INSEGNAMENTO IN LINGUA STRANIERA

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Il laboratorio CLIL della Facoltà di Lettere: un seminario permanente per docenti della scuola superiore
di Federica Ricci Garotti

Sta avviandosi alla conclusione presso la Facoltà di Lettere e Filosofia il laboratorio di Content and Language Integrated Learning (CLIL), progettato da chi scrive e svolto sotto il prezioso e competente coordinamento della professoressa Gina Muscarà, insegnante di scuola superiore distaccata dal 2009 presso la facoltà.
L’iniziativa consiste in un percorso di formazione e ricerca per insegnanti CLIL di ogni ordine di scuola e si configura come una sorta di seminario permanente per docenti che intendono dare spessore ad un progetto che sta assumendo una importanza cruciale nell’istruzione non solo in virtù delle numerose sperimentazioni avviate sul territorio, ma anche grazie ad una precisa collocazione del CLIL nella Riforma della scuola secondaria varata dal Miur. Il Content and Language Integrated Learning è l’insegnamento in lingua straniera di discipline non linguistiche e viene previsto esplicitamente nella attuale Riforma scolastica non solo per i licei linguistici, nel quale viene avviato a partire dal terzo anno (articolo 6 del nuovo Regolamento dei licei), ma per tutti gli studenti delle scuole secondarie, che nell’ultima classe affronteranno una intera materia in una lingua straniera, ad eccezione degli istituti professionali. Sia la scelta della disciplina sia la lingua straniera sono a discrezione del Collegio dei docenti delle rispettive scuole.

L’università non è estranea a tale innovazione, dal momento che il Miur prevede che la formazione per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera sia disciplinata dall’università mediante corsi di perfezionamento (art. 14 dello schema di decreto recante il regolamento concernente la formazione iniziali degli insegnanti, approvato il 10/9/2010, ai sensi dell’art. 2, comma 416 della legge 23 dicembre 2007, n. 244).

Il Laboratorio di Lettere e Filosofia può dunque essere letto come un primo assaggio formativo per rispondere alle esigenze degli insegnanti nel nuovo assetto della scuola superiore. Data l’attualità normativa la risposta degli insegnanti è stata molto più alta del previsto: da una previsione calibrata inizialmente su 30 partecipanti si è passati ad una partecipazione effettiva di 45 persone, numero oltre il quale sarebbe stato impossibile offrire un percorso di qualità, poiché il laboratorio contava sul coordinamento di due sole figure formatrici (Ricci Garotti/Muscarà). Il cambiamento dello scenario istituzionale della scuola superiore non è stato il solo ingrediente a richiamare interesse: CLIL si configura infatti come un progetto basato su precise teorie dell’apprendimento. La ricerca su questi temi, che ha conosciuto ormai uno sviluppo di altissimo livello sul piano internazionale, si avvale delle scoperte scientifiche più recenti in merito ad almeno tre settori: i processi cognitivi legati all’utilizzo linguistico, l’acquisizione bilingue e lo sviluppo di funzioni linguistiche alte (definito da Jim Cummins CALP) attraverso un utilizzo non legato all’istruzione formale della lingua.

Come si vede si tratta di un’area che coinvolge diversi ambiti metodologici, non ultimo la ricerca neurobiologica sui meccanismi linguistici di acquisizione. Tuttavia si sbaglierebbe ad individuare nel CLIL un focus sostanzialmente o prevalentemente linguistico: l’integrazione richiamata nell’acronimo riferisce al contrario di una necessaria congiunzione tra il sapere disciplinare e il sapere linguistico, riformulandone però i principi. La principale svolta epistemologica consiste nell’utilizzo di conoscenze in ambiti di realtà, attraverso un paradigma metodologico che sia in grado di sviluppare competenze partendo dalle conoscenze. Questo presuppone un cambiamento sostanziale nel modo di insegnare e apprendere sia la disciplina sia la lingua. Alcuni punti forti di questo cambiamento consistono nella ridefinizione del concetto di compito (il riferimento più diffuso nella ricerca è quello alla pedagogia task based, alla cui base sta la sostanziale differenza tra esercizio e compito), nel ripensamento metodologico della competenza comunicativa, intesa come utilizzo di lingua non per produrre lingua ma per produrre interazione relativa a temi “altri”, nell’individuazione dei supporti necessari per rendere la comunicazione didattica non semplicemente monologica, o nell’approfondimento della funzione testuale all’interno della comunicazione didattica.

Per una necessaria coerenza epistemologica con il carattere integrativo del laboratorio (disciplinare e linguistico), il presupposto era la partecipazione di team, formati da insegnante di lingua e di disciplina, anziché di insegnanti singoli dell’una o dell’altra area. La distribuzione linguistica e disciplinare dei partecipanti è risultata varia e piuttosto equa, con 6 team in lingua tedesca (per matematica, geografia - tre gruppi, economia e arte) e 7 team in lingua inglese (per scienze, arte, geografia - quattro gruppi, economia). Se la scelta delle discipline è in linea con quanto accade in altri Paesi, la scelta di due lingue straniere conferma la vocazione plurilingue del territorio trentino e si allinea a sua volta con le Raccomandazioni dell’Unione europea.
I partecipanti al Laboratorio hanno profuso un impegno notevole, evidenziato non solo dalle appassionanti discussioni seminariali, ma anche dalla produzione di percorsi didattici, reali o simulati, supervisionati dalle formatrici. In questo modo è stato possibile dare al seminario un carattere non solo teorico-riflessivo, ma anche operativo, per interagire in concreto col mondo della scuola.
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