DEMOCRAZIA E DIFFERENZE NELLA STORIA POLITICA E CULTURALE DEGLI STATI UNITI

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A Trento un congresso internazionale dell’Associazione Italiana di Studi Nordamericani
di Elsa Maria Paredes Bertagnolli

Scelta per ospitare, dal 26 al 29 ottobre 2011, la 21° edizione del congresso biennale internazionale dell’Associazione Italiana di Studi Nordamericani (AISNA), l’Università di Trento è stata il cuore di una sfida raccolta da oltre 150 studiosi di tre diversi continenti: un confronto sul tema della difficile coniugazione tra democrazia e differenze in prospettiva multidisciplinare e comparata, in relazione alla storia politica e culturale degli Stati Uniti. “Democracy and Difference: The US in Multidisciplinary and Comparative Perspectives” ha offerto in particolare l’opportunità di un fecondo confronto tra il problema della differenziazione della democrazia e quello della democratizzazione delle differenze, mirando a una definizione di democrazia condivisa e consona al nostro momento storico.

A sottolineare l’importanza dell’evento, il cospicuo sostegno dell’Ambasciata degli Stati Uniti, i saluti della presidente della Organization of American Historians, Alice Kessler-Harris, e la partecipazione del seminario del Centro Interuniversitario di Storia e Politica Euro-Americana (CISPEA). Coordinato da Giovanna Covi, il convegno nasce dalla collaborazione dell’AISNA con l’Università di Trento, i Dipartimenti di Studi letterari, linguistici e filologici, di Filosofia, Storia e Beni culturali, di Scienze giuridiche, la Scuola di Studi internazionali, con la Fondazione Bruno Kessler-ISR, con Euricse e con il sostegno della Regione Trentino-Alto Adige, della Provincia autonoma di Trento e del Comune di Trento.

Grazie all’interazione delle diverse realtà coinvolte, i partecipanti hanno scambiato saperi e metodologie attraverso le discipline, le lingue e le culture nazionali, ai fini di articolare nuove prospettive transnazionali e ridefinire gli orizzonti degli American Studies nel contesto della globalizzazione. Inedito il coinvolgimento dell’area ispanoamericana realizzato in due lezioni plenarie in dialogo bilingue fra loro: in spagnolo per Emilia Perassi, presidente dell’Associazione Italiana di Studi Iberoamericani, e in inglese per Marina Camboni, già presidente AISNA, i due interventi hanno messo a fuoco il problema della migrazione e i concetti di libertà, differenza e democrazia nella storia delle Americhe.

Pregnante, il dialogo filosofico fra Leela Gandhi (University of Chicago) e R. Radhakrishnan (University of California-Irvine) ha fornito ulteriori strumenti di analisi: la prima esplorando il legame tra teoria postcoloniale e politica democratica rispetto ai cambiamenti attuali della teoria critica e sociale, mentre il secondo, riflettendo sull’analisi della natura umana nel contesto della politica democratica al di fuori di paradigmi essenzialisti e deterministi.

Forte è stato l’accento posto anche sulle voci asiatiche e arabe accanto a quelle afro-americane. Nelle plenarie inaugurali, David Leiwei Li (University of Oregon) ha analizzato il soggetto asiatico americano per interrogare il neoliberalismo teso a svuotare la democrazia intesa quale governo della collettività; Nouri Gana (University of California, Los Angeles) ha discusso invece la dimensione ormai globale della rappresentazione razziale, promossa negli USA dopo l’11 settembre, di arabi e musulmani, di “nuovi negri”. Infine, la plenaria conclusiva di Robert Reid-Pharr (The City University of New York - CUNY) ha esplorato la storia della schiavitù atlantica in un’ottica profondamente critica rispetto alle politiche sia dell’eccezionalismo americano che dell’identità afro-americana.

Complementari sono stati anche l’intervento dello storico Alessandro Portelli (Università “La Sapienza” di Roma), sulle implicazioni democratiche di una ricerca storica sul campo rivolta a dare voce ai soggetti sottorappresentati, e quella dello storico François Weil, presidente de L’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, incentrato invece sull’importanza della genealogia per la definizione della democrazia americana, sia in epoca storica che contemporanea.

In stretto dialogo e di grande intensità, le lezioni politiche di Ugo Mattei (Università di Torino) e di Sergio Fabbrini (Università LUISS, Roma): la prima, un’analisi critica del sistema legale statunitense tesa a dimostrare come la ‘rule of law’ basata sul principio di democrazia invocato dai padri fondatori abbia paradossalmente prodotto disuguaglianze socio economiche; la seconda, a chiudere il convegno, ha illustrato quanto la crisi economica sia anche politica, il neoliberalismo economico anche imperialismo democratico, fornendo al contempo un’incisiva dimostrazione del fallimento di questi paradigmi per la democrazia contemporanea. 

Andrea Mariani, Marina Camboni e Paola Zaccaria, americanisti, Pietro Taravacci e Emilia Perassi, ispanisti, Lilla Maria Crisafulli, anglistaA coronare questa plurima interazione di voci sono state le lezioni-performance di studiosi-artisti statunitensi e locali: lo scrittore Franco Stelzer con una puntuale lettura di narrativa tedesca sul sogno democratico americano; il Duo pianistico di Isabella Turso e Maurizio Dini Ciacci con un’appassionata interpretazione dei rapporti musicali tra Europa e Stati Uniti; la pianista Stefania Neonato con un’impeccabile esecuzione del portoricano Roberto Sierra e infine da San Francisco la splendida voce della studiosa di jazz Kim Nalley, accompagnata al pianoforte dal tocco preciso e virtuoso di Tammy Hall, in un coinvolgente omaggio alla musica afroamericana.

Dialogando tra loro, i diversi interventi del convegno hanno così dato luogo, nel loro insieme, a una feconda riflessione, contrapponendo alla tendenza verso una democratizzazione quale “produzione” di “democrazie” su larga scala, un forum di sensibilizzazione alla diversità e alla democrazia, vero e proprio laboratorio multidisciplinare attraverso il quale dimostrare come valutare una democrazia sia prima di tutto un esercizio di attenzione e sensibilità, in cui maggior merito va a chi sa cogliere, di una determinata realtà sotto osservazione, non tanto i colori, ma le sue più sottili sfumature. L’attenzione verso questi valori, declinata in vari contesti, ha permesso di comprendere le dinamiche più sottili, le delicate reazioni e i processi con cui si sviluppano speciali “sfumature” grazie alle quali la democrazia è arricchita dalle differenze e le differenze sono nutrite dalla democrazia. Il risultato, una mappa variegata delle geografie interconnesse del presente, tela in cui intravedere come le concezioni di democrazia e differenza possono mutare, nel mezzo di crisi globali, guerre, rivoluzioni, instabilità finanziarie e cambiamenti climatici.

Di fronte all’ineludibile cambiamento contemporaneo, e cercando di fornire strumenti validi per affrontarlo nelle sue molte declinazioni, “Democracy and Difference” ha invitato il mondo accademico a considerare l’urgente necessità di interrogarsi sulla realtà contingente, per avanzare una critica costruttiva e propositiva. Gli intellettuali, nell’accezione di Edward Said, sono chiamati ad assumere la responsabilità del presente, a risponderne con coraggio e a reagire con la produzione di saperi che non devono attendere riforme dall’esterno. Questo significa democrazia, hanno spiegato molti relatori: una forza che sa rinnovarsi da sola perché nata autonomamente, alimentata da un serbatoio interiore i cui condotti non possono essere tagliati dall’esterno. Per Leela Gandhi, la democrazia è un concetto “ingenuo” e significa “dare energia al proprio cuore”, al proprio centro. Dare responsabilità al proprio centro, al nucleo della comunità intellettuale equivale quindi ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni: solo così è possibile cambiare la realtà, quella realtà che abbiamo creato. “Democracy and Difference” ha portato dunque a Trento voci intellettuali capaci di farsi “atti creativi”, azioni promotrici ed edificatrici di una realtà possibile, esempio, insomma, di riposta alla crisi, di reazione critica e propositiva, capace di cambiamenti rivolti a far coesistere e mettere in dialogo mondi diversi perché capace di vedere in essi il “cuore ingenuo” e unico dalla propria esistenza, la forza creatrice della propria voce.