I partecipanti alla presentazione del progetto "Bridging The Gap"

FORMARE TALENTI DAI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E FAVORIRNE IL RIENTRO

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5 milioni di euro dalla Commissione europea al progetto “Bridging The Gap” coordinato dall’ateneo di Trento
di Claudio Migliaresi
Approfondimento: 

Uno dei maggiori problemi di tanti Paesi in via di sviluppo è l’emigrazione, verso zone economicamente più progredite, proprio di coloro - i cosiddetti “cervelli” - che invece potrebbero maggiormente contribuire allo sviluppo del Paese di origine. E l’emigrazione di “cervelli” ha raggiunto dimensioni imponenti, con il naturale drenaggio da parte degli Stati Uniti prima, ma anche dell’Europa dopo, di tante persone altamente qualificate.
Un rapporto dell’Academy of Social Sciences di Pechino valuta in due terzi la percentuale di studenti cinesi che dopo aver studiato all’estero non sono rientrati nel Paese di origine.

L’ammontare di brain drain dai Paesi in via di sviluppo a favore di Paesi OCSE era valutato nell’anno 2002 pari a circa 12,9 milioni di persone, di cui 7 milioni verso gli Stati Uniti e 5,9 milioni verso gli altri Paesi OCSE, con una perdita di laureati per i Paesi in via di sviluppo pari a più del 30% del totale. Si valuta che negli ultimi anni questo fenomeno sia ulteriormente aumentato per la mancanza in Paesi OCSE di alcune figure professionali in settori ritenuti strategici. È evidente che il fenomeno ha motivazioni diverse ed è anche riconducibile all’esistenza in alcuni Paesi di condizioni politiche restrittive oltre che di povertà, ma è anche vero che il brain drain riduce ulteriormente la possibilità di un Paese di evolvere verso la democrazia e migliorare la propria condizione sociale.
Oggi ci si rende sempre più conto che la politica verso i “cervelli” deve essere diversa e chiedere il rientro dei nostri non può non coniugarsi con la difesa del diritto di altri di costruire cultura, società, economia nei rispettivi Paese d’origine.

È sulla base di queste premesse che è nato il progetto “Bridging the Gap”, ideato e coordinato dall’Università di Trento e che vede la partecipazione di diversi atenei europei e asiatici. Il progetto, finanziato dalla Commissione europea con circa 5 milioni di Euro, mira a dare a giovani di talento opportunità formative di altissimo livello all’estero ma anche la possibilità di compiere il tirocinio obbligatorio in un’azienda o un’organizzazione con interessi o ramificazioni nel suo Paese di origine. In questo modo, dopo aver terminato gli studi o la specializzazione, il laureato potrà ritornare nel proprio Paese e mettere a frutto lì, in un posto di lavoro gratificante, la preparazione di altissimo livello acquisita all’estero.

Il progetto rientra nel programma Erasmus Mundus, finanziato dalla Comunità europea per favorire la cooperazione e la mobilità tra le diverse regioni della terra e soprattutto operare a favore di Paesi tecnologicamente meno avanzati, comunemente definiti “Paesi in via di sviluppo” o “Third countries”. In particolare, il progetto sostiene la mobilità di studenti tra atenei di Paesi asiatici (principalmente Mongolia, Cina, Tailandia, Vietnam, Cambogia, Myanmar, Laos, Indonesia, Malesia) e di alcuni Paesi europei (Italia, Portogallo, Austria, Germania, Turchia, Spagna, Finlandia) per attività formative nel campo dello sviluppo sostenibile. Sarà finanziata la mobilità di circa 300 persone: 183 studenti da Paesi asiatici verso l’Europa e 60 studenti ricercatori dall’Europa verso l’Asia verranno formati in periodi di studio, di durata compresa fra sei mesi e tre anni, su materie che fanno parte di percorsi formativi a difesa dello sviluppo sostenibile. Visite di breve-media durata di 33 ricercatori/docenti dall’Asia e 22 ricercatori/docenti dall’Europa serviranno inoltre a comparare metodi formativi e modelli organizzativi.

Il termine “sviluppo sostenibile”, utilizzato inizialmente per definire tecnologie compatibili con l’ambiente, ha per il progetto un significato più ampio che coinvolge discipline e conoscenze diverse. Sviluppare in maniera sostenibile significa sviluppare rispettando le diversità culturali ed utilizzando al meglio le risorse locali, nella difesa dell’ambiente, della cultura e della storia dei vari Paesi, per fare delle diversità un valore aggiunto e non un motivo di confronto/conflitto. Questo è quanto il progetto si propone di fare, ma per raggiungere questo scopo la formazione non deve essere soltanto tecnologica, ma deve riguardare anche aspetti sociali, economici, storici e culturali in genere. Prevedendo nel processo formativo degli studenti degli stage nelle imprese, il progetto vuole anche promuovere nei Paesi in via di sviluppo una cultura di impresa, suggerendo agli studenti modalità che tengano conto dei vari aspetti che possono fare di un’impresa un’attività duratura.

Il nome “Bridging the Gap” riassume le finalità di questo progetto e, più in generale, di questo tipo di programmi promossi dalla Comunità Europea: lanciare un ponte sulle distanze, non trascurando ma comprendendo - ed anzi difendendo - le specificità che talvolta vengono viste soltanto come diversità. Un sistema informativo su web e domande di partecipazione via internet garantiranno la trasparenza della valutazione delle molte domande, alcune delle quali sono giunte alla sola notizia che era stato approvato, prima ancora che il progetto partisse! E il progetto guarda con particolare attenzione alle persone che in questi Paesi soffrono le maggiori difficoltà, perché appartenenti a minoranze politiche o perché rifugiati politici.

Il progetto era già stato presentato lo scorso anno, ricevendo una valutazione molto positiva che ne annunciava il recupero nel caso di rinuncia da parte dei proponenti del progetto giudicato in quell’occasione migliore. Quest’anno ha vinto la competizione grazie ai suoi contenuti, ancora migliorati, ma anche perché i valutatori hanno riconosciuto all’Università di Trento ottima capacità di organizzazione e gestione, apprezzando le tante collaborazioni internazionali, aperte non soltanto con Paesi ad alta tecnologia, ma anche con Paesi asiatici economicamente più poveri verso i quali da anni l’Università ha mostrato un forte impegno. L’internazionalizzazione è giudicata una delle doti migliori di questo ateneo e, come coordinatore del progetto, sono contento di poter riconoscere dietro questo giudizio e dietro i meriti dichiarati l’impegno costante del Prorettore per il coordinamento delle attività svolte in ambito universitario nei diversi settori inerenti le relazioni internazionali e del personale degli uffici amministrativi coinvolti.