LA VERA RICCHEZZA DELLE NAZIONI

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Lectio magistralis di Sir Partha Dasgupta, professore di Economia alla Cambridge University
di Ivana Catturani

L’essenza della Lectio magistralis del professor Partha Dasgupta, tenutosi il 14 febbraio scorso presso il Dipartimento di Economia e Management a Trento, si può riassumere in quella parola “vera”, che definisce il distacco tra la teoria attuale e quella di Smith. Il professor Dasgupta, già docente alla London School of Economics, attualmente professore di Economia alla Cambridge University, è membro dell’Advisory board di Euricse (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises). 

Partha Dasgupta inizia la sua riflessione sulle componenti della ricchezza di una nazione quarant’anni fa assieme a colleghi tra i quali A. Sen. In quella fase, il completamento alla definizione economica di ricchezza era legato agli aspetti sociali, in particolare alla salvaguardia del lavoro e al processo produttivo. La riflessione del professor Dasgupta lo ha portato a inserire a questi due elementi, un terzo: l’ambiente. È su questi tre pilastri che si fonda la sua idea di economia inclusiva.

Nel suo intervento, il professor Dasgupta si concentra su una domanda fondamentale: è possibile integrare gli indicatori di sviluppo con misure che riescano a catturare la vera ricchezza delle nazioni e di dare una valutazione del benessere completa? 

L’intervento del professor Dasgupta si focalizza su due concetti: l’economia a qualsiasi scala; e il giudizio sulle performance economiche. I confronti internazioni calcolano la ricchezza dei paesi in base al loro PIL, una misura che tiene in considerazione solo uno degli elementi per il confronto. Il PIL è certamente un mezzo di valutazione della ricchezza, ma non è il suo fine. Esistono, infatti, due forme di valutazione: la prima si basa sulle costituenti del benessere (ad esempio, la felicità) e si focalizza quindi sui fini; la seconda si concentra sulle determinanti (ad esempio, il cibo) ed è maggiormente attenta ai mezzi.

La domanda rimane: come si elicita il benessere? Definendone gli elementi che lo determinano; valutandone gli elementi a cui le persone danno importanza; interrogandosi sulle risposte alla domanda “come ti senti”; considerando gli elementi che determinano le scelte oppure analizzando le scelte fatte? Questi metodi soffrono del limite di non fornire indicazioni sufficienti per poter prendere decisioni.

L’intuizione del professor Dasgupta è che vi sia una misura appropriata della base produttiva di un’economia per valutare il benessere. È necessario produrre “cose” per produrre benessere ed è necessario trovare un metodo per valutare la base produttiva in maniera appropriata. Si può riassumere questa intuizione in due proposizioni: 1) “Il benessere tra generazioni aumenta in un dato arco temporale se e solo se aumenta nello stesso periodo una misura sostenibile che descrive la base produttiva economica”; 2) “la misura del capitale produttivo con le caratteristiche enunciate nella prima proposizione è una misura inclusiva della ricchezza”. 

La prima proposizione permette di passare dal concetto di benessere a quello di ricchezza, intesa come stock, mentre la seconda proposizione permette di identificare questa misura con l’ “Indice di sviluppo inclusivo”, un indicatore che integra la misura della ricchezza materiale, con quella umana (salute, istruzione) e con il capitale naturale (risorse naturali, struttura degli ecosistemi). L’intento è quello di superare il tradizionale indicatore basato sul PIL, ma anche quelli più eterodossi, come l’indice ISU, che integrano il PIL con elementi sociali (istruzione e salute) per arrivare ad una misura completa che includa tutte le sfaccettature dello sviluppo. La base produttiva di uno stato si identifica con il suo capitale e con la produzione che si specifica in capitale produttivo, capitale umano e capitale naturale. Il tratto più innovativo della teoria presentata sta sicuramente nell’integrazione del capitale naturale per la valutazione della ricchezza. Per questo elemento i dati sono scarsi. Analizzando i dati, si dimostra come la composizione della ricchezza degli Stati sia fortemente sbilanciata verso le componenti classiche. Il capitale naturale risulta il grande assente. L’integrazione di questo elemento renderebbe più equo e corretto il confronto tra nazioni.