Metafora
e vita quotidiana
David Alan Cruse alla Facoltà
di Lettere
di Liliana Albertazzi
Presso la Facoltà di Lettere, in un’aula gremita di studenti, il dodici
maggio scorso si è svolta una conferenza di David Alan Cruse sulla
metafora. Il professor Cruse, dell’Università di Manchester, in quel periodo visiting
professor presso la Fondazione Mitteleuropa a Bolzano, è stato invitato all’interno del corso di
Filosofia e teoria dei linguaggi, recentemente attivato presso la Facoltà di Lettere, in collaborazione
con il corso di Linguistica applicata.
Alan Cruse è uno specialista di semantica
lessicale: il suo Lexical Semantics (Cambridge University Press 1986), infatti, è universalmente
considerato un classico della disciplina ed è stato usato anche in molte applicazioni di tipo
informatico (EuroWordNet).
Botanico d’origine, Alan Cruse si è avvicinato casualmente
ai temi
del linguaggio naturale
durante i suoi soggiorni a Cipro e a Bagdad, durante i quali entrò in
contatto
con diverse lingue orientali, che lo sorpresero per il fatto
di presentare grammatiche e soprattutto concettualizzazioni molto diverse da quelle occidentali.
Accademicamente, è stato allievo di William Haas (un linguista mitteleuropeo, cèco, uno degli
ultimi che ebbe la fortuna di poter partecipare agli incontri del leggendario Circolo linguistico
di Praga) e di John Lyons, che ha sviluppato una teoria del significato contestuale basato su un insieme
di relazioni di senso (i campi semantici). La conferenza di Cruse a Lettere acquista particolare
rilievo, perché presenta in anteprima la “svolta cognitiva” nella carriera dello
studioso, che sta incominciando ad affrontare i problemi del lessico nella cornice della cosiddetta cognitive
linguistics. Si tratta di una svolta ancora in corso, che verrà ufficialmente presentata in un prossimo
volume (Cognitive linguistics), in uscita presso la Cambridge University Press, scritto in
collaborazione con William Croft. Il tema della conferenza, Metaphor and its near
relations, simile and metonymy, è stato scelto proprio perché la metafora è un tema chiave nell’approccio
della cognitive linguistics ai problemi della semantica.
Il lavoro pionieristico sulla metafora all’interno
della tradizione della linguistica cognitiva è quello di George
Lakoff, che nel 1980, con Mark Johnson, pubblicò un testo destinato a far scalpore
(Metaphors We Live By, University of Chicago Press), sia per le tesi innovative
che presentava, sia per l’adozione di un punto di vista decisamente
anti-chomskiano. Lakoff e collaboratori mostrarono che la metafora non è semplicemente
un artificio linguistico, bensì un processo cognitivo che pervade il nostro pensiero quotidiano
ed è incassato nell’espressione linguistica a diversi livelli di complessità.
La tesi oggi va sotto il nome di Conceptual Metaphor Theory.
Lakoff ha evidenziato come il linguaggio
quotidiano sia intriso di metafore che, per esempio, permettono di parlare di discussioni
in termini di vera e propria guerra (“Ho lottato sino all’ultimo per
affermare il mio punto di vista”), di idee in termini di cibo (“Quel libro è
un vero banchetto per la mente”), di passioni in termini di contenitori
(“Carla esplose con rabbia”), ecc.
La metafora, più che un artificio
o un’espressione figurativa, è vista quindi come una relazione
tra domini concettuali diversi, che sono mappati l’uno sull’altro, e quindi come un prodotto di operazioni
cognitive in cui il linguaggio, in realtà, gioca un ruolo secondario. Da questo punto di vista,
analisi semantiche e analisi dei processi cognitivi vanno di pari passo, cosa che rende la
cognitive linguistics uno dei trends più interessanti nell’ambito delle scienze cognitive. In particolare,
la cognitive linguistics costituisce una risorsa di idee e di risultati significativi per coloro
che si occupano del problema della categorizzazione in riferimento al rapporto tra linguaggio
e visione.
Nello specifico, nella cognitive linguistics la relazione cognitiva instaurata
dalla metafora prende la forma di un insieme di corrispondenze tra un
dominio di partenza o “source domain” (per esempio “viaggio”) e un dominio di arrivo o
“target domain” (per esempio “vita”), così
che nel linguaggio quotidiano ci troviamo a parlare di aspetti che riguardano la nostra vita lavorativa,
familiare, emotiva, ecc., usando un lessico che, letteralmente, appartiene al dominio dei viaggi
(per esempio “Quel giovanotto farà strada”, “La
sua vita è stata una continua salita”, “Quando ha cominciato non aveva una lira, guarda
dove è arrivato adesso”, “La sua vita sentimentale è a un bivio”).
La cognitive linguistics ha anche trovato applicazioni che esulano della mera
analisi linguistica, dall’ambito informatico alla didattica per l’insegnamento
delle lingue. Oggi i linguisti cognitivi costituiscono un gruppo di studiosi
ben individuabile nel panorama internazionale, a cui fa riferimento
una rivista specifica (Cognitive linguistics, de Gruyter), anche se non si
può parlare della condivisione, da parte di tutti i suoi membri, di una posizione
univoca.
In particolare, il lavoro di Lakoff e collaboratori ha rivolto la sua attenzione a quel tipo di metafora
che col tempo si è lessicalizzata ed è divenuta convenzionalizzata nel linguaggio (per esempio,
la già ricordata metafora “La vita è un viaggio”).
A differenza di Lakoff, però, Cruse spiega quali sono le caratteristiche di ciò che costituisce
una vera e propria fusione concettuale (conceptual blending), che occorre nell’uso metaforico del
linguaggio, e che è responsabile dell’emergenza
di nuove componenti del significato,
componenti che non si possono attribuire né al dominio di partenza né a quello di arrivo.
In altre parole, Cruse cerca di rendere ragione della costruzione di nuove metafore, ovvero
della creatività delle espressioni metaforiche.
Da questo punto di vista
uno dei meriti della cognitive linguistics, e del lavoro di studiosi come Cruse, è stato quello di aver messo in
evidenza l’esistenza di una sorta di geometria degli spazi concettuali, che non segue
criteri logico-formali, ma è strettamente connessa alle leggi della organizzazione
percettiva e che, nei suoi percorsi di senso, segue piuttosto le leggi del disegno che quelle
dell’algebra.
La lezione di Cruse ha inoltre messo in crisi il punto di
vista “classico” sulla metafora, per esempio che la metafora sia una forma di similitudine
implicita (S. Glucksberg, Understanding figurative language, Oxford University Press 2001), una
sorta di similitudine a portata di mano. Cruse, infatti, ha evidenziato come metafore e
similitudini siano prototipicalmente distinte. Nelle metafore, infatti, i domini concettuali sono fusi,
mentre i domini delle similitudini sono presentati e mantenuti concettualmente come tali.
Cruse, inoltre, rileva una differenza categoriale altrettanto rilevante dal
punto di vista concettuale tra metafora e metonimia, nel fatto che sebbene normalmente
ambedue facciano riferimento a qualcosa in termini di altre, a differenza della metafora
le corrispondenze che impone la metonimia si situano all’interno dello stesso dominio.
foto in alto a
destra: il professor David Alan Cruse
|