Paesaggi di Luserna/Lusérn, archivio fotografico del Kulturinstitut Lusérn

DAL TEDESCO ANTICO AL CIMBRO

in
Conversazione col professor Werner Abraham dell’Università di Vienna
di Ermenegildo Bidese

 Il 25 e il 26 maggio 2010 il professor Werner Abraham ha tenuto a Trento due lezioni dal titolo “Gesprochene Syntax in den Zimbrischen Enklaven und ihr Beitrag zur Frage der Sprachuniversalien (Sintassi parlata nelle enclavi cimbre e il suo contributo alla questione degli universali linguistici)” nell’ambito del corso “Die zimbrische Sprache im synchronischen, diachronischen und kontrastiven Vergleich II” finanziato dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.
Werner Abraham, ha conseguito il dottorato di ricerca a Vienna nel 1965 con Eberhard Kranzmayer, dal 1971 al 1991 è stato professore ordinario di Germanistica alla Regia Università di Groningen, e dal 1999 è docente onorario di Linguistica generale all’Università di Vienna.
In qualità di coordinatore scientifico del corso, sono stato lieto di accogliere il professor Abraham e durante la sua permanenza a Trento ho colto l’occasione di rivolgergli alcune domande.

Professor Abraham, il suo ‘Doktorvater’ è stato Eberhard Kranzmayer, uno dei ‘mostri sacri’ della dialettologia e della filologia applicata ai dialetti, il quale, non a caso, si occupò molto del cimbro. Perché?

Da un punto di vista dialettologico e filologico la varietà tedesca del cimbro, parlata oggi ancora nella piccola enclave trentina di Luserna/Lusérn, e un tempo diffusa su tutti gli altopiani sud-orientali del Trentino e in quelli vicini del Veneto, rappresenta un tesoro dal quale attingere a piene mani. Esso, infatti, ci dà la possibilità di poter studiare ‘dal vivo’ uno stadio molto antico del tedesco superiore (in particolare del bavarese). Sotto l’influsso delle varietà linguistiche romanze di maggioranza esso è mutato, nel corso dei secoli, rimanendo, tuttavia, nell’alveo del tedesco antico.

E la linguistica moderna, in particolare le ricerche sulla sintassi, che cosa trovano di interessante nel cimbro?

L’attuale interesse per il cimbro da parte della linguistica moderna va visto come il risultato dell’incontro tra la dialettologia e la linguistica generativa. A partire dalla fine degli anni ’80 furono condotte ampie ricerche sui dialetti italiani settentrionali, con particolare riguardo a fenomeni di microvariazione linguistica. Tali studi partono dai seguenti assunti: le varietà substandard rappresentano la forma linguistica ‘più naturale’, in quanto - non avendo forma scritta - non vengono sostanzialmente influenzate da tentativi di normazione e di regolamentazione linguistica; la mancanza di forma scritta porta tali varietà a mutare naturalmente, nel senso che in questo processo di variazione giocano un ruolo preminente soprattutto le barriere date dall’oralità e dal discorso ‘dal vivo’ come, ad esempio, per quanto riguarda la sintassi, i limiti imposti dalla memoria di lavoro (parsing). Questo significa che i dialetti, da una parte, sono di breve durata, nel senso che sono più facilmente soggetti a mutazione delle lingue scritte, dall’altra, però, risultano più conservativi, in quanto sfuggono al processo di normazione che tende, per sua natura, a sviluppare regole comuni sovraregionali e a ridurre la microvariazione. Tutti questi aspetti li possiamo ritrovare a riguardo del cimbro. Anzi, quale varietà locale tedesca in ambiente linguistico romanzo, il cimbro, in modo diverso a seconda dei vari villaggi in cui veniva parlato, è rimasto doppiamente protetto dagli influssi provenienti dalla forma standard, dall’italiano, ma anche dal tedesco.

Il titolo delle sue conferenze all’Università di Trento è: “Sintassi parlata nelle enclavi cimbre e il suo contributo alla questione degli universali linguistici”. Può veramente lo studio di una varietà così marginale - per numero di parlanti e per impatto culturale prodotto - gettare luce su una delle questioni più grandi della teoria linguistica come quella degli universali linguistici?

L’obiettivo centrale della moderna linguistica teorica è quello di spiegare, attraverso lo studio della competenza linguistica, che cosa caratterizzi la facoltà del linguaggio nella nostra mente/cervello, quali siano, quindi, e come si compongano i cosiddetti ‘universali linguistici’. Per questo obiettivo i dialetti e soprattutto le varietà d’enclave, come ad esempio il cimbro, rappresentano un ‘biotopo cognitivo-linguistico’ di importanza unica. Il fatto che si tratti di varietà di tradizione esclusivamente orale, radicate profondamente nell’uso parlato ed esposte alla lingua di maggioranza, cioè l’italiano, consente una serie di analisi, altrimenti inaccessibili per le lingue che, invece, conoscono un uso ed una tradizione scritta di maggioranza. Una nuova generazione di dialettologi, esperti in particolare nella sintassi e nella semantica, sta conducendo nuove e profonde analisi, per le quali la filologia tradizionale non era in grado di mettere a disposizione alcun strumento metodologico. La ricerca nella microvariazione - un nuovo concetto con il quale descrivere un approccio nuovo ai dialetti e alle varianti sociologiche - va ben oltre la mera raccolta e la classificazione di dati empirici, che si discostano dalle lingue standard. Rappresenta, piuttosto, un nuovo percorso teorico alla scoperta del black box della facoltà del linguaggio umano. Tali analisi si rivelano un aiuto irrinunciabile anche per la neurolinguistica, che con procedimenti di neuroimmagine tenta di guardare in questo black box, sia perché le forniscono dati empirici molto dettagliati sia perché formulano ipotesi teoriche.

Quale ruolo può giocare questa ricerca scientifica per la salvaguardia del cimbro?

Da un punto di vista sociolinguistico è fuori di ogni dubbio che il cimbro - oggi parlato regolarmente nella sola comunità trentina di Luserna/Lusérn, mentre negli altipiani veneti viene mantenuto e tramandato quale lingua della memoria e della tradizione storica - stia correndo un serio pericolo. L’atlante delle lingue minacciate dell’Unesco l’annovera tra quelle a grave rischio di estinzione. In questo senso tutti gli sforzi di ricerca già fatti, sostenuti a livello politico-istituzionale, che hanno prodotto descrizioni generali della grammatica e del lessico, sono di importanza fondamentale. A questi, però, vanno aggiunte le nuove prospettive di ricerca, e cioè proprio quelle che derivano dalla ‘microlinguistica generativa’ di cui parlavo prima. Giovani studiosi del cimbro, attivi, tra l’altro, proprio all’Università di Trento, stanno ricostruendo, attraverso minuziose inchieste sintattiche e con gli strumenti messi a disposizione dalla linguistica moderna, la competenza dei parlanti nei suoi dettagli più caratteristici, unici solo per il cimbro. Ciò che si sta delineando da queste ricerche si configura come un risultato assolutamente innovativo per le ricerche sugli universali linguistici, ma anche per lo stesso cimbro e per la sua salvaguardia.