IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ

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Come le regioni possono avere più potere nella gerarchia delle decisioni
di Jens Woelk

Il termine sussidiarietà, pur essendo molto diffuso e utilizzato, spesso risulta essere uno slogan, senza che in realtà si conosca bene il suo significato. Il principio di sussidiarietà governa l’esercizio di una gran parte delle competenze, soprattutto quelle legislative, per le quali non è possibile attribuire l’esclusiva responsabilità ad un solo livello di governo, come l’ambiente, i trasporti e tante altre materie. 
Di questo principio e delle future – aumentate – possibilità di controllo della sua applicazione anche da parte delle Regioni si è discusso nel convegno “Il Trattato di Lisbona e le Regioni: il controllo di sussidiarietà” che si è svolto a Trento il 16 e il 17 aprile scorsi. Il convegno, patrocinato dai due Consigli provinciali di Trento e di Bolzano e dall’Associazione di diritto pubblico comparato ed europeo, è stato organizzato dall’Institut für Föderalismus (Innsbruck), dall’Accademia Europea di Bolzano (Istituto per studi sul federalismo e regionalismo), dal gruppo di ricerca Prin 2007 (“Il federalismo come metodo di governo”) e dal Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Trento.
 

Nel bilanciare il rispetto dell’attribuzione di funzioni e competenze alle istituzioni più vicine al cittadino, da una parte, e la massima efficacia del loro svolgimento, dall’altra, il principio di sussidiarietà rende possibile reagire alla dinamicità dei cambiamenti in atto attraverso lo spostamento di certe funzioni e competenze a livelli di governo diversi. Tuttavia, troppo spesso decide il livello superiore – da solo – sul trasferimento di tali funzioni, e di regola accentrando potere. Risulta difficile un controllo dell’applicazione del principio di sussidiarietà, perché molto spesso esistono argomenti validi a favore di un trasferimento “verso l’alto”, in particolare la maggiore efficacia dello svolgimento uniforme delle funzioni.
Gli ordinamenti composti, l’Unione Europea ma anche gli Stati federali e regionali, non si basano invece sull’uniformità delle loro componenti, ma cercano al contrario di salvaguardare le loro diversità. Un quadro giuridico-istituzionale comune deve garantire l’uguaglianza dei cittadini, i loro diritti e sinergie per aumentare il grado di efficacia del sistema senza però eliminare tutte le differenze. Nel riparto delle competenze fra i diversi livelli di governo si esprime pertanto il bilanciamento concreto fra uniformità e diversità. Ai rapporti fra Unione Europa e Stato si aggiungono, negli Stati membri federali, come l’Austria e la Germania, e regionali, come l’Italia e la Spagna, anche quelli con le Regioni, soprattutto dove esse sono dotate di competenze legislative: sono infatti spesso le Regioni a dover attuare il diritto comunitario e ad essere interessate alla perdita di competenze a causa del trasferimento all’Unione Europea giustificato della maggiore efficacia del loro esercizio a livello europeo.
 

Nel Trattato di Lisbona, ancora in fase di ratifica dopo il referendum fallito in Irlanda, sono previste delle importanti novità in tema di sussidiarietà fra i livelli di governo. La consultazione dei Parlamenti nazionali (e regionali) prima dell’inizio del procedimento legislativo europeo cerca di creare un dialogo istituzionale proprio sugli equilibri fondamentali e quindi rendere controllabile il principio di sussidiarietà anche “dal basso”, da chi ne è quindi interessato. Questo controllo precoce non dovrebbe soltanto funzionare nel caso di violazione di competenze regionali o statali e pertanto tutelare le diversità, ma soprattutto garantire un miglioramento delle proposte legislative attraverso il contributo di chi deve successivamente dare attuazione alle stesse norme.
Sono tuttavia tanti i problemi da risolvere a partire dalle informazioni provenienti da Bruxelles che le Regioni, soprattutto quelle più piccole, non sembrano in grado di filtrare ed elaborare nei tempi molto stretti previsti. Mancano le risorse necessarie, anche per potersi coordinare, sia all’interno fra giunta e assemblea, sia all’esterno con le altre Regioni dello Stato di appartenenza, ma anche con altre Regioni in altri Stati.
Nel dibattito transfrontaliero e nello scambio di esperienze tra accademici, tecnici e i quattro Presidenti delle assemblee del Trentino, Alto Adige, Tirolo e Vorarlberg che hanno partecipato alla tavola rotonda finale del convegno (nella foto), sono emerse numerose proposte concrete, soprattutto per recuperare la centralità del ruolo delle assemblee e della loro funzione di indirizzo, importante per ridurre il “deficit democratico”. Tuttavia, non esiste alcuna ricetta semplice e unica per risolvere la rappresentanza degli interessi regionali: il governo multilivello dell’Europa “unita nelle diversità” è necessariamente complessa.