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  dopo la laurea  
Gli sbocchi professionali dei laureati di Trento
di Carlo Borzaga

La ricerca è stata affrontata con l'obiettivo di analizzare gli sbocchi occupazionali e la carriera universitaria dei laureati.
Il campione sottoposto ad indagine risulta composto da tutti i laureati dell'Ateneo trentino e dai residenti in provincia di Trento che hanno conseguito la laurea nelle Università di Verona, Padova, Venezia, Milano e Bologna, con riferimento agli anni accademici 1982/83, 1986/87, 1990/91, 1994/95. Si tratta in totale di 2468 laureati, di cui 1408 (il 57,1%) a Trento.
L'indagine è stata realizzata attraverso un questionario postale somministrato tra luglio e ottobre 1998, restituito compilato da 1402 laureati, così da raggiungere un tasso di risposta pari al 58,5%. Pur senza sottovalutare i limiti connessi alla natura postale del questionario, è lecito ritenere che il campione così ottenuto possa garantire una buona rappresentatività dell'universo considerato.
I laureati intervistati hanno generalmente frequentato assiduamente l'Università: il 73,6% ha seguito regolarmente o tutti i corsi (48,3%) o almeno una parte di essi (25,3%). Solo il 3,5% non ha mai partecipato alle lezioni, mentre il 15,3% ha frequentato regolarmente in alcuni anni e saltuariamente in altri. Anche tra gli studenti lavoratori molti hanno seguito almeno alcuni corsi. La frequenza regolare alle lezioni è andata crescendo nel tempo (dal 67,0% della leva 82/83 al 76,4% della leva 94/95) ed è risultata superiore per gli studenti residenti in provincia e iscritti all'Università di Trento (77,2%).
La ricerca conferma la crescente apertura degli universitari trentini ad esperienze di studio all'estero: si è recato per almeno qualche mese all'estero l'8,0% degli appartenenti alla leva 82/84 e il 17,7% degli appartenenti alla leva più recente, la metà circa su iniziativa personale e l'altra metà beneficiando delle opportunità offerte dai programmi comunitari o degli scambi organizzati direttamente dall'Università.
Nonostante gli elevati tassi di frequenza, i laureati intervistati sono generalmente rimasti in Università per un periodo di tempo superiore a quello previsto dagli ordinamenti delle diverse facoltà. Solo l'8,0% dichiara infatti di essersi laureato in corso e tale quota è andata riducendosi sensibilmente dal 16,5% della leva 82/83 al 4,6% della leva 94/95 (secondo la recente indagine di AlmaLaurea, il numero di laureati in corso sarebbe tuttavia cresciuto in modo significativo negli anni accademici successivi al 1994/95). Il 21,5% dei rispondenti si è laureato entro il primo anno fuori corso e ben il 70,5% con 2 o più anni fuori corso.
Non sempre rimanere più a lungo dentro l'Università sembra garantire una migliore riuscita in termini di votazione ottenuta all'esame di laurea. Se infatti il 32,7% degli studenti ha terminato gli studi universitari con votazioni elevate (uguali o superiori al valore mediano per facoltà) e in tempi brevi (in un periodo di tempo inferiore al valore mediano dell'indice di durata, definito rapportando, per ciascun laureato, la durata effettiva degli studi a quella legale del rispettivo corso di laurea) il 24,7% si è laureato in tempi lunghi e con votazioni basse.
In generale, i laureati nei tempi più brevi sono soprattutto coloro che hanno frequentato l'Università nella stessa provincia di residenza, sebbene la quota di laureati in corso sia maggiore tra chi ha studiato fuori provincia. Anche l'assiduità nella frequenza alle lezioni influenza positivamente la riuscita degli studi, determinando una durata inferiore e una votazione più elevata della media.
Terminata l'Università, il 20,5% dei laureati ha continuato il lavoro in cui era precedentemente occupato, il 41,2% si è posto subito alla ricerca di lavoro, il 38,4% ha posticipato la ricerca attiva ad esempio per assolvere gli obblighi di leva, per affrontare il tirocinio per l'accesso all'esame di stato oppure per intraprendere studi post-laurea. Sia per il secondo che per il terzo sottogruppo, i tempi di ricerca effettiva di lavoro risultano particolarmente contenuti: rispettivamente il 63,8% ed il 73,3% ha trovato lavoro entro tre mesi; l'81,3% e l'88,2% entro sei mesi; solo il 7,1% ed il 4,5% ha cercato o sta cercando lavoro da più di 12 mesi.
Nonostante al momento dell'indagine il 3,9% degli intervistati fosse ancora disoccupato (6,6% per l'ultima leva), il 62,0% di essi stava cercando lavoro da meno di sei mesi e solo il 18,0% da più di un anno.
Sempre al momento dell'indagine, l'89,6% del campione risultava occupato; il 24,2% nel settore dell'istruzione, ricerca e sviluppo, il 18,6% nella pubblica amministrazione, il 13,6% nel credito e il 13,2% nell'industria. Passando da una leva all'altra si registra una diminuzione dell'assorbimento di laureati da parte del settore pubblico in generale (dove sono occupati il 65,8% dei laureati della prima leva e il 35,2% dell'ultima) e in particolare dei settori della sanità e dell'istruzione, ricerca e sviluppo, mentre risulta in aumento la capacità di assorbimento dell'industria (da 3,8% della prima leva a 15,9% dell'ultima), del credito (da 8,6% a 16,1%) e delle libere professioni (da 4,9% a 16,3%).
In generale, gli intervistati ritengono che tra laurea posseduta e lavoro svolto vi sia una buona (23,1%) o elevata (42,5%) coerenza; la laurea è inoltre considerata indispensabile (60,3%) o almeno utile (34,5%) per l'attività svolta, tanto che il 68,5% dei laureati, se dovesse scegliere oggi, frequenterebbe lo stesso corso di laurea e solo il 3,8% non si iscriverebbe più all'Università. Non così netta appare la soddisfazione per il lavoro svolto: essa risulta buona dal punto di vista del tipo di lavoro e della relativa varietà, dei rapporti con superiori e colleghi, del luogo di lavoro, della stabilità e sicurezza, ma bassa rispetto alla remunerazione, alle prospettive di carriera ed alla disponibilità di tempo libero. Come se il mercato del lavoro locale, che pur sembra avere bisogno della professionalità di questi laureati, fosse percepito da molti di essi incapace di offrire adeguate prospettive.