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Esperienze lavorative nella biblioteca di ateneo
di Gianna Adami e Monica Tomasi

Lo scorso autunno durante gli incontri su "Accoglienza e accompagnamento degli studenti disabili" ci siamo, per la prima volta, confrontati tra personale dell'Ateneo e obiettori di coscienza su queste tematiche affinando una certa sensibilità, non solo sulle problematiche degli utenti disabili che frequentano l'Università, ma anche dei lavoratori disabili che nell'Ateneo operano. La loro presenza silenziosa ma preziosa è attiva anche nei vari settori della biblioteca.
L'utilizzo sempre più massiccio delle nuove tecnologie in biblioteca ha significato un sostanziale miglioramento delle condizioni di lavoro per questo gruppo di lavoratori: l'ausilio dell'informatica ed in particolare di cataloghi on-line, banche dati remote, posta elettronica e via dicendo ha permesso loro di superare una situazione oggettiva di disagio, consentendo di offrire, da una parte, un servizio più qualificato, più efficiente ed efficace e, dall'altra, di svolgere un'attività più stimolante, magari a più stretto contatto con colleghi e/o utenti. Il loro giudizio su questo importante cambiamento è, in generale, positivo. Renato Franceschi, impiegato da sei anni all'Università e da tre in biblioteca, osserva che "la situazione dei lavoratori disabili è molto migliorata e potrebbe migliorare ancora cogliendo ulteriormente le opportunità fornite dalle nuove tecnologie che consentono di svolgere un lavoro più gratificante." Dello stesso parere è anche Francesco Taddei, da ventisei anni in Università e da circa 20 addetto alla collocazione dei fascicoli dei periodici nelle sale di lettura del polo di via Verdi e alla sorveglianza. "Finalmente sono autonomo e grazie ad un PC collegato in rete posso rispondere tempestivamente agli utenti senza dover dipendere dal telefono e dalla presenza di altre persone" dice Francesco che, per i suoi problemi alle anche, può raggiungere solo con fatica il Settore Periodici. La loro non è un'adesione acritica alle possibilità fornite dall'informatica. Parlando di telelavoro, infatti, sottolineano che questa modalità lavorativa non li interessa. "A casa ti isoleresti completamente, diventando succube di un PC" spiega Francesco e Renato aggiunge: "preferisco lavorare a contatto con gli altri", pur dovendo superare ogni giorno le proprie difficoltà motorie, anche grazie alla cooperativa "La ruota", per recarsi negli uffici centrali di via Verdi dove si occupa dell'inserimento sulla pagina WEB della biblioteca degli indici dei nuovi fascicoli di circa 150 periodici.
Paolo Mottola che da nove anni lavora nella nostra biblioteca ed è addetto al servizio di distribuzione al pubblico del polo scientifico di Povo racconta: "il contatto umano con gli utenti è l'aspetto più significativo, anche se talvolta più stressante, del mio lavoro" ma, ci tiene a sottolineare, "i rapporti interpersonali vanno costruiti un po' per volta nel tempo, all'insegna della cordialità e della stima reciproca". Questo atteggiamento si è rivelato vincente e gli ha permesso di instaurare con l'utenza, formata per lo più da studenti, un rapporto cordiale ed addirittura di collaborazione. Talvolta però non è semplice stabilire rapporti costruttivi sia con gli utenti che con i colleghi: Loretta Zigante e Giuseppe Fontanari lavorano da circa 20 anni in biblioteca rispettivamente al prestito interbibliotecario provinciale e alla registrazione dei fascicoli di periodici, e per loro, affetti da sordità, la comunicazione con gli altri è spesso un problema. "Io mi sforzo di parlare, di farmi capire - dice Loretta - ma non sempre trovo in chi mi sta di fronte la pazienza, la disponibilità a comprendere e a farsi comprendere. Spesso chiedo di ripetere e qualcuno lo fa, qualcun altro no…Sarebbe importante che la pronuncia labiale fosse chiara."
Sia Loretta che Giuseppe, lo scorso autunno, hanno avuto modo di partecipare ad un corso di formazione professionale per bibliotecari, all'interno del quale è stato organizzato per loro un servizio di traduzione simultanea nel linguaggio dei segni, svolto da un'interprete professionista. Per entrambi l'esperienza è stata positiva perché ha dato loro modo di ampliare le conoscenze al di là del loro specifico ambito lavorativo, quasi una risposta ad una loro esigenza, alla loro sensazione di essere esclusi: "non so mai niente, non mi viene detto…forse perché sono sorda". "Ci sarebbe voluta una persona che semplificasse i concetti e poi li spiegasse" dice Giuseppe evidenziando che la comunicazione segnica non sempre riusciva ad essere efficace. Inoltre c'è l'esigenza di un aggiornamento costante "non una cosa fatta una volta e poi tutto torna come prima" conclude Loretta.
Tutti i colleghi intervistati sono soddisfatti delle loro rispettive esperienze lavorative in biblioteca. Forse rimangono ancora da superare alcune invisibili barriere mentali, non tanto architettoniche, che talvolta si creano nei rapporti interpersonali anche se, per fortuna, "ciò accade solo raramente", come ricorda Paolo. "Al cospetto di una persona disabile scatta talvolta un meccanismo per cui l'interlocutore vede solo la limitazione fisica e ritiene che il disabile sia inadeguato a svolgere una data attività: si tratta di vere e proprie barriere, anche se solo mentali, che impediscono di riconoscere l'altro come un individuo, come una persona con la sua identità. Occorre invece superare quegli atteggiamenti ispirati dal pietismo o, peggio, dall'indifferenza che per fortuna non riscontro nel mio ambiente di lavoro, ma piuttosto fuori."