EMERGENZA GIOVANI

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I dati AlmaLaurea sull’occupazione giovanile. Incontro con Andrea Cammelli
di Marco Andreatta

Lo scorso 2 febbraio presso la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’ateneo di Trento il professor Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea e docente di Statistica dell’Università di Bologna, ha presentato e commentato alcuni dati raccolti da tale istituto sul tema dell’occupazione giovanile, con particolare riferimento ai laureati in materie scientifiche del Nord Italia e dell’Università di Trento.
Andrea Cammelli, archivio AlmaLaureaEcco nelle sue parole una sintesi del motivo dell’incontro: “Una delle principali arene su cui si gioca il futuro dell’Europa e dell’Italia è quella in cui si forma e si utilizza il capitale umano. Approfondire una riflessione di ampio respiro su questo versante vuol dire farsi carico di una vera e propria emergenza giovani evitando che alcune generazioni di ragazze e ragazzi preparati restino senza prospettive e mortificati fra mercati del lavoro che non assumono ed un mondo della ricerca privo di mezzi”.

I dati fanno riferimento al “Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani”, presentato nel 2009, che ha coinvolto oltre 210 mila laureati.
La stabilità dell'impiego a dodici mesi dal titolo, già non particolarmente consistente, risulta in generale in calo rispetto alla precedente rilevazione, con la sola eccezione degli specialistici a ciclo unico (per i quali il lavoro stabile, rimasto sostanzialmente invariato, è pari al 36%): la contrazione è di 3 punti percentuali per i laureati di primo livello (il lavoro stabile è pari, quest'anno, al 36%), mentre è di 2 punti per i colleghi specialistici (che corrisponde ad una quota di occupati stabili pari al 26%).
La condizione occupazionale e retributiva dei laureati resta migliore di quella dei diplomati di scuola secondaria superiore. Nell'intero arco della vita lavorativa, i laureati presentano un tasso di occupazione di oltre 10 punti percentuali maggiore dei diplomati (78,5 contro 67%). Anche la retribuzione premia i titoli di studio superiori: nell'intervallo 25-64 anni di età, risulta più elevata del 55% rispetto a quella percepita dai diplomati di scuola secondaria superiore. Un differenziale retributivo in linea con quanto rilevato in Germania, Regno Unito e Francia.

L’analisi di Cammelli si è poi focalizzata sui i laureati specialistici in materie tecnico scientifiche del 2008, intervistati dopo un anno dal conseguimento del titolo, nel loro complesso e relativamente ai residenti nel Nord Italia. La condizione occupazionale dei laureati specialistici in materie tecnico-scientifiche del Nord Italia è buona, migliore della media nazionale: 68% contro il 62%. I gruppi disciplinari dell’area tecnico scientifica che hanno un tasso di occupazione inferiore al complesso sono anche quelli dove è più elevata la quota di chi continua la formazione. Se si considera “occupato” anche chi è in formazione retribuita dopo la laurea (per esempio chi sta facendo il dottorato di ricerca), allora si arriva a tassi di occupazione elevati in tutti i gruppi disciplinari.
Val la pena aggiungere che, proprio il giorno prima dell’incontro, l’ISTAT ha fornito il dato sul tasso di disoccupazione giovanile in Italia, pari a 29,4% nel mese di gennaio, molto più alto del già grave dato medio europeo.

Cammelli ha accompagnato l’analisi della condizione occupazionale dei laureati con alcune osservazioni sul contesto di riferimento. In particolare ha osservato come una forte contrazione della popolazione giovanile abbia caratterizzato il nostro Paese; nonostante l’apporto robusto di popolazione immigrata il numero dei giovani 19enni è diminuito del 38 per cento negli ultimi 25 anni. Ha poi affermato che gli immatricolati nel sistema universitario italiano sono calati del 13% dal 2003 al 2008 e che la quota dei giovani “persi” nei primi dodici mesi di studi universitari è piuttosto elevata: tra il primo e secondo anno quasi un quinto degli studenti non conferma l’iscrizione, con punte del 30% per il gruppo Geo-Biologico e del 25% per i gruppi Scientifico e Chimico-farmaceutico.

Ha quindi concluso la sua presentazione con alcune riflessioni sulla situazione del sistema universitario statale nazionale, a dieci anni dalla riforma universitaria Berlinguer. Al di là del numero consistente di titoli di studio universitari rilasciati (un incremento di +71% dal 2001 al 2009 ma in parte rilevante a causa della duplicazione dei titoli), è significativo, osserva Cammelli, l’incremento degli anni di formazione universitaria portati a termine (+22,5 % nello stesso periodo) con un miglioramento dell’efficienza delle università. Nel periodo post-riforma, 2001-2007, mentre le spese rivalutate sostenute dalle università statali sono cresciute del 23%, le annualità di formazione raggiunta dal sistema universitario statale sono aumentate del 36%. Un incremento che ha contribuito a elevare la soglia educazionale del Paese, da tempo gravemente in ritardo nel confronto internazionale.