no32

   cultura classica   
Il dottorato internazionale in filologia classica



di Pierre Judet de La Combe,
direttore di ricerca presso il C.N.R.S. di Lille

Forse gli studenti e gli universitari italiani non si rendono veramente conto, ma l'Italia è senza dubbio il solo paese in Europa dove la filologia classica è rimasta una disciplina scientifica allo stesso tempo rigorosa e aperta a domande intellettuali audaci, il solo paese dove essa conserva ancora un ruolo nei dibattiti contemporanei sulla natura della storia e della cultura.
In Italia la tecnicità filologica è associata ad una vera interdisciplinarità e la filologia non smette di dialogare con le scienze sociali e la filosofia. Altrove e soprattutto in Francia, i compiti sono divisi, e troppo: l'erudizione è spesso sviluppata al di fuori di qualsiasi dibattito teorico o interesse storico o filosofico per il senso originale dei testi; quanto alla storia (specialmente la storia letteraria!) e alla filosofia, hanno la tendenza a liberarsi da qualsiasi esame filologico e critico delle opere che utilizzano. Qualche équipe però, in particolare quella dell'Università di Lille, ha da tempo percepito questo come un difetto e ha mantenuto l'esigenza di associare la lettura meticolosa dei testi a una riflessione metodica sulle condizioni del loro significato.
Scienza dei testi antichi, la filologia classica in effetti non si può concepire come scienza pura, libera da ogni attenzione culturale, linguistica o letteraria; se ha deciso di consacrare la sua energia alla decifrazione e all'interpretazione delle opere antiche, è perché faceva parte di una tradizione culturale che considerava queste opere interessanti e degne di essere interpretate. D'altra parte, i metodi che essa utilizza per realizzare il suo lavoro sono a loro volta fortemente condizionate dalle tradizioni intellettuali di origine. In questo modo si nota che le letture "tedesche", "inglesi", "francesi" o "italiane" della tragedia greca, partono il più delle volte da premesse molto diverse, e in effetti non si interessano agli stessi aspetti di un testo di Eschilo o Sofocle. Questo accade perché le premesse non sono le stesse, ma si differenziano secondo le tradizioni filosofiche di questi paesi.
Se la filologia non vuole essere naif, ma critica, ovvero, se vuole analizzare e valutare le differenti premesse, spesso implicite, sulle quali si basa, deve organizzarsi come una comunità internazionale vivente, dove i risultati possono essere liberamente paragonati e discussi, senza pregiudizi.
Quando, nel 1999, Vittorio Citti ha proposto di fondare a Trento una scuola internazionale di filologia, con la creazione di un dottorato internazionale che riunisse insegnanti e studenti di tutta Italia e di altri paesi europei, questo evento è apparso estremamente promettente. Era la prima volta che una simile iniziativa veniva presa; è sicuramente un successo. I filologi dell'Università di Lille, attualmente presieduti da un ellenista, Philippe Rousseau, hanno subito sostenuto questa idea. Partecipano regolarmente ai seminai dei dottorati organizzati a Trento e si preparano ad accogliere i giovani filologi italiani; una dottoranda di Lille, che sarà seguita da altri, prepara la sua tesi su Aristofane simultaneamente a Lille e a Trento. Da quest'anno si è unita all'iniziativa anche l'Università di Barcellona, con i professori Jaume Portulas e Carles Miralles.
Un concorso annuale seleziona quattro studenti; due di loro beneficiano di una borsa di studio di tre anni. Questi studenti trascorrono un anno all'estero (Lille o Barcellona).
In quest'occasione gli studenti si occupano di ricerche molto diverse: alcune riguardano la creazione e la lettura di testi di opere drammatiche (Ione di Euripide, Acarnesi di Aristofane); altri la storia della ricezione di testi antichi (con un programma riguardante l'edizione dei testi tragici del Rinascimento, lavoro che si appoggia alla realizzazione di un CDRom, edito a Trento, contenente i testi di tutte le edizioni di Eschilo del XVI, XVII, XVIII secolo; con una tesi sulle letture di Aristofane in Germania); anche la filosofia del linguaggio è coinvolta, con un lavoro sulla pragmatica della persuasione di Eschilo; infine, e questo dovrebbe essere da stimolo per numerose ricerche, è stato realizzato quest'anno un programma di analisi numerica dello stile di Eschilo. La riunione regolare (tre volte all'anno) del collegio dei professori di questo dottorato assicura agli studenti la possibilità di una discussione collettiva sui loro lavori.
Questo successo è dovuto al fatto che Vittorio Citti, che attualmente sta finendo un libro sulle Coefore di Eschilo, da tempo ha riunito gli studiosi di diverse discipline scientifiche perché discutano insieme i loro procedimenti e le loro differenze. Per questo è stato creato un "collegio Eschiliano", che regolarmente riunisce filologi provenienti da orizzonti molto diversi, come la scuola analitica anglosassone e le diverse scuole ermeneutiche "continentali", oltre che storici della tradizione dotta. Una vera comunità di lavoro si è così costituita. Dopo una prima riunione a Cagliari nel maggio 1998 (pubblicata nella rivista Lexis l'anno successivo), ed un colloquio nel febbraio 1999 sull'opera di Mario Untersteiner (filologo nativo di Rovereto), lo scorso ottobre a Trento si è tenuta una riflessione critica sull'edizione del testo di Eschilo; un prossimo colloquio tratterà della metrica, e Lille inviterà il Collegio a ritornare sulla difficile questione dell'interpretazione del Prometeo incatenato.


[Traduzione di Chiara Parisi]
Nella foto in alto: teatro di Delfi, IV sec. a. C.


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