Palazzo Piomarta, Roverto

COME IL CERVELLO RICONOSCE L’AMBIENTE VISIVO

in
Neuroscienziati da tutto il mondo a Rovereto al workshop CAOs
di Marius Peelen

Mentre state leggendo questo articolo, la luce colpisce i vostri occhi e stimola le cellule della retina. Contemporaneamente, riconoscete le lettere, le parole e il materiale su cui sono stampate. In che modo il cervello trasforma macchie di luce in rappresentazioni di oggetti cariche di significato? Come collega segni visivi con concetti astratti? Quali sono i meccanismi che sottostanno la nostra capacità di identificare migliaia di facce?

Per quanto sembri non richiedere alcuno sforzo, l’analisi visiva del mondo è al contrario un processo alquanto complesso che ha affascinato per anni filosofi e ricercatori. Di recente, sono stati compiuti notevoli progressi nella comprensione di come il cervello riconosce l’ambiente visivo. La quarta edizione del workshop, “Concepts, Actions and Objects: functional and neural perspectives (CAOs)”, organizzato dal Centro Interdipartimentale Mente e Cervello (CIMeC) dal 20 al 23 maggio, ha riunito a Rovereto neuroscienziati provenienti dal mondo intero per discutere le nuove scoperte e delineare le sfide da affrontare nell’immediato futuro. Oltre ai dieci interventi di scienziati affermati esperti della materia, ci sono state numerose poster session volute dagli organizzatori per dare la possibilità ai giovani ricercatori di interagire direttamente con gli scienziati e per promuovere la creazione di nuove e fruttuose collaborazioni tra gruppi di ricerca diversi, incluso il nostro del CIMeC.

Molti relatori hanno descritto i risultati ottenuti da esperimenti effettuati con la risonanza magnetica funzionale (fMRI), uno strumento che permette una misurazione precisa dell’attività cerebrale in atto mentre una persona sta eseguendo un compito come quello di riconoscere un viso o un oggetto. Manipolando determinati aspetti specifici delle immagini presentate visivamente o del compito da eseguire con esse, i ricercatori possono indagare sistematicamente l’organizzazione del sistema visivo e il suo funzionamento.

Usando questa metodica, Nancy Kanwisher del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston ha presentato i risultati dei suoi studi riguardanti la rappresentazione delle varie categorie di oggetti nel nostro cervello. Ha dimostrato che esistono regioni del cervello specializzate nell’elaborazione visiva di facce e corpi umani. Queste aree si attivano intensamente ogni volta che le persone vedono un viso (o un corpo), ma rimangono inattive quando vedono altri oggetti, come una macchina o un libro. Questa scoperta solleva molti interrogativi interessanti: perché sembra che alcune categorie di oggetti abbiano una loro propria area cerebrale mentre altre no? Come si sviluppano queste aree? La questione è stata affrontata da Kalanit Grill-Spector della Stanford University (USA). Questa ricercatrice ha misurato con la fMRI varie proprietà del sistema visivo dei bambini di sette anni. Hatrovato che le regioni coinvolte nell’elaborazione degli oggetti erano già pienamente sviluppate nei bambini piccoli, a differenza delle aree cerebrali preposte all’elaborazione dei visi che, in modo sorprendente, continuavano a crescere fino alla tarda adolescenza. Inoltre, la dimensione di questa regione cerebrale era direttamente correlata alla memoria dei volontari per le facce che avevano visto negli esperimenti: coloro che avevano la regione selettiva per la facce più estesa erano in grado di memorizzare la maggior parte delle facce viste.

Bruno Rossion dell’Università di Leuven (Belgio) usando un approccio diverso ha gettato luce su altri aspetti relativi al problema della percezione delle facce. Rossion ha presentato i risultati di un’indagine dettagliata di un paziente affetto da prosopagnosia, un deficit percettivo che comporta l’incapacità di riconoscere le facce. Si tratta di una paziente di estrema importanza per i neuroscienziati, perché è perfettamente normale nella quasi totalità dei compiti tranne che in quello di riconoscimento delle facce. Solo una parte, e non la totalità, del tessuto cerebrale dell’area preposta al riconoscimento delle facce è danneggiata in questa paziente, e questo solleva interessanti questioni su che cosa stiano elaborando queste diverse aree.

Il workshop è stato un grande successo all’altezza delle aspettative create dalle tre passate edizioni. Le dimensioni contenute rispetto alle altre conferenze del genere hanno fornito un’opportunità unica ai giovani ricercatori che hanno così potuto interagire con i massimi esperti del settore e partecipare ad animate discussioni sia durante sia al termine dei lavori del workshop. Queste conversazioni hanno stimolato il pensiero critico e facilitato il sorgere di molte nuove idee, oltre ad aver messo in luce il fatto che stiamo iniziando solo ora a scoprire i meccanismi attraverso i quali il cervello processa il mondo visivo. L’anno prossimo, la quinta edizione di CAOs fornirà un ulteriore aggiornamento su quest’area di ricerca così impegnativa ma entusiasmante.