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LA PROFESSIONE DEL SOCIOLOGO

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L'Ateneo ospita il convegno “Sociologia, professioni e mondo del lavoro” a 50 anni dalla fondazione dell'Associazione Italiana di Sociologia
di Annamaria Perino

Nei giorni 12 e 13 ottobre 2012 si è svolto, nella sede della Facoltà di Sociologia dell’Ateneo trentino, il Convegno “Sociologia, professioni e mondo del lavoro”, organizzato dall’Associazione Italiana di Sociologia (AIS) e dalla Facoltà di Sociologia, in occasione delle celebrazioni del 50esimo anniversario della fondazione di quest’ultima.

L’evento, orientato a riflettere sul ruolo della sociologia e del sociologo nella attuale società, ha visto la partecipazione di oltre 150 persone provenienti da tutta Italia e si è articolato in quattro differenti sessioni.

Nella prima si è cercato di fare il punto sulla evoluzione del sapere sociologico, sia ripercorrendo la storia della Facoltà ospitante, sia ricostruendo il cammino della sociologia nel nostro Paese (con particolare attenzione al processo di istituzionalizzazione della disciplina e al rapporto di quest’ultima con le altre scienze sociali), sia delineando il profilo della professione di sociologo (Chi è il sociologo? Cosa fa? Dove lavora?).

Nella seconda, a partire dall’analisi dei dati di Almalaurea, si è riflettuto sui temi dell’occupabilità dei laureati in sociologia (suggerendo anche possibilità di miglioramento della stessa), del riconoscimento del ruolo del sociologo, nonché della sua reputazione e legittimazione, anche attraverso la ricostruzione della rappresentazione mediatica della professione e le testimonianze dei rappresentanti di alcune associazioni di sociologi (AIST, SINSI, SISS, Sociologia Trento 1962, SOIS).

Nella terza e quarta sessione di lavoro sono state messe a confronto le esperienze dei sociologi che hanno svolto o svolgono la loro attività professionale in differenti settori (ricerca, industria e terziario, comunicazione, ecc.), con l’obiettivo di evidenziare i punti di forza e di debolezza della professione, nonché i possibili spazi ad essa destinati.

Dal Convegno sono emerse prospettive interessanti che, se opportunamente utilizzate, possono contribuire a far riconoscere lo status del sociologo e a meglio indirizzare la formazione, in stretta connessione con il mondo del lavoro.

Quella del sociologo appare come una professione “evanescente”, dai contorni poco definiti (si sa che il sociologo si occupa della società ma non si sa esattamente cosa faccia per essa), tant’è che non è raro che esso venga confuso con altri professionisti (lo psicologo, ad esempio). Il mancato riconoscimento della sua identità professionale porta, spesso, a rendere invisibile il sociologo; non giocano a suo favore neanche i pregiudizi e gli attacchi che giungono da parte dell’opinione pubblica.

L’offerta formativa destinata ai sociologi risulta essere, al contempo, molto diversificata e troppo generalista. La laurea in sociologia non sembra garantire lo svolgimento di una professione specifica e, raramente, crea collegamenti con il mondo del lavoro; l’Università non orienta gli studenti agli sbocchi occupazionali, non riesce ad indicare loro quali sono i settori sui quali è opportuno investire.

Si sottolinea, altresì, la necessità di ri-attribuire importanza alla base metodologica; la formazione dovrebbe orientare alla comprensione dei problemi e alla ricerca delle possibili risposte.

Alla luce di quanto esposto (mancato riconoscimento del ruolo professionale, “indebolimento” della formazione, scarsa comunicazione tra Università e imprese) appare chiaro che il mercato del lavoro possa riservare solo piccole “nicchie” alla professione sociologica (pubblica amministrazione, sanità, ricerca, servizi sociali) e che sia, pertanto, necessario, da una parte, potenziare il dialogo tra Università e mondo del lavoro (al fine di comprendere quali sono le necessità di quest’ultimo, senza tuttavia affannarsi a rincorrerlo) e, dall’altra, valorizzare ciò che di positivo c’è, senza farsi eccessive illusioni circa l’espansione della professione. Si raccomanda di tener presente che i processi di modernizzazione del lavoro e i cambiamenti organizzativi che stanno caratterizzando sia l’ambito pubblico sia quello privato portano inevitabilmente a ricollocare i diversi professionisti, chiedendo loro di lavorare in un’ottica interdisciplinare, talvolta cedendo ad ibridazioni con altre professioni. Da più parti si richiama la concorrenza delle scienze economiche, evidenziando la difficoltà della sociologia ad essere al passo con i cambiamenti, di riuscire a leggere e denominare i fenomeni sociali.

Se il quadro d’insieme non sembra attribuire un ruolo di spicco al sapere sociologico e al sociologo, non si può ignorare il fatto che i professionisti chiamati a raccontare la propria esperienza hanno portato una visione ottimistica, spesso sottolineando la gratificazione e la soddisfazione derivante dall’attività professionale svolta. Ciò che si lamenta è la scarsa collaborazione tra sociologia accademica e sociologia professionale; l’alleanza tra i due ambiti dovrebbe consentire e di riequilibrare il rapporto tra area “teorica” e area “operativa” del sapere sociologico e di costruire sinergie in grado di ridare vigore alla disciplina e alla professione.

A tal fine, prendendo atto della volontà manifestata da molti dei partecipanti all’evento di dare un fattivo contributo al miglioramento dell’immagine del sociologo e della sociologia, si è proposto di ritrovarsi, in primavera, per proseguire i lavori avviati in questa sede.

L’auspicio è che la collaborazione possa promuovere l’individuazione di strategie, strumenti e modalità operative che permettano al sociologo di riconquistare il ruolo che dovrebbe essergli proprio, quello di studioso e analista di fenomeni sociali per i quali è necessario trovare risposte realistiche e convincenti, in un clima di costanti e pesanti ristrettezze economiche.