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  università senza barriere  
La cultura della mobilità e della vita indipendente
di Graziella Anesi
La guida proposta all'allora rettore dell'Università di Trento, Fulvio Zuelli, è finalmente arrivata al traguardo. Essa riveste per HandiCREA diversi significati importanti. È stato un lavoro inconsueto che ci ha visti visitare gli ambienti di tutte le facoltà, misurare le larghezze di passaggi, ascensori, porte, organizzare, impaginare e rendere "leggibili" in modo chiaro i dati. Potremmo dire che il fine era quello di produrre una pubblicazione, uno strumento di conoscenza riguardante le diverse strutture, indirizzato soprattutto alle persone che vivono una difficoltà fisica o sensoriale e che frequentano gli spazi delle facoltà. Ma non saremmo soddisfatti se la collaborazione si esaurisse con l'uscita della guida; l'obiettivo non sarebbe raggiunto se non portasse anche, tanto per cominciare, tutti - professionisti, tecnici, responsabili e studenti - a fare l'analisi dei dati che dalle rilevazioni emergono. Gli elementi ci sono ed HandiCREA vorrebbe, partendo da questo lavoro, ragionare assieme ad altri per modificare le cose. Abbiamo visto che gli edifici, pur presentando spesso percorsi obbligati più complessi e tortuosi, consentono la frequenza ai corsi alle persone con difficoltà fisiche o sensoriali; il fatto però che questi percorsi siano appunto più lunghi e difficoltosi è già un elemento che può compromettere la partecipazione delle persone che devono poter accedere con facilità agli ambienti. Abbiamo spesso detto come le motivazioni che portano una persona disabile a scegliere lo studio, oltre che dalle sue ambizioni personali, i suoi interessi, la rete di rapporti e le esperienze precedenti, possano essere condizionate, e non poco, dalla fruibilità degli spazi e dai servizi di supporto organizzati all'interno ed all'esterno della facoltà che lo interessa. Dalla mobilità intesa nel modo più ampio possibile, insomma. Ecco quindi che ogni elemento che ostacola, limita o impedisce la mobilità e di conseguenza la partecipazione, è responsabile di una fatica, un peso o una rinuncia. Se applichiamo questo al "quotidiano" della persona disabile, un quotidiano costituito da molti momenti in cui l'ambiente diventa importante, determinante molto più che per gli altri, vediamo come - al termine di una giornata - siano tante, ancora troppe, le energie che essa deve spendere per affrontare la vita di tutti i giorni.

È appena uscita la guida pubblicata dall'Università di Trento Università senza barriere. Ne parlano Graziella Anesi, presidente della cooperativa HandiCREA e Fulvio Zuelli, presidente dell'Opera Universitaria di Trento, ente per il diritto allo studio che garantisce anche agli studenti disabili la piena partecipazione alla vita universitaria.
Certo questo accade dentro e fuori l'università, ma perché non partire da qui, dato che il materiale non manca, per fare concretamente quel qualcosa in più che consentirebbe di pensare di essere veramente partecipi di un miglioramento del nostro grado di civiltà? L'Università di Trento, dobbiamo darne atto, non è l'esatta fotografia di quanto sperimentiamo in altri ambienti: crediamo essa abbia dimostrato in questo ambito attenzione ed impegno maggiori, volti al miglioramento della qualità servizi, ma possiamo creare a Trento, proprio perché in qualche modo già avviata su questa strada, una cultura della mobilità e della vita indipendente. Ma una cultura per capire ha prima bisogno di conoscere le esigenze, le aspettative dei soggetti su cui va a incidere e sapere quali sono le cose da modificare per rendere l'ambiente a misura di tutti. Vi sono Stati, nel Nord Europa in particolare, dove le leggi per l'eliminazione delle barriere architettoniche e la progettazione accessibile non esistono, semplicemente perché le barriere non ci sono, non sono nella cultura né dei progettisti né della società nella sua interezza. Mentre ci chiediamo quanto tempo dovrà passare perché questo cominci anche da noi, ci auguriamo che la guida possa essere uno stimolo a muoversi sempre di più in questa direzione. Le pubblicazioni di questo tipo sono nate e vengono diffuse in gran numero proprio in quei paesi già attenti anche visibilmente ai diritti dei disabili. Noi le abbiamo proposte all'Università e contemporaneamente al Comune di Trento, perché vediamo in esse uno strumento di informazione per residenti, turisti, studenti, ma anche perché sono elemento dal quale partire per delle riflessioni. Non vogliono essere semplici liste di ciò che è funzionale o meno, ma piuttosto un terreno dal quale correggere, modificare e soprattutto progettare l'accessibilità. È l'obiettivo più impegnativo e importante che riusciremo a raggiungere solo se sapremo, assieme ad altri, "costruire" modalità adatte a questo scopo.

Rendere normale ciò che oggi è "speciale"