociologia è stata abbastanza o molto utile per accedere all’attuale lavoro e oltre i due terzi affermano di utilizzare nella propria occupazione competenze apprese durante gli studi. Una quota simile riscontra una coerenza di fondo tra il proprio percorso formativo e le mansioni lavorative svolte. Questo dato è ampiamente positivo, ma segnala anche un segmento di criticità che merita una riflessione approfondita. Infatti, ancora una volta la situazione di Sociologia a Trento rispecchia da vicino il dato nazionale, dove troviamo un’analoga minoranza di neo-laureati che auspicherebbero maggiore coerenza tra i propri (provvisori) esiti occupazionali e gli studi svolti. Questo rimanda ovviamente ad una questione di ampio respiro: nel modello del 3+2, introdotto ormai da un decennio, i corsi di laurea triennali dovrebbero offrire competenze pratiche ed applicative a chi non proseguirà gli studi ma, allo stesso tempo, dovrebbero fornire una solida formazione teorica ai molti studenti che invece optano per la specialistica. Una dualità di funzioni non facilmente conciliabili.

Queste considerazioni rendono particolarmente interessanti i risultati che riguardano una fascia specifica di laureati della Facoltà di Sociologia, ossia quelli che hanno frequentato il corso di laurea in Servizio sociale, caratterizzato da una forte presenza femminile. Infatti, questo percorso è collegato a un profilo professionale molto specifico e ben delineato, quello di assistente sociale. Inoltre, in questo corso i tassi di prosecuzione alla specialistica sono relativamente contenuti: molte laureate triennaliste entrano direttamente nel mercato del lavoro e i loro risultati occupazionali sono eccellenti: solo una su venti, al termine degli studi, svolge mansioni dequalificate e la quasi totalità delle laureate è impiegata come operatrice sociale. Questi risultati dimostrano bene che esiste una domanda, da parte degli studenti, delle famiglie e del mondo del lavoro, di percorsi triennali fortemente professionalizzanti, dal profilo occupazionale ben identificabile.

Più difficile è esprimersi sugli sbocchi occupazionali delle lauree specialistiche, dato che il numero di studenti già inseriti nel mondo del lavoro è ancora contenuto. Ad ogni modo, vale la pena di ricordare che il 96% di questi laureati svolge mansioni qualificate. È stato possibile inoltre confrontare i dati raccolti nel 2008 con quelli desunti da iniziative analoghe svolte in precedenza dalla Facoltà di Sociologia. Ad esempio, il raffronto con i dati di un’analoga ricerca condotta nel 2000 ha permesso di tracciare un primo bilancio sugli esiti della riforma degli ordinamenti universitari varata nel 1999. Il dato centrale emerso è che, malgrado l’espansione del numero di laureati negli ultimi anni, non si evidenziano segnali di deterioramento delle prospettive occupazionali dei sociologi.

Al fine di effettuare un monitoraggio continuativo dei percorsi dei laureati, l’indagine verrà ripetuta con cadenza annuale e metodologia longitudinale, a cominciare da novembre 2009. Sarà raggiunto chi ha conseguito la laurea nel corso dell’ultimo anno, ma saranno anche nuovamente intervistati i laureati della precedente rilevazione, avvenuta nel 2008. La letteratura sulla transizione al mercato del lavoro ha documentato ampiamente, infatti, che i percorsi d’inserimento lavorativo in Italia hanno tempi lunghi, si svolgono in modi non sempre lineari ed alquanto frammentari, intersecando periodi di inattività, di formazione e di lavoro, laddove il confine tra “lavoretti”, attività di formazione-lavoro e lavori veri e propri non è sempre preciso all’inizio della carriera. Sarebbe quindi riduttivo limitarsi a una singola rilevazione a breve distanza dalla laurea.