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L'Unione Europea si allarga
L’intervento del presidente Prodi alla Scuola di Studi Internazionali
di Ferdinando Targetti

Il 10 maggio scorso il presidente Prodi ha accolto l’invito che gli avevo formulato di tenere una lezione alla Scuola di Studi Internazionali di Trento sull’allargamento dell’Unione Europea. È un tema che non solo è in cima all’agenda dell’Unione, ma anche da sempre uno dei punti fermi dell’azione del presidente della Commissione.
Con la caduta del muro di Berlino sarebbe stato assurdo continuare a considerare Europa solo la parte che resta a ovest dell’Oder Neisse. L’unione sempre più stretta tra i popoli d’Europa e l’obiettivo di consolidare la libertà e la pace tra essi si ritrova, come ci ha ricordato Prodi, nel preambolo stesso del trattato di Roma, il primo trattato della Comunità Europea. Questi obiettivi oggi vanno estesi ai paesi del Centro Europa. Il rafforzamento dell’integrazione tuttavia si manifesta non solo in termini di estensione geografica, ma anche di approfondimento dell’integrazione tra i paesi membri. I due processi possono però essere in contrasto uno con l’altro. Infatti l’allargamento geografico può condurre entro l’Unione paesi che sono troppo distanti dai paesi dell’Unione in termini economici o politici e questo rischia di indebolire i legami di appartenenza.
Per questo motivo l’allargamento non può non avvenire che per fasi. I nuovi paesi deputati all’ingresso devono dimostrare di rispondere a comuni parametri economici (equilibrata finanza pubblica) e regole politiche (adozione di principi democratici e rispetto dei diritti umani) con i paesi membri dell’Unione. Per Prodi i due processi si sorreggono a vicenda e non possono esistere l’uno a prescindere dall’altro.
Dopo il Consiglio europeo di Nizza la riforma dell’Unione è diventata urgente ed è per questo che ha preso corpo l’idea di una Convenzione, in buona sostanza di una Costituente europea.
All’Università di Trento il presidente della Commissione ha ripreso il discorso che egli tenne alla sessione inaugurale della Convenzione ove indicò le quattro sfide che attendono l’Europa: l’impegno per la difesa della pace e dello sviluppo nel mondo; il consolidamento del modello europeo di mercato libero in una società solidale; la garanzia di sicurezza e giustizia per i cittadini europei; la creazione in Europa di un polo mondiale di influenza intellettuale, scientifica e di innovazione.
L’Unione Europea avrà fra poco una frontiera che andrà dal Circolo polare al Mar Nero. Prodi ha chiaramente affermato che una politica dell’immigrazione non può che avvenire a livello europeo, condividendone i costi tra i paesi membri e istituendo una comune polizia di frontiera. I capisaldi della politica dell’immigrazione sono la sicurezza e la lotta contro il traffico degli esseri umani, ma anche l’integrazione e l’asilo. La ricerca della sicurezza per i cittadini europei non deve trasformare l’Europa in una fortezza chiusa all’esterno, né intendere i paesi confinanti come una minaccia. Vorrei ricordare che oggi gli europei fanno la metà dei figli dei loro padri; nel nostro paese nel 2050 gli italiani saranno solo 40 milioni e quasi tutti vecchi e l’Istat ha calcolato che ci vogliono 250.000 immigrati l’anno perché il paese possa stare al passo con la crescita dei paesi OCSE. Una politica di chiusura arrecherebbe un effimero sollievo oggi a fronte di un declino domani.
La Comunità Europea è stata garanzia di pace per i paesi membri. Viene fatto di pensare quanti dolori, eccidi e disgrazie avrebbero potute essere evitate se la vecchia Jugoslavia avesse fatto parte di quella comunità.
Prodi ha ricordato che la nuova Europa circonderà i paesi dei Balcani occidentali una volta che Slovenia, Ungheria, Romania e Bulgaria faranno parte dell’Unione e che l’Unione ha offerto a tutti i Balcani una prospettiva di integrazione di lungo periodo.
L’Europa unita è l’unica via per contare dal punto di vista politico ed economico in un mondo che sempre più sarà dominato dall’America con le sue tecnologie e dalla Cina con il suo miliardo e passa di popolazione. Prodi ci ha ricordato che quando saranno integrati 12 nuovi stati la popolazione dell’Unione crescerà di quasi un terzo e raggiungerà quasi mezzo miliardo di persone.
L’Europa unita, se saprà realizzare delle politiche per uno sviluppo qualitativo, è l’unica via esistente che consenta alle nostre imprese di essere dei global players; in questo contesto un’efficace politica delle risorse umane e dell’Università gioca un ruolo essenziale. La politica economica europea non deve limitarsi allo sviluppo, ma deve anche rafforzare il modello sociale europeo.
Prodi ci ha ricordato che l’integrazione europea è l’unico tentativo di gestione democratica della globalizzazione su scala regionale. Gli esempi sono sul terreno della politica per la concorrenza, che protegge tutte le imprese dell’Unione, e su quello della politica di coesione che riduce le sperequazioni fra le diverse regioni.
L’allargamento è già iniziato: i paesi candidati collaborano con molte istituzioni e i futuri stati membri partecipano
al dibattito in seno alla Convenzione.
I negoziati rispettano le tabelle di marcia e il processo dovrebbe concludersi al vertice di Copenaghen alla fine di quest’anno.
I problemi tuttavia non mancano; dal punto di vista economico perché l’Europa allargata sarà più sperequata e saranno quindi necessarie nuove politiche e più costose per mantenere la coesione sociale e conseguire gli obiettivi di riequilibrio territoriale; dal punto di vista politico perché non si possono governare 27 paesi con il diritto di veto, probabilmente infatti nessuna decisione rilevante potrebbe essere presa all’unanimità e l’Unione rischierebbe la paralisi. Io credo che in questo momento l’Unione Europea sia in mezzo ad un guado: infatti o prevale la visione, che fino a poco tempo fa era minoritaria in Europa, ma che recentemente dimostra maggiori consensi, dei nazionalisti conservatori che hanno una visione dell’Europa ristretta ed economicistica (un grande libero mercato e poco più) e in tal caso l’Europa fa marcia indietro, o riprende slancio la visione come quella che ha Prodi nella migliore tradizione europeista di Monnet, Delors e Spinelli, e in tal caso l’Europa non può non compiere passi avanti lungo la strada di un’Europa di stati federati.
La nostra Università è molto sensibile a queste tematiche: l’ottobre scorso ha organizzato un importante convegno internazionale su federalismo e democrazia e anche quest’anno si terrà più di un convegno sulle questioni europee che si presentano con l’allargamento e l’approfondimento dell’integrazione europea.
Vorrei ricordare due convegni internazionali che si terranno il prossimo ottobre organizzati dai dipartimenti di Sociologia, di Giurisprudenza e di Economia: uno sulle riforme costituzionali europee che scaturiranno dall’opera della Convenzione e l’altro, tenuto con gli auspici della Scuola di Studi Internazionale, sui nuovi strumenti della politica economica europea dopo l’adozione della moneta unica.

Nella foto, a destra: Ferdinando Targetti, direttore della Scuola di Studi Internazionali, con il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi.