Giorgio Vallortigara e Piero Angela, 22.1.13, foto A. Coser, archivio unitn

POLITICA, MERITOCRAZIA E CULTURA DIFFUSA

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Incontro con Piero Angela. Un pubblico entusiasta per il pioniere della divulgazione scientifica invitato dal Centro Mente/Cervello dell’Ateneo
di Nicla Panciera

“A cosa serve la politica?”. Non ha parlato solo di scienza, lo scorso 22 gennaio, il pioniere della divulgazione scientifica Piero Angela alla platea dell’auditorium Santa Chiara di Trento e a coloro che, poco distanti, lo hanno seguito in collegamento video dal teatro Cuminetti. Un pubblico eterogeneo, composto da uomini e donne di ogni età, impazienti di incontrare il volto noto della RAI, invitato dal Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento al secondo appuntamento della serie Neuroscience&Society, incontri aperti al pubblico organizzati dal CIMeC insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.

Anche nell’affrontare problematiche di grande attualità politica, all’autore di Quark, SuperQuark, ma anche La macchina Meravigliosa, Il Pianeta dei dinosauri, Viaggio nel Cosmo, Ulisse, solo per citare i più visti, non sono mancate chiarezza e lucidità, pur condite di ironia, doti per le quali il suo pubblico non smette di apprezzarlo. “Un giorno un uomo mi disse: ‘Io la seguo da quando ero bambino’. Peccato fosse un anziano con la barba bianca” scherza ammettendo di “aver passato in RAI tutti i giorni, e tutto il giorno, degli ultimi sessant’anni”.

Angela ha offerto un’analisi della situazione in cui versa il nostro paese, concedendo poco alla cronaca e al gossip politico, argomentando con il rigore proprio del giornalismo di cui è maestro, quello scientifico. 

“Due sono i pilastri sui quali si basa la società: la produzione e la distribuzione della ricchezza. Ecco, la politica non produce ricchezza. Anzi, ormai sembra una gara sportiva. Sono disposto a concedere che la competizione faccia parte del gioco politico e, più in generale, del potere. Tuttavia, la capacità del sistema paese di essere competitivo sta nella sua capacità di produrre ricchezza. La crescita non è qualcosa che si fa per decreto. Non è solo imprenditorialità, solo tecnologia, solo ricerca o solo educazione; è tutte queste cose insieme”. Per il giornalista, è sufficiente guardare al passato, alla storia del nostro paese, per capire che è stata la ricchezza a permetterci di “passare dall’analfabetismo all’università di massa nel corso di una generazione. Mio padre è nato nel 1875: in un secolo siamo passati dalla civiltà del pane a quella dei satelliti. Come recita un vecchio detto, non si può essere ricchi e ignoranti per più di una generazione. La scienza, la tecnologia e la capacità di gestirle consentono di cambiare la struttura e la fisionomia di una società. Stiamo assistendo ad una esplosione di tecnologie che modificano il mondo, ma la società non è in grado di seguire questo cambiamento. Esiste un divario tra la capacità di cambiare il mondo e quella di gestire il cambiamento attraverso la cultura diffusa”.

Se questa è l’analisi, ecco la pars construens. “Ci vogliono criteri meritocratici nella selezione dei vertici, oggi evidentemente incapaci di guidare; progetti di lungo periodo che coinvolgano l’educazione, grande assente dai discorsi elettorali di questi giorni. Pagheremo cara questa miopia”. Noi tutti, cittadini e politici “siamo abituati a non badare al vero interesse del paese. Non meritiamo la ricchezza di cui sembriamo disporre: finora abbiamo vissuto sopra la nostra possibilità, come dimostra la situazione finanziaria del Paese”.

Paese non privo di potenzialità: “Ci sono le eccellenze, le incontro nei miei viaggi nei centri di ricerca italiani, ma sono il frutto degli sforzi di singoli e non di un progetto concordato, che manca”. 

Insomma, “la politica non crea ricchezza eppure impiega 1 milione 800 mila persone. Il politico è un pilota ma se la macchina non va, non serve a nulla un politico migliore. Il ruolo della politica va ridimensionato, è solo un elemento del sistema. Bisogna tornare ad occuparsi di chi produce, beni materiali e immateriali, abbandonando la nostra attitudine di concentrarci sulla sola redistribuzione che è anche importante, ma per il momento non decisiva. Allora non sarebbe ora di tornare ad occuparsi della mucca, che produce il latte, piuttosto che della sua distribuzione? Qual è il vero motore del cambiamento?”.

Un lungo applauso del pubblico ha ringraziato Angela al termine del suo intervento, prima di dare spazio alle molte domande sulla televisione di oggi, sull’importanza di entrambe le cosiddette due culture, quella umanistica e quella scientifica, ma anche sul ruolo colpevole di una certa divulgazione nel rafforzare le false credenze sul sovrannaturale.