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  conferenze  

La regolamentazione dei mercati finanziari
Il presidente della Consob Luigi Spaventa a Trento
di Ferdinando Targetti

Il professor Luigi Spaventa, presidente della Consob, ha tenuto il 22 novembre scorso una lezione, aperta alla cittadinanza, sui mercati finanziari, la protezione di chi vi investe e la necessità che questo mercato operi in presenza di regole stabilite da una Autorità indipendente, che in Italia si chiama Consob. Alla fine della lezione, a cui ha assistito un pubblico numeroso sia di universitari che di cittadini, sono stati consegnati i primi diplomi di master della Scuola di Studi Internazionali. Spaventa ha iniziato con l’esposizione elementare di un sistema finanziario che, rispetto ad un sistema puramente bancocentrico, dove l’intermediazione del risparmio tra la famiglia e l’impresa è affidata solo alla banca, prevede che il risparmiatore affidi direttamente o tramite una SGR (società di gestione del risparmio) il proprio patrimonio ad un’impresa attraverso l’acquisto dei titoli di proprietà di quest’ultima (oggi in Italia l’acquisto e la vendita di questi titoli avvengono attraverso le società di intermediazione mobiliare, SIM, che operano sul mercato telematico della Borsa spa). In un sistema in cui l’unica intermediazione è quella bancaria, l’unica Autorità di vigilanza è la Banca Centrale che si adopera affinché il risparmio non venga perduto a causa di fallimenti bancari. In un sistema finanziario, invece, in cui operano anche altri intermediari, alla Autorità di vigilanza bancaria va affiancata l’Autorità di vigilanza dei mercati finanziari. Esistono scuole economiche ultraliberali, come quella di Chicago, che contestano la necessità di tale organo di tutela. Spaventa ha spiegato le ragioni teoriche che giustificano invece la necessità della regolamentazione dei mercati finanziari. La prima ragione si basa su due considerazioni di teoria economica: la prima è quella della presenza di “asimmetria informativa” tra il principale (il mandante, l’investitore) e l’agente (il mandatario, il manager); la seconda, che non è concepibile l’esistenza di una molteplicità di contratti che contemplino tutti gli stati possibili del mondo. La necessità della regolazione dei mercati deriva quindi dalla situazione di endemica inferiorità informativa e di sorveglianza dei risparmiatori rispetto a coloro ai quali affidano il proprio patrimonio, unita alla “incompletezza dei contratti”. Un secondo motivo a favore della regolazione sta nel fatto che tanto maggiore è la protezione dell’investitore e tanto maggiore è lo sviluppo del mercato finanziario (infatti i risparmiatori che hanno preso fregature su questi mercati preferiranno contante o depositi bancari rispetto ad altri titoli finanziari), e tanto più ampio è il mercato finanziario, tanto meglio le cose vanno sia per l’imprenditore, che potrà sostenere un minore costo del capitale, sia per il risparmiatore, che potrà massimizzare lo spettro di preferenze e diversificare il proprio patrimonio in termini di combinazione rischio-rendimento. Questo non significa che nei mercati regolamentati non si possano verificare delle perdite qualora il risparmiatore abbia investito in titoli che, per loro natura, subiscono delle oscillazioni nei loro valori monetari: infatti solo la moneta ha un valore stabile rispetto a se stessa, ma ha rendimento zero.
Il secondo passo dell’esposizione è consistito nell’illustrazione dei compiti della Consob. I terreni di natura civilistica su cui Spaventa si è soffermato sono stati tre: le questioni connesse alla corporate governance; quelle connesse all’obbligo del prospetto informativo per le società emittenti titoli (sulla situazione patrimoniale dell’emittente, sul profilo di rischio del titolo e sui costi dell’investimento finanziario); e le questioni del controllo sui gestori e sugli intermediari (trasparenza sulle commissioni e sulla gestione delle SGR e controllo sulle possibili esistenze di conflitti di interessi).
Per motivi di spazio, farò solo alcuni cenni alla corporate governance, questione che nasce dalla separazione totale o parziale tra proprietà e controllo di impresa. Si considerino due casi estre mi. Il primo è il caso della separazione completa tra proprietà e controllo, quando la proprietà è diffusa (public company) e nessuno dei numerosi piccoli azionisti è in grado di monitorare il management che controlla la società. Il costo di agenzia si manifesta con il fatto che i proprietari non sono assolutamente in grado di controllare l’operato del manager che può gestire la società per interesse proprio anziché degli azionisti. L’altro caso è quello nel quale si hanno tanti azionisti piccoli e uno grosso che detiene la maggioranza della società: egli controlla quindi la società ed è ragionevole supporre che controlli anche il manager. Il costo di agenzia in questo caso si manifesta per il fatto che il controllante può sottrarre risorse alla società e intascarsele, imponendo ad esempio al manager di fare transazioni fuori mercato o di alienare cespiti a favore di altre società del controllante. Vi sono inoltre strutture intermedie che meritano di essere considerate perché riescono ad unire i difetti di entrambi questi modelli. È il caso di società piramidali nelle quali una persona controlla la maggioranza di una società che controlla la maggioranza di un’altra società e così via. Alla fine quel soggetto, controllando una società a valle della piramide della quale possiede una quota capitale che può essere anche molto piccola, non ha particolare interesse a monitorare questa società, perché i dividendi che da essa ottiene sono modesti, però è ancora in grado di sottrarre da essa risorse come nel secondo caso sopra illustrato. Il primo modello è prevalente nei Paesi anglosassoni, il secondo in Europa continentale e in Asia; in Italia si ritrova spesso il terzo modello. Gli istituti di corporate governance vanno intesi come strumenti per ridurre i costi di agenzia per gli azionisti. Esempi in tal senso sono offerti da: i comitati di controllo interno; la revisione contabile effettuata dalle varie società di revisione; la legislazione che incoraggi e faciliti la partecipazione dei piccoli azionisti alle assemblee; l’introduzione di maggioranze qualificate; le azioni di responsabilità contro gli amministratori; gli obblighi di trasparenza, quella che viene definita negli ordinamenti europei price sensitive information. Vi sono infine le pratiche di contendibilità della società come le offerte pubbliche ostili (e il divieto in alcuni casi di “pillole avvelenate”, che impediscono queste offerte ostili) basate sul principio che i manager sanno che se deprimono il valore della società questa può essere scalata e loro essere licenziati.
Spaventa ha ricordato che recentemente nella letteratura si era sviluppata un’enorme batteria di ricerche empiriche e teoriche, di economia e di law economics, che giungeva alla conclusione che il modello americano era il solo che andava bene. Dopo dieci anni di esaltazione del modello americano quello che è avvenuto in meno di dodici mesi negli Stati Uniti ha provocato un ripensamento profondo. Pur lasciando perdere la patologia, gli imbrogli, i furti, ecc., con la fine della grande bolla speculativa degli anni ’90 osserviamo una serie di casi, tra i quali quello di Enron non è neppure il peggiore, in cui si rileva una distorsione della struttura degli incentivi e del sistema del controllo dei managers. Gli americani erano molto fieri di avere l’audit committee, composto da amministratori indipendenti ben pagati che quindi non avevano particolari interessi a dispiacere al manager e lo stesso valeva per i revisori (la Arthur Andersen guadagnava per le consulenze in Enron un milione di dollari a settimana). Le grandi banche americane poi non erano più pagate in base al credito che erogavano alle aziende, ma alle commissioni sulle invenzioni di strutture finanziarie che offrivano all’azienda per consentire ai manager di celare le perdite e gonfiare i profitti. I prezzi delle azioni si gonfiavano artificialmente mentre i manager, sapendo quello che c’era sotto, hanno venduto le azioni giusto in tempo, prima che le società andassero in rovina.
In Italia i presìdi introdotti con la legge Draghi sono abbastanza buoni, ma delle deficienze vanno ancora colmate. L’Italia è infatti un Paese con proprietà concentrata, la public company non esiste, mentre il problema grave e ancora irrisolto è quello di ridurre la possibilità di appropriazione di benefici privati in presenza di strutture piramidali. L’ultimo argomento trattato è stato quello degli abusi di mercato (insider trading e aggiotaggio) che in Italia hanno rilevanza non solo per la Consob, ma anche per i Tribunali, poiché investono la materia penale. Questi abusi sono difficilmente perseguibili anche se sono molto perniciosi per un corretto funzionamento dei mercati.

 

In alto a destra: la Borsa di Wall Street a New York;
al centro (a destra e a sinistra): Luigi Spaventa.
in basso: la conferenza tenuta dal professor Luigi Spaventa all’Università di Trento il 22 novembre 2002.