LA CRISI FINANZIARIA NELL'UNIONE EUROPEA: SFIDE E RISCHI

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Un convegno organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche e dalla Scuola di Studi internazionali
di Nargiz Shakikhanova

Previsioni cupe, mancanza di regole e la crisi della zona euro comparata a una mina vagante. Sono solo alcune delle osservazioni pessimistiche fatte in occasione del seminario dal titolo “Coping with the Financial Crisis in the EU: Challenges and Dangers”, organizzato congiuntamente dal Dipartimento di scienze giuridiche e dalla Scuola di Studi Internazionali dell’Università degli Studi di Trento, il 7 giugno 2012.

L’evento ha riunito eminenti studiosi e ricercatori dell’Università di Trento, dell’Università della Tuscia, della Erasmus University Rotterdam, della London School of Economics and Politcal Science (LSE) e dell’Observatoire Français des Conjonctures Economiques (OFCE).

La crisi dell’Eurozona ha reso chiaro come non solo i benefici, ma anche i rischi dell’integrazione europea, devono essere condivisi. Il problema, tuttavia, è quello di elaborare le regole appropriate – economicamente, politicamente e giuridicamente – per garantire tale ridistribuzione.

Diviso in due sessioni, il seminario ha tentato di affrontare queste ed altre questioni che ruotano attorno alla crisi del debito sovrano europeo. La prima sessione dal titolo Prosperity in Danger” è stata introdotta dal prof. Edoardo Chiti (Università della Tuscia), che ha sottolineato come il processo di trasformazione in una “comunità dei rischi” fosse già iniziato, come può essere visto dal rafforzamento della disciplina fiscale, anche se molto resta da fare.

La crisi, tuttavia, è circondata di numerose ambiguità quali, ad esempio, quelle proprie dei criteri di convergenza. Il prof. Giorgio Fodor (Università di Trento), ha confermato questo dato sostenendo che i criteri di Maastricht sono carenti in quanto non riflettono un profilo importante all’origine delle attuali turbolenze, ovvero il ruolo del settore bancario. Il prof. Vincent Della Sala (Università di Trento) condivide tali critiche e paragona l’Unione Europea di fronte alla crisi ad una petroliera minacciata da un siluro, sottolineando che il problema principale dell’UE è la diversità dei modi di organizzare l’economia nei vari Stati membri.

Il relatore successivo, dott. Francesco Saraceno (OFCE, Sciences-Po), ha discusso un altro importante problema: l’inadeguatezza delle nuove norme fiscali per l’Europa. Nel suo intervento ha mostrato come le regole associate al fiscal compact abbiano un impatto recessivo molto maggiore rispetto allo status quo o a norme che penalizzino in modo minore gli investimenti pubblici.

La “dettatura” di misure fiscali da parte delle élite dell’UE, contro la volontà di milioni di persone, indebolisce inevitabilmente la dimensione democratica dell’Unione. La seconda sessione dal titolo “Democracy in Danger” ha esaminato il deficit democratico dell’UE con specifico riguardo alla situazione di crisi attuale. Il prof. Fabian Amtenbrink (Erasmus University), ha spiegato perché la partecipazione democratica nella governance economica dell’UE è debole. Secondo Amtenbrink, la responsabilità del potere pubblico nella UE è minata da tre tipi di cambiamenti che si sono verificati nel coordinamento delle politiche economiche dell’Unione europea: a livello verticale (da parte degli Stati verso l’Unione europea), su un piano orizzontale (da un istituto all’altro), e nel passaggio ad un sistema inter-governamentale. Il prof. Amtenbrink ha suggerito, quale soluzione, un dialogo economico, necessario quanto mento per facilitare la ricerca di una soluzione al problema. La prof.ssa Simona Piattoni (Università di Trento), ha condiviso questo punto di vista, affermando che l’UE ha bisogno di un dialogo aperto tra i cittadini e rappresentanti.

Il prof. Damian Chalmers (LSE), a sua volta, ha presentato un altro approccio ai cambiamenti che si verificano nell’UE. L’Unione sta diventando un sistema redistributivo, caratterizzato da tre tipi di conflitto: sui modelli economici, sull’assegnazione dei costi e negli strumenti da utilizzare. L’Unione, tuttavia, percepisce questi conflitti come distruttivi e isola il suo processo decisionale da queste tematiche piuttosto che mediare le dispute sulle stesse. Il risultato è la mancanza di contestazione politica e di vera democrazia. Il prof. Stefano Schiavo (Università di Trento) si trova in disaccordo con l’opinione che l’Unione sarebbe diventata un sistema redistributivo. A suo parere, la Commissione svolge il ruolo di un “dittatore benevolo”, al quale gli stati-nazione conferirebbero il loro potere per governare solamente delle procedure.

L’euro è circondato da ambiguità, minacce, ma anche da speranze per una più profonda integrazione politica, che ancora rimane nel limbo. Il convegno ha messo in chiaro che la molteplicità delle questioni è molto varia: dalle norme giuridiche che assicurano la ridistribuzione dei rischi ai meccanismi politici per rafforzare la democrazia. Anche se l’affermazione “le previsioni sono cupe” ha continuato ad essere ripetuta per tutto il corso del seminario, il dott. Marco Dani (Università di Trento) chiudendo l’evento ha ricordato che la riflessione in corso a livello accademico sulla crisi della zona euro è di per sé un contributo positivo all’evoluzione dello status quo.