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  speciale 3+2  
Continua il dibattito sulla riforma universitaria
Intervengono gli studenti
Continua il dibattito sulla riforma universitaria iniziata nel numero precedente con l'intervista al sottosegretario del Murst Luciano Guerzoni e gli interventi delle Facoltà di Sociologia, Economia e Giurisprudenza. In questo numero, oltre a dare spazio alle altre Facoltà dell'ateneo, sentiamo l'opinione di alcuni studenti.


Marinella Daidone intervista Alessandro Chemini e Lorenzo Demattè

I due nuovi corsi di laurea attivati in quest'anno accademico dall'Università di Trento sono nati nell'ottica della riforma universitaria. Il corso in Ingegneria delle telecomunicazioni (Facoltà di Ingegneria) e quello di Informatica (Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali) sono stati programmati in sinergia dalle due Facoltà, applicando, per quanto possibile, strumenti didattici, metodi e modalità previsti dalla riforma già varata, ma ancora in fase di attuazione. Alessandro Chemini e Lorenzo Dematté sono due studenti del primo anno, rispettivamente di Ingegneria delle telecomunicazioni e di Informatica.
La loro esperienza, anche se breve, le loro attese e le loro perplessità possono essere utili per capire cosa si aspettano gli studenti, o almeno una parte di essi, dal sistema università.

Potete raccontare la vostra esperienza e le differenze che avete notato rispetto ad altri corsi di laurea?

Alessandro: Non posso dire molto perché è la mia prima esperienza universitaria, ma confrontandomi con amici iscritti ad altri corsi di laurea, ho notato che loro hanno "periodi morti" e poi si trovano a dover concentrare lo studio prima dell'esame; i nostri ritmi, invece, sono molto più scanditi, richiedono una frequenza assidua ma siamo seguiti e riusciamo a raggiungere i risultati che ci siamo prefissi.

Lorenzo: Sono d'accordo con Alessandro, vorrei aggiungere che per me questo è un bene, forse perché io manco un po' di organizzazione e allora diventa veramente importante studiare in modo continuativo per dare l'esame con tranquillità.

So che seguite alcuni corsi in comune, anche se siete iscritti a due diverse facoltà.

Alessandro: Sì, nel primo semestre abbiamo seguito diversi corsi comuni. Per un'Università come Trento fare più corsi sulla stessa materia sarebbe in questo caso un'inutile duplicazione, mentre l'operazione che è stata compiuta ha visto il dimezzamento delle risorse impiegate senza una diminuzione sensibile dell'offerta formativa. È vero però che un corso può essere polarizzato a seconda dell'indirizzo prescelto.

Lorenzo: Sì, ad esempio la fisica che serve agli informatici e agli ingegneri delle telecomunicazioni parte dalla stessa base, ma poi si differenzia. Noi comunque non abbiamo avuto problemi sia perché siamo in numero contenuto, ma soprattutto perché possiamo contare sulla disponibilità dei docenti che si sono offerti di svolgere lezioni integrative per coloro che avevano bisogno di approfondimenti.

Mi sembra però che uno dei princìpi della riforma sia quello di fornire una cultura di base comune a più corsi di laurea.

Alessandro: Dobbiamo stare attenti da un lato a non iperspecializzare, ma dall'altro a non appiattire il livello, cioè a dare le stesse competenze a laureati che hanno lauree diverse.

Lorenzo: Io mi aspetto che l'università mi offra cultura e specializzazione nel settore che ho scelto.

Alessandro: Quando dico di evitare la specializzazione eccessiva, intendo sottolineare che l'università non deve fare del laureato un prodotto perfetto e impacchettato per una data impresa, mi aspetto invece che la formazione universitaria dia al singolo anche capacità di autopromozione e di adattamento ambientale.

Quindi l'università deve fornire gli strumenti che sviluppino duttilità e capacità critica.

Lorenzo: Questo è un punto fondamentale, anche perché le tecnologie con cui abbiamo a che fare oggi non saranno più le stesse tra cinque anni.

Alessandro: Vorrei aggiungere che occorre fare attenzione a non subordinare la formazione universitaria al sistema produttivo esistente. Non bisogna dimenticare che uno degli scopi dell'università è la ricerca scientifica che contribuisce, tra l'altro, all'innovazione del sistema produttivo.

Dopo la laurea di primo livello, alla fine dei 3 anni, si aprono per voi diverse strade, tra cui lavoro, master, laurea specialistica. Cosa pensate al riguardo?

Alessandro: Questo è senz'altro un aspetto positivo, dipenderà poi da come lo metteranno in pratica le singole università. Ciò che mi lascia dei dubbi è uno degli obiettivi della riforma che punta a diversificare l'offerta formativa da ateneo ad ateneo. Credo che solo marginalmente potrà essere raggiunto in Italia, poiché se gli studenti decidono di proseguire gli studi in una città lontana devono avere strutture di accoglienza, convitti e facilitazioni dal punto di vista economico.

Quindi ritieni che occorre potenziare il diritto allo studio per dare veramente agli studenti la possibilità di scegliere. E tu, Lorenzo, cosa ne pensi?

Lorenzo: Sì, le opportunità del diritto allo studio sono importanti per favorire la mobilità degli studenti; altrettanto importante è che non ci siano intralci burocratici che rendano difficile spostarsi da un ateneo all'altro. In generale, comunque, trovo molto positivo che aumentino le possibilità di scelta, soprattutto nel campo delle lauree specialistiche.

Per quanto riguarda il vostro futuro professionale, avete considerato la possibilità di un lavoro all'estero?

Alessandro: Non ho nulla contro la mobilità, purché questo non significhi precarietà del lavoro. Inoltre prima di far spostare masse di persone ritengo sia più proficuo utilizzare altre modalità, sto pensando ad esempio al telelavoro.

Lorenzo: Per me lavorare a Trento, a Milano o ad Oslo, non fa differenza, purché il lavoro che svolgerò sia professionalmente interessante. Inoltre, se pensiamo al telelavoro, potrei anche lavorare ad Oslo stando a Trento.

Certo! Perché no?

Nelle foto: Lorenzo Demattè e Alessandro Chemini