no57

  ricerca  

Guardare i confini del corpo
Al Dipartimento di Scienze della cognizione e della formazione una ricerca sulla modalità visiva e la propriocezione

di Francesco Pavani

Chiudete gli occhi e provate a stabilire la posizione delle vostre gambe, delle vostre braccia, e la direzione verso cui è orientata la vostra testa. Scoprirete che si tratta di un compito piuttosto semplice, che si basa sulle informazioni che provengono da una modalità sensoriale nota con il nome di propriocezione. Di questa modalità sensoriale siamo spesso appena consapevoli, ma è soprattutto grazie ad essa che siamo in grado di stabilire la posizione del nostro corpo nello spazio, percepire i nostri “confini” e muoverci con accuratezza nell’ambiente che ci circonda.
Ora fate un’altra prova. Appoggiate il braccio destro sul tavolo, chiudete gli occhi per circa un minuto e, cercando di non muovervi, prestate attenzione alla posizione del vostro avambraccio destro. Al passare del tempo il compito dovrebbe risultarvi progressivamente più difficile, perché il senso di posizione tende a divenire meno accurato in assenza di movimenti. Tuttavia, non appena riaprirete gli occhi ritroverete esattamente il senso di posizione della vostra mano (anche senza averla mossa). Questo perché i confini del corpo non si basano unicamente sulla propriocezione, ma anche sulla modalità visiva.
Se questa ultima affermazione vi trova scettici, provate un terzo esperimento. Per questa ulteriore prova avrete bisogno dell’aiuto di un pannello, un paio di amici e due pennelli. Come nella prova precedente, appoggiate il vostro braccio destro sul tavolo, ma nascondetelo dietro al pannello (vedi disegno). A questo punto chiedete ad un primo amico di darvi letteralmente una mano. Ovvero, chiedetegli di appoggiare anch’egli la mano destra sul tavolo, parallela alla vostra e in modo che vi sia ben visibile. Il compito del secondo amico sarà quello di strofinare con un pennello la vostra mano e con l’altro quella del primo amico. È fondamentale che i due pennelli si muovano simultaneamente. Dopo alcuni minuti dovreste cominciare ad esperire la bizzarra sensazione che la mano che state guardando, ovvero quella del vostro amico, sia in realtà la “vostra” mano. Come se non bastasse, vi troverete a percepire la stimolazione tattile data dallo strofinamento del pennello non più alla vostra mano, ma direttamente alla mano dell’amico. Come se la mano dell’amico facesse ora parte del vostro corpo!
Questo curioso fenomeno, descritto per la prima volta alla fine degli anni Trenta, rappresenta un caso di dominanza della modalità visiva sulla propriocezione ed il tatto; a dimostrazione del fatto che la visione non solo contribuisce a definire i confini del nostro corpo, ma può anche alterarli in maniera illusoria. In maniera sorprendente, diversi studi psicologici recenti hanno dimostrato che l’illusione osservata può emergere anche quando la mano “aliena” appoggiata sul tavolo ha poca somiglianza con una mano reale. Ad esempio, l’illusione è stata replicata utilizzando dei guanti da cucina, di gomma blu, riempiti da un’intelaiatura di ferro e cotone (per dare la sensazione di una mano all’interno del guanto) o addirittura utilizzando un arto carnevalesco e mostruoso “alla Frankenstein”.
Per la psicologia cognitiva, sia le illusioni visive più note, sia questa illusione dell’arto alieno, rappresentano un modo per cercare di comprendere qualcosa di più sul funzionamento della mente. Al Dipartimento di Scienze della cognizione e della  formazione del Polo di Rovereto, ad esempio, sono in corso delle ricerche che studiano come vengono modulati i confini del corpo, sfruttando le illusioni e le bizzarre percezioni che possono derivare dai conflitti fra il senso di posizione del corpo e la stimolazione visiva circa la posizione del corpo nello spazio. Inoltre, cercano di capire in base a quale criterio determinate esperienze visive (la mano di un amico, un arto di gomma, o perfino le ombre che il corpo proietta) possano o non possano essere incorporate all’interno dei confini del corpo - o più propriamente, all’interno dello schema corporeo.
Questi studi non rispondono solo ad una curiosità scientifica, ma possono anche rivelarsi fondamentali in contesti applicativi quali la realizzazione di ambienti virtuali o di controllo dei movimenti a distanza (si immagini ad esempio il caso di movimenti svolti durante l’immersione in ambienti virtuali o il caso di interventi chirurgici a distanza). In questi contesti, l’utente delle applicazioni si trova ad agire in ambienti insoliti e soprattutto attraverso un “corpo virtuale”. Ciononostante, è necessario che egli sia in grado di controllare i movimenti con la stessa destrezza che può adoperare in contesti reali. Conoscere quali informazioni visive, propriocettive, tattili e perfino uditive siano in grado di migliorare la percezione dei confini del corpo può quindi rivelarsi un’informazione di grande importanza per favorire la progettazione di ambienti virtuali e l’addestramento degli utenti all’interazione con questi ambienti.
Accanto a queste applicazioni nel mondo virtuale, una migliore conoscenza dei fenomeni che regolano la percezione dei confini del corpo può essere utile anche in una prospettiva clinica. Il caso più rappresentativo è forse quello dei pazienti amputati con sensazione “dell’arto fantasma”, ovvero la sensazione nitida dell’esistenza di una parte del corpo (ad esempio un braccio) che in realtà è stata amputata anche molto tempo prima. È stato di recente osservato che questa sindrome, spesso associata a sensazioni dolorose di “crampi” all’arto amputato, può essere alleviata se al paziente viene mostrato un arto nella posizione in cui si trova il “fantasma”. Ad esempio, posizionando verticalmente uno specchio in corrispondenza del braccio amputato, il riflesso del braccio sano sembra dare frequentemente l’illusione al paziente di “vedere” il proprio arto mancante. Inoltre, muovendo il braccio sano il paziente ha la sensazione di agire con l’arto fantasma. Analogamente, rilassando il braccio sano il paziente può avere la sensazione di rilassare l’arto fantasma e ciò consente di alleviare i dolori da “crampo” al braccio inesistente.
Nel 1851, un personaggio senza una gamba del Moby Dick di Melville, commentava stupito circa la curiosa sensazione che egli provava quando vedeva la gamba di un altro uomo al posto della sua: “una sola gamba ai miei occhi, ma due gambe per il mio animo”. Oggi, una migliore conoscenza di come il nostro cervello integra le informazioni provenienti dalle diverse modalità sensoriali può sottrarre queste esperienze al semplice ambito delle curiosità, trasformandole invece in occasioni per la ricerca scientifica e l’intervento pratico.


 

Il disegno in alto a destra illustra come ottenere l’illusione della mano aliena: una terza persona dovrà strofinare i pennelli, simultaneamente, sulle due mani.