Romagnosi
giurista e politico
di Diego Quaglioni
Gian Domenico Romagnosi (1761-1835) è personalità
di primo piano nella giurisprudenza italiana fra Sette e
Ottocento. La sua opera, nel rinnovamento del pensiero
giuridico europeo che s'intreccia con la Rivoluzione
francese e con l'avvento della codificazione napoleonica, è strettamente
legata alla fondazione di una nuova scienza del
diritto pubblico e in particolare del diritto penale e
del diritto amministrativo. Si può dire che la sua
dottrina è una delle manifestazioni più chiare
dello spirito scientifico settecentesco, rivolto ad
affermare una fondamentale unità di metodo per le
scienze morali (tra le quali il diritto continua ad
occupare un posto di primo piano) e per le scienze
della natura. Non è un caso che il celebre
esperimento sul galvanismo, intorno al quale Sandro
Stringari ha di recente portato nuova luce, si compia
a Rovereto, nell'ambiente intellettuale raccolto
attorno all'Accademia Roveretana degli Agiati, cioè
in una società di letterati che a partire dagli anni
'50 del Settecento amano dibattere con la stessa
intensità questioni di diritto, filosofia, lingua e
letteratura così come di scienze fisiche, matematiche
e naturali. Spirito enciclopedista, Romagnosi deve al suo decennio a Trento e nel Tirolo italiano
le occasioni per la maturazione del suo abito
intellettuale e della sua opera di investigatore dei
fenomeni naturali, di giurista e di pensatore politico.
Romagnosi, che si era addottorato a Parma, giunse a Trento nel 1791 per occupare l'ufficio di
pretore, allora di durata annuale e non
immediatamente rinnovabile, a norma di statuto (aveva già
inoltrato domanda al magistrato consolare l'anno
precedente, ma allora gli fu preferito il modenese Valdrighi). Il suo mandato non fu esente da
contrasti con l'ultimo vescovo-principe di Trento,
il conte Pietro Vigilio Thun; questi tuttavia,
all'uscita dall'ufficio di pretore, gli concesse il titolo di
consigliere aulico d'onore. Romagnosi restò perciò
a Trento ed esercitò la professione di consulente
legale, benché, in quanto forestiero, gli fosse
precluso l'esercizio dell'avvocatura. Dopo l'entrata
dei francesi a Trento, nel 1796, e con il successivo
passaggio della città sotto il consiglio
amministrativo austriaco, Romagnosi si trovò esposto al
sospetto di attività filo-rivoluzionarie e tra il 1798 e il
1800 fu formalmente accusato di alto tradimento e
imprigionato, venendo poi però assolto. Infine
nel 1801, con la terza occupazione francese della
città, egli divenne segretario del consiglio
superiore presieduto dal giurista Carlo Antonio
Pilati. Romagnosi lasciò quindi Trento per dedicarsi
all'insegnamento universitario e ad un'intensa
attività pubblicistica, certamente tra le più
significative nei primi anni della restaurazione.
I suoi primi scritti politico-giuridici, dedicati
ai concetti di uguaglianza e di libertà,
risalgono appunto agli inizi del decennio trentino,
così come la sua Genesi del diritto
penale, del 1791, in cui si può già vedere la tendenza ad
impostare la sua dottrina "more geometrico" (oggi
diremmo con metodo razionale-sistematico), metodo che avrebbe trovato poi una compiuta
espressione nella Introduzione allo studio del diritto
pubblico universale (1805). La sua "civile
filosofia", cioè la sua teoria generale del diritto pubblico,
fa di lui uno dei più importanti e riconosciuti
teorici giuristi dell'età moderna.
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